Armageddon di Ketama126 – la recensione di Rebel

Beat cupi, dolore, inquietudine, riflessioni sulla morte e sull’autodistruzione sono alcuni degli ingredienti di Armageddon, il nuovo disco di Ketama126.

Praticamente una mazzata sulle palle? E invece no. Tutt’altro.

Armageddon è molto vicino a Kety sia per le sonorità che per il dolore e l’inquietudine che traspaiono nelle rime. Ma è anche un disco figlio di due anni di pandemia. Due anni che sono stati incerti e cupi per tutti, nei quali le emozioni raccontate da Ketama126 le abbiamo vissute tutti.

Ed è qui che nasce il concetto di Armageddon, non tanto inteso come apocalissi, ma quanto come se ogni giorno potesse essere l’ultimo. Una sorta di carpe diem: vivere ogni giorno come se fosse l’ultimo, o almeno Ketama prova a farlo.

Concetto che si intuisce già nell’Intro con gli scratch di Dj Gengis, dove il rapper dice “si nasce perdenti ma si può ribaltare il risultato se non si smette mai di lottare”. E che poi trova la sua massima espressione nella title track.

Armageddon è l’evoluzione di Kety. Resta la componente cupa e super personale, ma al tempo stesso Ketama, che ha lavorato alla produzione di quasi tutte le 16 tracce, si lascia influenzare da altri generi e porta qualcosa di nuovo, almeno per lui, giocando con sonorità latine in Coca Rosa, drill in Armageddon e Benedizione, ritmi da club come in L’ultimo treno e poi c’è Sotto la luna, che ha un sound completamente diverso dal resto dell’album, un elettro-funk che vede come ospite il padre di Ketama126 al sassofono.

Forse a stridere con lo stile di Ketama sono proprio i beat dance, perché la sua poetica diretta, personale, tormentata, non si può ridurre a un ballo in discoteca.

Pochi i featuring, ma decisamente buoni, che si dividono tra gli amici di sempre ed artisti di levatura internazionale. E l’accoppiata con Noyz resta sempre una garanzia.

Armageddon è sicuramente un progetto intimo e riflessivo, nel quale si alternano gioia e dolore. Con riferimenti alla morte e all’autodistruzione, ma anche con tanta consapevolezza. Racconti di vita passata, di sbagli fatti, droghe assunte, sbalzi di umore causati dalla droga, la musica che lo ha salvato dal baratro e la guerra nell’omonima traccia, dove l’artista racconta la guerra tra poveri che ci mette l’uno contro l’altro.

Brani, barre e rime raccontano la vita di Ketama e le sue esperienze, con Roma che fa da sfondo al suo passato e al suo presente, e che resta sempre, sia nei momenti positivi che negativi.

Tra riflessioni sul passato e sguardi sul presente, Ketama126 regala versi concepiti sia dal suo spirito ribelle sia dal suo intimismo, con varie allusioni a una vita vissuta intensamente, a conferma di quel magnetismo e quell’attitudine da rockstar che lo contraddistinguono sin dagli esordi.

Siamo davanti a un progetto completo e maturo, nel quale Ketama126 ha intrecciato atmosfere sonore e testi diretti e taglienti che sono, allo stesso tempo, riflessivi e provocatori, intimi e corali.

La sua musica si conferma essere un racconto coinvolgente di una vita vissuta intensamente.

Lascia un commento