Icon di Tony Effe – la recensione di Rebel

Ho letto commenti estremamente contrastanti su Icon, il nuovo disco di Tony Effe uscito venerdì (15 marzo). Da una parte c’è chi dice che spacca e dall’altra chi, senza mezzi termini, dice fa cagare.

Questa è una tipica prerogativa di Tony Effe, che fin dal suo esordio con la DPG, ha diviso e non poco. Sono passati anni da allora, anche i più scettici sono riusciti a digerire la trap e indubbiamente Tony Effe è cresciuto e ha cambiato in un certo senso stile e attitudine. Non è più il ragazzino che non aveva voglia di trovarsi un lavoro, che si addormentava durante le interviste (è successo proprio con me) e arrivava in studio un po’ svogliato. Si è dato da fare in questi anni, ha lavorato alla musica, è maturato dal punto di vista artistico e in Icon si sente questo suo upgrade.

Il disco, va detto, è un po’ lungo. Forse troppo. Ma sicuramente non è un progetto da buttare o da etichettare con un risoluto “fa cagare” solo perché è di Tony Effe, al contrario, è il miglior disco di Tony Effe e il migliore che Tony Effe poteva fare.

Le produzioni, curate da Drillionaire, sono ottime e perfette per lui e creano momenti che abbracciano un ampio spettro di stili, creando un bel mix di sonorità e influenze musicali. Ci sono tracce puramente trap come MAISON, CARRARA con Simba La Rue e DEMON TIME con Guè, brani che affrontano temi profondi e delicati come PILLOLE con Sfera Ebbasta e DOPO LE 4  con Bresh & Tedua – che affronta il tema del consenso – e tracce dalla narrazione conscious come HONEY con Lazza e Capo Plaza. L’album mostra al pubblico da un lato il Tony di sempre, dall’altro la sua evoluzione e la capacità di contaminarsi. Il legame con l’iconico repertorio dell’artista rimane intatto grazie a brani come BOSS e TAXI SULLA LUNA con Emma & Takagi & Ketra, che è stato uno dei tormentoni della scorsa estate.

Non mancano anche i riferimenti al passato: da PARTICOLARI SPORCHI che riprende il campione di Tu Corri, il successo rap anni 2000 dei Gemelli Diversi, a MIU MIU, e ICON dove risuonano le sonorità funky che già abbiamo trovato nel brano Effe.

Sicuramente gran parte del lavoro e della buona riuscita del disco è merito dì Drillionaire, che ha curato la produzione musicale e artistica e nel lavoro è stato accompagnato da Charlie Charles, Armonica, Sick Luke, Ava, Sadturs, KIID, Daves, Youngotti e LAX.

17 tracce, 15, se togliamo la hit estiva dello scorso anno con Emma (Taxi Sulla Luna) e Boss, sono decisamente troppe per uno come Tony Effe e anche per un ascoltatore, quindi ben venga la lunga lista di featuring (Sfera Ebbasta & Geolier, Simba La Rue, Lazza & Capo Plaza, Ghali, Bresh & Tedua, Side Baby & Pyrex, Guè, Rose Villain) che stemperano un po’ il progetto e danno una ventata d’aria fresca, anche perché Tony Effe, a parte qualche citazione a Guè, a Fibra, al suo passato con la DPG, è molto ripetitivo negli argomenti e nel modo di raccontare.

Certo, un numero così elevato di ospiti farebbe pensare a un tentativo di macinare numeri e streaming, della serie “una o l’altra diventerà una hit” e in effetti è proprio quello che penso. Di hit ce ne sono almeno un paio, Pillole e Honey sono in questo senso le candidate, ma c’è anche un bel momento nostalgico per tutti i fan della DPG con Side e Pyrex in Lap Dance.

Icon è il disco perfetto di Tony Effe. Non è un capolavoro, certo, alcune tracce sono da skippare, come Balenciaga con Rose Villain, ma sicuramente si vede che ha dato il meglio di sè e il risultato è un progetto di qualità. È un disco trap, divertente, volto a far divertire e ballare senza troppe pretese. Certo, se vai cercando i testi, qui non li trovi. Il racconto è per lo più ripetitivo e molto basico nello stile, nel linguaggio e nell’uso delle parole, ma è trap bro, e va bene così.

Tony Effe ha comunque il pregio di essere rimasto se stesso. È sempre lui, forse un po’ più fighetto di prima, ma ha sempre lo stesso imprinting che aveva nel 2016, è solo cresciuto e questo non è per niente un male.

A proposito del disco, leggendo commenti e opinioni contrastanti sui social, ho chiesto ad alcuni dei lettori di Rebel Mag di scrivermi la loro opinione e questi sono quattro dei messaggi che ho ricevuto:

Tancredi Rinaldi:

“Disco palloso, senza featuring non sarebbe nemmeno uscito. Un paio di hit ci sono. Penso che forse Icon avrebbe dovuto chiamarsi “iconoclasta di se stesso”. Resta il fatto che gli auguro il meglio”.

Francesco Sorgon:

“Icon è un disco fatto bene per gli standard di Tony e può essere visto come la versione potenziata di Untouchable a livello di scrittura e produzioni, forse il suo disco più mainstream vedendo anche i feat e lo stile delle canzoni. Unico difetto forse i tanti feat, ma almeno rendono il disco piacevole, perché se fosse stato solo con Tony sarebbe potuto essere pesante. Anche mettere le 2 tracce già uscite a mio avviso è stato superfluo, perché non c’entrano. Se dovessi dargli un voto gli darei un 7.5”.

Manuel Spoladore:

“Non si può dire che sia un disco orribile, perché in primis c’è qualità, a partire dalle produzioni. Forse chi dice che è inascoltabile pensa di trovare i testi, ma quando mai Tony ha scritto capolavori da liricista? Anzi si potrebbe rimanere stupiti, ad esempio con la canzone Sorry, dove un minimo Tony si apre. Poi per il resto è sempre il solito Tony, forse con un minimo di maturità in più del mestiere e “professionalità”. Il disco deve essere vissuto come un album leggero, dove si sente la qualità dei suoni, e il mood delle canzoni, dove quello che emerge è il personaggio Tony che si è andato a creare con il tempo. Non è un capolavoro, ma è un disco dove c’è qualità”.

Marko Teknambul

“Un buon disco per il pubblico mainstream, ma in generale vuoto, anche se si è aperto un po’ di più, dice sempre le stesse 4 cazzate… I featuring come al solito sono scelti a tavolino con nomi abbastanza in hype in modo da fargli finire il disco in classica. È un ottimo prodotto se non hai le orecchie o ti piace la musica di plastica…Tony di Crack Musica non tornerà mai più”.

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