Botox di Night Skinny – la recensione di Rebel
“Un producer album non è una compilation”. Queste sono state le parole con le quali Night Skinny descriveva Botox prima della sua uscita.
Forse non sarà una compilation, ma un minestrone sì. Hai presente quando a scuola, per descrivere il tuo tema, la professoressa ti diceva “hai fatto un minestrone”, perché ci avevi messo dentro un po’ di tutto? Ecco, se fossimo a scuola e se Botox fosse un compito in classe, sarebbe un minestrone. Del resto che la sóla sarebbe stata dietro l’angolo avremmo dovuto capirlo già dall’hype esagerato che si era creato intorno al progetto. Hype più che giustificato, dal momento che sia Pezzi che Mattoni sono due bombe, ma che un po’ stavolta ha abbassato l’asticella della percezione del disco. E, rimanendo in tema sóla, avrebbe dovuto accendersi un campanellino nella nostra testa quando Skinny ha chiamato Roberto Da Crema e Wanna Marchi per la promo. Hanno mai venduto qualcosa che non fosse una sóla? Ecco. Appunto.
Non sto dicendo che Botox fa schifo, ma come tutti i botox, c’è quello riuscito bene e quello che risulta un po’ troppo. Questo è un po’ troppo.
Skinny ha sicuramente prodotto un disco ambizioso sia dal punto di vista sonoro, che risulta impeccabile, sia dalla scelta degli ospiti. 40. Molto più dei 26 di Mattoni, che già erano più che sufficienti, ben calibrati e scelti in modo accurato, ma 40 sono davvero troppi. Per carità, si può fare un disco con 40 artisti, Shablo e Don Joe lo hanno fanno, erano 42 e il risultato è stata una bomba nonché un classico del rap italiano, ma questa volta Skinny ha fatto il passo più lungo della gamba.
E meno male che non era una compilation. 40 artisti, diversi tra loro per genere e attitudine crea una confusione tale, che le tracce sembrano quasi raffazzonate. Il che è impossibile dal momento che Skinny lavora in modo preciso e meticoloso. Eppure è tutto too much.
Tranne gli argomenti. Quelli non sono troppi, anche se anche in questo caso c’è un po’ di tutto. Un altro minestrone. Si spazia tra la strada con annessi e connessi, la solita autocelebrazione declinata in varie sfaccettature, i finti dissing al nemico immaginario, l’amore felice, triste e malinconico, la rivalsa, il sesso, i soldi, la droga e il disagio.
Botox ha un concept distopico che ruota attorno la tossina botulinica, una proteina neurotossica che si può trovare ovunque, non solo come materiale per modificare il proprio aspetto a “piacimento”. Il botox, secondo Night Skinny, si è infiltrato anche nel rap game, dove tutti i rapper vogliono in qualche modo dopare o distorcere la loro realtà. Il botox è nella società, dove l’essere umano cerca costantemente nuovi modi per cambiare le apparenze, dai filtri social alle dipendenze. E se l’intento era quello di dimostrarci come il botox si è infilato nel rap, il risultato è stato ampiamente raggiunto. Se al contrario questo voleva essere una critica al rap botox, beh io allora qualche nome l’avrei tolto.
E a proposito di nomi ho trovato davvero pessima la scelta di non menzionare l’artista emergente che compare nelle posse track e di lasciare al posto del suo nome solo tre ???, alla fine ha partecipato, ha vinto, è stato scelto e una piccola menzione anche minuscola, buttata lì, sarebbe stata più che doverosa e gradita.
Quindi, riassumendo, Botox è una delusione?
No. Non è all’altezza delle aspettative nè dei dischi precedenti di Skinny, è un album che nel complesso va ascoltato dall’inizio alla fine e che si lascia ascoltare con piacere, ma non è assolutamente un classico istantaneo come lo è stato Mattoni. Non è assolutamente un brutto disco, anzi, è un peccato.
Un po’ perché l’hype era talmente esagerato che ci si aspettava un album epico e quando è così, la delusione è sempre dietro l’angolo è un po’ perché da uno come Skinny ci si aspetta sempre di più. Ed è un peccato.