Ora che Emis Killa non si esibirà al Capodanno di Ladispoli, il mondo sarà un posto migliore?

La notizia è questa: Emis Killa avrebbe dovuto esibirsi a Ladiapoli in Piazza Falcone la sera di Capodanno insieme a Guè. Per l’evento, che non comprende solo le esibizioni dei due rapper, sono stati stanziati dal comune 345 mila euro.

Sulla pagina Facebook di Città di Ladispoli, dove è stato annunciato l’evento, è scoppiata una polemica gigantesca.

Ancora una volta nel mirino sono finiti i testi (parte di essi) di alcune canzoni di Emis Killa e Guè, scelti ovviamente ad hoc e accuratamente.

Mamma mia poi facciamo le fiaccolata e le manifestazioni contro la violenza……..che tristezza!

Annulliamo la giornata contro la violenza sulle donne a sto punto”.

Questi i testi dei grandissimi ospiti di capodanno:

(EMIS KILLA)

→ “Guarda quella / come mastica la cicca. / Le fischio ogni volta / che passa di qui. / Vorrei prenderla da dietro / come in Assassin’s Creed'”

(GUE’ PEQUENO) “Ste scene troppo hard / stupide senza charme. Serve una mazza e scalpello, / oppure il mio uccello”.

Ma il Sindaco porterebbe i suoi figli ad ascoltare queste rapperate?

Sono solo alcuni dei commenti di gente indignata che si è scagliata contro la partecipazione di Emis Killa e Guè.

Nella bagarre si inserisce La Repubblica, che titola “Capodanno in piazza con Emis Killa, il rapper che canta l’inno al femminicidio: bufera sul sindaco leghista di Ladispoli. Il rapper: Il mio è solo Story telling” e che definisce il brano 3 messaggi in segreteria contenuto in Terza stagione, “un inno al femminicidio”.

https://open.spotify.com/track/75l1pp3XhKoc1UNMVLpJUG?si=6TZEfpmmTUafHtsOCP0zVA

Da lì intervengono la consigliera regionale e coordinatrice nazionale del Pd Marta Bonafoni, che chiede alla Regione Lazio di non finanziare l’evento definito “pericoloso” e altri vari ed eventuali personaggi delle istituzioni tutti unanimi nel non volere la presenza di Emis Killa a Ladispoli.

Conclusione: la sua esibizione è stata annullata.

Ora che abbiamo eliminato Emis Killa dal Capodanno in piazza a Ladispoli, non ci saranno più femminicidi? Non ci sarà più violenza? Il mondo sarà un posto migliore?

Eliminiamo il rap, censuriamo tutti i rapper, facciamoli al massimo cantare di sole cuore amore e spariranno per sempre violenza, spaccio, rapine, omicidi. Finalmente così le carceri saranno vuote e non ci sarà più criminalità in giro.

Io onestamente sono basita, un po’ scioccata, ma anche stanca di tutto questo puntare il dito contro un genere musicale, cosa che ormai avviene da decenni.

Ogni tanto qualcuno si sveglia, ascolta una canzone rap, o legge semplicemente il testo, e dice “inneggiano alla violenza”, “inneggiano all’uso di droga”, “inneggiano al femminicidio”, “cosa insegnano ai nostri figli” e certo, perché tutti i criminali, gli assassini e gli stupratori hanno 20 anni e ascoltano rap. Ma ce la fate?

Come ha spiegato in questa occasione Emis Killa, “nel rap esiste una cosa chiamata STORY TELLING. Significa rappresentare una storia in rima, bella o brutta che sia. Nel caso del pezzo da voi menzionato (ben 7 anni dopo tra l’altro, siete sul pezzo insomma) io interpreto, invento, racconto fatti che purtroppo, per quanto spiacevoli accadono. Nel pezzo non è emiliano che parla, e non penso nemmeno di dover dare troppe giustificazioni a chi non vuole capire. In un altro story telling molto più recente interpreto renato vallanzasca, non so, volete accollarmi qualche anno di galera? Oppure radiamo da tutti i cinema denzel washington, visto che in “he got game” uccide la moglie. Vi dovete ripigliare”.

Ma davvero stiamo ancora facendo questa eterna caccia alle streghe? Un giornalista che scrive per La Repubblica e che, in quanto giornalista, si ipotizza abbia quanto meno la capacità di comprendere un testo, non è in grado di capire che non è un inno al femminicidio, ma un racconto, una storia, ispirata a fatti che purtroppo accadono realmente. I casi sono due: o non ha la comprensione del testo (cosa che si impara alle medie) o lo fa apposta per creare clamore e indignazione.

Eliminiamo Emis Killa, ma allora eliminiamo anche serie tv come Gomorra, Suburra, Circeo, Per Elisa, e i vari film che in occasione del 25 novembre sono stati messi su Rai Play, nei quali si parlava di violenza sulle donne.

Perché se si può fare una serie sullo stupro del Circeo o sulla morte di Elisa Claps, allora un rapper può fare uno storytelling su un femminicidio. Ma qui sembra di essere tornati indietro nel tempo a quando nel 2006 Fabri Fibra è stato accusato di esaltare la figura di Omar in Cuore di Latta. Lui raccontava solo un fatto di cronaca, ovvero l’omicidio di Novi Ligure da parte di Omar e Erika, ma è stata definita “spazzatura pericolosa perché molti giovani si immedesimano nei ragazzi che commisero quel terribile gesto. I giovani oggi soffrono di carenza di identità e potrebbero fare qualunque cosa”. E certo perché Omar e Erika avranno sicuramente ascoltato Fabri Fibra prima di uccidere la madre e il fratellino di lei.

Il rap racconta anche fatti di cronaca, li esaspera, li analizza. Racconta cose che succedono realmente nei quartieri, per strada, cose che vediamo anche nei film, fatti che ascoltiamo quotidianamente al tg, ma va tutto bene, basta che a farlo non sia un rapper. A me non risulta che Salvatore Esposito sia stato accusato di inneggiare alla violenza per aver interpretato Genny in Gomorra, ma se un rapper in una canzone tratta lo stesso argomento, allora inneggia alla violenza e non è un buon esempio per i ragazzi che lo ascoltano perché lo emuleranno.

È sacrosanto il diritto che a molte persone non piaccia il rap e che non lo ascoltino, va benissimo, ma non per questo, se non ti piace una cosa o non la conosci devi sputare merda e sentenze gratuite basate più che altro su un’ignoranza cosmica? E se a farlo è il commentatore social di turno va anche bene, ma se ci si mettono pure i giornalisti e chi veste cariche istituzionali è più grave. I primi dimostrano di non essere poi così colti e i secondi di non avere di meglio da fare che indignarsi per i testi di un rapper, quando viviamo in un Paese che va a rotoli, in città in cui c’è da aver paura a girare persino di giorno e in centro, ma la colpa è dei testi rap, no?

Che esempio diamo ai nostri figli?” Beh non sono genitore, ma l’esempio andrebbe impartito da casa, di certo non da una canzone. E vuoi sapere che esempio diamo, se proprio vogliamo dare un esempio? Che anche un ragazzo cresciuto in periferia senza i soldi di papà e i vestiti firmati, se ha una passione, ci crede e lavora sodo, può realizzare il suo sogno, qualsiasi esso sia, che si tratti di musica, o altro. Questo è l’esempio che vedo, che poi il linguaggio sia spesso crudo, diretto, scurrile se vogliamo, ci può stare, ma non credo che i vostri figli sorseggino il tè delle 5 con gli amici, parlando forbito, decantando Cicerone mentre discutono di fisica quantistica e i dischi hanno una cosa chiamata parental advisory explıcıt content, che è un po’ come quella cosa che ti dice che un film può essere o meno adatto ai minori.

Io penso solo una cosa, anzi due: 1 l’Italia il rap non lo vuole, non lo capisce, parla senza capire e sforzarsi di conoscere e 2 dovrebbero andare tutti a fare in culo.

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