I dischi di oggi hanno troppi featuring?

Vivo anch’io nel 2019 e non nel Medioevo, capisco benissimo che la musica non possa essere solo arte che prescende dal business e dal marketing, se no gli artisti farebbero musica nella loro cameretta per loro stessi e i loro amici più stretti e non arriverebbero al grande pubblico, ma mi piace quel famoso dei latini IN MEDIA STAT VIRTUS.Capisco anche che il modello americano di business ci imponga da anni di andare nella direzione in cui ogni disco deve avere un numero consistente di ospiti.

 

È sempre stato così oppure la situazione sta un po’ degenerando? Pensiamo a Marracash. King del rap aveva 15 tracce e 9 featuring, Status 18 tracce e 7 featuring, Fino a qui tutto bene 11 tracce e 1 featuring, Marracash 15 tracce e 4 featuring e ad oggi può essere considerato il miglior disco di Marra. 

Persona, in uscita il 31 ottobre, conta invece ben 9 collaborazioni.

 

Cos’è cambiato?

In realtà ben poco, i featuring ci sono sempre stati, anche se personalmente trovo che i dischi con tanti ospiti vadano a perdere un po’ l’identità artistica del suo protagonista. Sempre prendendo come esempio Marracash, ho amato tutti i suoi dischi, ma le tracce in cui sono riuscita a capirlo meglio, ad addentrarmi nella sua scrittura, nel suo modo di raccontare e nel suo mondo, sono sicuramente quelle senza ospiti. Certo, è musica, è intrattenimento, non un trattato filosofico o un monologo, ma soprattutto ultimamente vedo una sovrapposizione nell’uso dei featuring. Anche solo da un punto di vista prettamente comunicativo e di marketing. I dischi, se prendiamo come esempio Dio Perdona Io No di Enzo Dong, vengono presentati per ospiti e non solo per concept, tematiche, mood, ispirazione. Quasi come se chi c’è in quel disco attiri maggiormente l’attenzione rispetto al disco stesso. E in parte è così, perché il pubblico, soprattutto quello che si concentra sui social, è curioso di sapere quali saranno gli ospiti di un determinato disco, o singolo, quasi come se fossero loro a catalizzare su di sé l’attenzione dell’intero progetto. Si parte poi con il toto featuring: ci sarà questo?, ci sarà quello?, perché c’è lui?, perché non c’è quell’altro?, quella traccia allora la salto, che schifo, ascolterò il disco solo per tizio, non l’ascolterò perché c’è l’altro. È un terno all’otto, che però fa perdere l’identità del disco e del suo artista protagonista. 

 

Lo stesso si può dire di Persona. Nonostante Marra abbia presentato un concept profondo e lo abbia in parte spiegato, l’attenzione ora è inevitabilmente passata sui 9 ospiti, che comunque ha raccontato e analizzato dettagliatamente per farci sapere perché sono lì, senza limitarsi a una semplice lista, ma ciò non toglie, però, che tutti si stanno concentrando su quei 9 nomi, su chi saranno i prossimi che devono essere ancora annunciati, su chi avrebbero voluto e su chi al contrario non avrebbero voluto.

 

Il featuring crea attenzione. Ma la distoglie anche. Crea valore aggiunto. Ma anche un valore inesatto. Fabri Fibra e Capo Plaza, per esempio, stanno facendo featuring con tutta la scens, escluso Luchè nel caso di Capo Plaza, ma la sovrapresenza di Fibra sta diventando un po’ TOO MUCH, anche per i suoi fan più accaniti.

 

Il featuring serve anche, in alcuni casi, per avere un engagement maggiore in termini di streaming, views su YouTube e certificazioni. Basti pensare a uno degli ultimi singoli usciti: Gigolò di Lazza con Sfera e Capo Plaza, era già una hit ancora prima che uscisse.

Va bene creare hype, vanno bene anche le mosse di marketing, ma come fai tu artista a sapere e capire se quel determinato singolo ha avuto successo perché è tuo o perché ci hai messo l’ospite giusto? Lo stesso vale per un disco, come fai a capire se il disco è piaciuto per te e per il tuo lavoro o perché hai azzeccato i featuring? Inevitabilmente le tracce con i featuring sono quelle che attirano più pubblico e più interesse, magari poi tu hai scritto un pezzo fighissimo di cui vai fiero ma se lo cagano in quattro perché tutti sono concentrati sull’ospite X, non ti dà fastidio? Come fai a capire qual è effettivamente la tua forza e la tua presa sul pubblico? O l’importante sono solo i numeri e gli streaming?

 

Credo sarebbe importante spostare l’attenzione mediatica dagli ospiti ai protagonisti e ridurre il numero di collaborazioni all’interno dei dischi per far sì che il pubblico ami, comprenda o non apprezzi un determinato artista, ma avendo mezzi concreti per esprimere un giudizio o un’opinione. Mi piacerebbe ascoltare un disco senza featuring per comprendere appieno il mondo e il potenziale di un artista, così come aveva fatto per esempio Junior Cally in Ci Entro Dentro e poi magari usare i Repack per inserirci varie collaborazioni oppure una traccia alla Mattoni, perché l’impressione è che alcuni dischi stiano diventando più delle compilation che dischi di un singolo artista.

 

 

 

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