Quando Lucio Dalla ha definito stupido, inutile e demenziale il rap

Correva l’anno 2000 e durante una lezione alla facoltà di Beni culturali dell’Università di Lecce, Lucio Dalla parla del rap italiano in un modo talmente dissacrante che è passato alla storia.

“Il rap è la più grande stronzata che sia mai nata. È una delle cose più demenziali, inutili e stupide che abbia mai visto. Vi parla uno che ha fatto veramente i primi rap italiani, per esempio ‘Com’è profondo il mare’, ‘Disperato erotico stomp’ e poi una canzone rap vera, nel ’75, che si chiamava ‘Alla fermata di un tram’. Io rispetto uno che nasce nel Bronx, che non ha un futuro musicale, non ha oggetti per suonare e allora fa musica con la propria carnalità e col proprio disagio sociale. Ma quando a fare rap è della gente che gira in Ferrari o Limousine, o quando fanno rap ideologico utilizzando sistemi ideologici che sono lontani dal nostro meccanismo, dal nostro linguaggio, dal nostro modo di essere, dal modo di vestire, io non lo capisco. Che cosa me ne frega di vedere a Mtv quattro imbecilli coi grattacieli Pirelli dietro, a Milano, che fanno rap?”.

Eppure il rap ha sempre amato Lucio Dalla, perché in fondo nel suo essere un maestro della musica italiana, nel suo modo di raccontare, di creare immagini attraverso la musica e di essere vicino alla gente comune non è poi così lontano dal rap.

E nel 2015, a tre anni dalla morte di Lucio Dalla, Mondo Marcio, Ghemon, Emis Killa, Clementino, Rocco Hunt, Ensi, Moreno, Raige, Two Fingerz, Siamesi Brothers (Esa e Tormento) e gli Articolo 31 si sono uniti e hanno dato vita al progetto Ciao Lucio. Un disco nel quale i rapper hanno reinterpretato alcuni dei maggiori successi di Dalla. Da Caruso a Balla balla ballerino a Henna.

Aveva ragione Lucio Dalla nel dire che il rap è inutile e stupido? E pensare che lo diceva nel 2000, praticamente quando di rap nel mainstream ce n’era davvero poco, prima di Mondo Marcio, prima di Fabri Fibra, prima dei Dogo. Il quel periodo il rap in Italia era ancora di nicchia, era ancora una cosa seria.

Chissà cosa direbbe Lucio se vedesse il rap del 2022. Se vedesse chi emula artisti e attitudini non nostre e soprattutto se vedesse che oggi è il rap a dominare le classifiche in Italia e pure il Festival di Sanremo che lui non apprezzava più di tanto.

Eppure Lucio piaceva anche ai rapper americani, non a caso Timbaland ha campionato Dalla nell’album Indecent Proposal, del 2001.

Il brano campionato è Ulisse coperto di sale, contenuto in Anidride solforosa, solo che al posto di “imbiancate”, Timbaland dice “indian carpet”, forse non aveva tradotto bene il testo…

Ma su una cosa Lucio Dalla ha assolutamente ragione: “la musica è evoluzione, movimento”. E lui era un poeta come ne abbiamo avuti pochi in Italia, ma anche una personalità forte, dissacrante, in grado di dire sempre la sua a dispetto di tutto e tutti. Come quando ha cambiato dopo anni di sodalizio l’autore delle sue canzoni e ha detto “è come quando scopi con la Schiffer e a un certo punto lei non c’è più e al suo posto c’è un pastore tedesco”. O come quando ha definito Pippo Baudo “cretino, immorale e immondo” solo perché aveva criticato la sua riedizione di 4 marzo 1943.

Ma anche assolutamente sopra le righe, tanto da aver assunto un imbianchino che gli assomigliava come suo sosia. Lo mandava ai pranzi ufficiali, una volta l’ha mandato addirittura al Festivalbar e all’Arena di Verona al suo posto per non perdere una partita di basket. In cambio, un giorno, Lucio è andato a lavorare al posto dell’imbianchino.

Con una personalità del genere e un animo poetico come il suo in grado di cambiare il cantautorato italiano, come fai a dargli torto se magari non ha capito il rap o se dice che è stupido?

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