Sangiovanni parla di ansia, paure e terapia nel suo monologo a Le Iene

Sangiovanni è stato ospite della puntata di ieri sera delle Iene e, oltre ad aver cantato Farfalle, ha fatto un monologo che non ti aspetteresti da un ragazzo di 19 anni nel pieno del successo.

Sangiovanni ha parlato di ansia, paura, del bisogno di andare in terapia. Perché anche se è giovanissimo e in un solo anno ha avuto molto successo, questo successo lo ha schiacciato.

Non parla di come con il successo la sua vita materiale sia cambiata, che ora può comprarsi qualsiasi cosa, avere abiti firmati e mangiare nei ristoranti più lussuosi. Non ci dice neanche che ora tutti sono invidiosi del suo successo.

Sangiovanni parla di come la musica lo abbia aiutato a superare le sue ansie e le sue paure e di come il successo le abbia fatte tornare. “La soluzione è diventata il problema” dice.

E certo, perché uno pensa che un ragazzo di 19 anni, che ha partecipato a un talent ed è diventato famoso con Malibù, che è stata la canzone più ascoltata del 2021, debba essere per forza felice. Ha soldi, un contratto discografico, un disco appena uscito, è giovane, carino, cos’altro può volere?

Lui ci mostra l’altra faccia del successo. Quella che ti schiaccia con aspettative e problemi. Quella che in un certo senso ti toglie la leggerezza con la quale prima facevi musica. La stessa con la quale magari ha anche affrontato l’esperienza ad Amici. Ma poi tutto cambia. A un certo punto il booster dato da Amici si spegne, devi fare i conti con una mega hit che sai che sarà difficile da replicare e devi camminare con le tue gambe.

Per farlo, Sangiovanni ha chiesto aiuto. È andato in terapia. Lo dice ad alta voce su Italia 1 e sottolinea “chiedere aiuto non è una debolezza ma una forza. Fatelo, per tornare a volare”.

Queste le parole del suo monologo:

“Ho iniziato a fare musica perché nessuno voleva ascoltarmi. Parlavo e nessuno capiva. Così ho iniziato a mettere in musica i miei pensieri. È stata la mia prima terapia: finalmente avevo qualcuno con cui dialogare, una voce che mi chiamava anche nel cuore della notte, che mi faceva battere il cuore, un orecchio a cui confidare ansie, problemi e paranoie, che improvvisamente svanivano.

Ho chiesto aiuto alla musica e lei mi ha teso una mano. Mi ha permesso di volare.

Poi è arrivato il successo. È stato tutto enorme, anche le aspettative. Ansie, problemi e paranoie che la musica faceva svanire sono tornate. La soluzione era diventata il problema. Ovviamente mi è crollato il mondo addosso. Mi ha fatto cadere. E un’altra volta ho dovuto chiedere aiuto, e cercare qualcuno che mi tendesse una mano.

Sono andato in terapia. Ho pagato qualcuno per ascoltarmi. Non una madre, un padre o una fidanzata, ma qualcuno a cui puoi dir tutto senza il rischio di ferirlo, che non ti giudica, che sta lì per aiutarti a stare bene.

Raccontarsi non è facile. Può essere doloroso. Ma la terapia è come la palestra: devi farla spesso e sentire la fatica, il sudore, i muscoli indolenziti. Sono sceso sul mio fondo e ho accettato la sofferenza che mi ci ha portato. E, anche se sono un privilegiato, so che ci saranno comunque momenti in cui soffrirò. Ma ho smesso di vergognarmene perché ho capito che in ogni forma di dolore c’è sempre una forma di dignità.

A volte mi sento forte, più spesso non mi sento in grado, ma quando succede ho imparato che posso chiedere aiuto e che qualcuno mi tenderà una mano.

Chiedere aiuto non è una debolezza ma una forza. Fatelo, per tornare a volare.”

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