
Tropico del Capricorno di Guè – la recensione di Rebel
Ho letto commenti di persone che definiscono questo disco pessimo e il peggiore di Guè, io lo trovo un ottimo album. È Guè e in Tropico del Capricorno trovi esattamente quello che ti aspetti da Guè, ma con notevole upgrade. E stiamo comunque parlando di un artista che in oltre vent’anni di carriera è riuscito a rinnovare e internazionalizzare come nessun altro un genere “di importazione” come l’hip hop. Un artista che ha sempre saputo dettare moda in fatto di attitudine e sonorità, ha sempre cavalcato le tendenze del momento facendole e sue e portando qualcosa che poi gli altri hanno seguito. Un artista che nei suoi dischi ha sempre messo quel qualcosa in più, sia a livello di testi, citazioni, riferimenti, sia a livello sonoro, pur restando sempre fedele a se stesso e alla cultura hip hop.
Tra citazioni letterarie, cinematografiche, di costume e musicali, l’album condensa in 15 tracce il meglio delle sonorità rap di ieri e di oggi, rendendo omaggio anche all’essenza della tradizione melodica e autorale italiana. Come il sample estratto da “Che soddisfazione” di Pino Daniele, che impreziosisce il singolo “Oh mamma mia (feat. Rose Villain)”, e quello di “Acqua e sapone” degli Stadio, nella traccia Meravigliosa. Come faceva Miller nei suoi romanzi anche Guè, immortala scorci della vita di un artista immerso nella contemporaneità, raccontandone senza filtri le iperboli e gli eccessi, ma anche le riflessioni più intime e sentimenti più personali, con un sound all’avanguardia e ricchissimo di suggestioni. I brani orchestrati da Gué, in effetti, funzionano come scatole cinesi: basta aprirli per scoprire una catena di rimandi, omaggi e riferimenti.
Nel disco emerge ancora una volta la grande conoscenza e passione di Guè per la musica e in un certo senso si può dire che questo disco sia una sorta di omaggio alla black culture, ma anche alla tradizione musicale italiana. Le liriche sono spesso cupe, spesso ironiche, spesso intime, intrise di riferimenti, di quello street cinema e di quella sana ignoranza che hanno da sempre caratterizzato la scrittura di Guè.
Tropico del Capricorno è un discone. È un classico. Uno di quei dischi, come quasi tutti quelli della discografia di Guè, che se lo riascoltassimo tra 10 anni, suonerà comunque fresco e attuale. Qui, forse, più che nei suoi progetti precedenti, Guè ha preso il passato e lo ha portato nel presente, ma in modo assolutamente fresco e nuovo.
Ricordo che nel 2017, dopo l’uscita di Gentleman, a proposito del disco scrivevo “Guè Pequeno è sicuramente il rapper italiano più all’avanguardia e lo ha sempre dimostrato fin dalle sue prime rime con i Club Dogo, nei suoi album da solista, nei featuring con altri artisti e ancora una volta ora con GENTLEMAN. Lui sembra sempre essere avanti anni luce rispetto agli altri, non segue le mode, le detta, lui non vive nel 2017, vive nel 2023, non c’è altra spiegazione per dare un senso alla sua musica e a tutto quello che fa”.
E lo penso ancora oggi. Lo penso anche di Tropico del Capricorno.
Guè è il rapper che viene copiato, da cui gli altri prendono esempio e spunto, è quello che dice la sua a modo suo fregandosene del giudizio degli altri, fottendosene di risultare arrogante o spocchioso, lui fotografa la realtà e la mette in rima, senza addolcirla, senza indorare la pillola. In tutti questi anni, avendo io la sua età ed essendo cresciuta nella sua stessa città, ho sempre potuto vedere che quello che lui e i Dogo dicevano nei testi, era esattamente quello che succedeva nella realtà di quegli anni e degli anni prima e questo Guè l’ha sempre portato avanti, anno dopo anno, rima dopo rima, disco dopo disco.
Guè è il rap in Italia, la sua passione per questa cultura e per questo genere musicale traspare ed è lampante e evidente da sempre, sia nei suoi testi, sia nella scelta e nella ricerca dei suoni, sia nel suo modo di comunicare, sia nella sua immagine. E’ un amante della musica, ama quello che fa e credo che non potrebbe fare a meno di farlo, lo si capisce ed è evidente ogni volta che lo si vede salire su un palco e prendere un microfono in mano, ogni volta che si ascolta un suo pezzo o che ci si sofferma a capire i suoi testi e ascoltare le sue canzoni fatte di continua evoluzione, stile e avanguardia.
Il suo ultimo lavoro è l’ennesima conferma di quanto lui sia un eterno innovatore nella scelta delle produzioni e dello stile. Guarda e studia la nuova scena rap, prendendone il meglio e facendolo suo, alzando ancora una volta l’asticella, portando ancora una volta il rap italiano a un livello più alto, ma fecendoti sempre sentire a casa. Perché se ascolti Guè da sempre e se ami il rap, ogni volta che metti in play un suo disco, ti senti a casa. Ti senti in quel luogo sicuro dove tutto è esattamente al posto giusto.
E in Tropico del Capricorno c’è esattamente tutto questo. Ci sono le sue rime, il suo modo unico di dire le cose, quei giochi di parole come quando dice “ogni invidioso crepax Valentina”, o come quando per descrivere il suo status dice “raro questo Vacheron sul polso alla sinistra, a Ginevra non vi ho mai visto in boutique” e c’è una ricerca musicale tale da farti perdere la testa.
Tutti gli artisti, quando pubblicano un disco dicono che hanno curato ogni minimo dettaglio, poi a volte lo ascolti e pensi “ma che merda è?” qui, in Tropico del Capricorno lo percepisci che ogni singolo dettaglio è stato curato nei minimi particolari, ti arriva proprio in faccia quella passione e conoscenza che Guè ha per la musica, che farebbe letteralmente impallidire ogni critico musicale che abbiamo in Italia.