Nesli: “l’andamento della mia vita e della mia carriera è il fallimento con qualche successo ogni tanto”

Quanto è difficile per un artista, ma non solo, per una persona parlare di fallimento? Dire ho fallito. Se uno di noi fallisce, ci fa i conti in privato e può nasconderlo se vuole, se un artista fallisce è sotto agli occhi di tutti. E allora che fai? Dai la colpa agli altri, fingi di essere caduto e di esserti già rialzato alla Superman, o dici ho fallito, ma non ti dico che mi sono rialzato, ti dico che ho fallito, ho toccato il fondo e l’ho pure arredato? Questo è quello che dice Nesli in Nesliving Vol. 4, il suo ultimo disco, ma proprio ultimo, nel quale, oltre ad affrontare il fallimento, torna a rappare. E già, il rap, gioia e dolore per Nesli. Il primo amore, i primi successi, l’aver firmato dischi come Mr. Simpatia, Tradimento e Ego e poi? Poi sentirsi escluso per fare un qualcosa che oggi è parte integrante del rap, le melodie, i ritornelli, ma che allora non erano considerati rap. Allora che canzoni come Parole da dedicarmi e Dentro la scatola di Mondo Marcio definito uno start, un qualcosa da cui è (ri)partito tutto. Allora che si faceva rap per il piacere di farlo, non per i soldi, la fama, il successo, perché nessuno aveva dimostrato che con il rap, in Italia, si potevano fare i soldi e si poteva diventare famosi e che poi sarebbero stati proprio quei soldi a cambiare tutto. Ci pensi che molte delle cose che sentiamo nei dischi dei primi anni 2000 ora non potrebbero mai essere dette e che se questo movimento fosse (ri)partito oggi, non avremmo avuto quel background e la storia avrebbe avuto una piega totalmente diversa.

La storia… Che bella la storia di Nesli. Bella e triste, come il paesaggio a Venezia, se volessi citare Marra. Dolce e amara, ma vera e onesta. Fatta di alti e bassi e dell’onestà di ammetterli e non di nasconderli.

Come mai dopo 14 anni hai deciso di pubblicare i tuoi primi dischi sulle piattaforme di streaming?

Perché non c’erano e oggi le piattaforme di streaming sono il biglietto da visita principale per tutti e ho pensato devono esserci, perché se no sarebbe mancato un pezzo di storia. Anche di Nesliving Vol. 1 non c’era traccia, perché uscì in free download su Hano.it. E ho pensato che fosse giusto metterli in streaming, che poi il Vol. 2 contiene anche la versione originale di La Fine.

Mi racconti com’è andata quando Tiziano Ferro ha deciso di interpretare La Fine?

Avevamo un editore in comune e Tiziano, dopo aver scoperto questo pezzo grazie a Michele Canova, ha espresso la volontà di interpretarlo. Quando il nostro editore mi ha detto che Tiziano aveva espresso la volontà di cantare La Fine e metterla nel suo disco, io ho accettato subito.

Cos’hai provato quando Lazza e Emma all’ultimo Festival di Sanremo hanno cantato La Fine? Avresti voluto essere invitato come ospite?

Mi ha fatto stra piacere e non ho avuto quella botta di ego del voler essere invitato, perché avevo già dato due anni prima con Fasma. Mi ha fatto piacere perché io non frequento quell’ambiente e il fatto che sia stato scelto è proprio tutto merito del pezzo. Mi ha fatto piacere anche perché Lazza è un rapper/cantautore 3.0, è molto bravo a scrivere, a rappare, suona il piano, ha tante qualità e il pezzo l’hanno fatto divinamente. Per quanto riguarda Emma, io sono fan di lei come artista e come persona, ho avuto anche modo di collaborare con lei ed è stata una bellissima esibizione. Mi ha fatto talmente piacere che mi è venuta voglia di scrivere di più per altri, per poter vedere e vivere ancora di più quell’emozione.

Qual è la prima cosa che ti viene in mente se ripensi agli inizi della tua carriera?

Musicalmente è stato difficile, perché era un periodo completamente buio per questo genere e per quello che sarebbe diventato. Io dai 18 ai 25 anni mi sono chiuso in casa 13 ore al giorno a fare musica e testi, perché sentivo che stavo costruendo qualcosa. Io poi già dentro a quella scena rap ero un outsider, non sono mai stato un esponente del rap italiano.

Non hai mai voluto fare rap? Anche insieme a tuo fratello hai fatto molti pezzi iconici del rap italiano, ma non hai mai voluto continuare a fare quella roba lì?

Io l’ho fatta finché ho voluto e fino a Nesliving 1, che è un disco rap. Io, però, a differenza dei rapper, sapevo fare i ritornelli e il rap in quel periodo questa cosa non l’aveva, sia per esigenza, sia perché se avevi ascoltato solo rap e ti mettevi a fare rap non avevi le skills dei ritornelli, perché i ritornelli sono melodie. Io ho avuto la fortuna di avere in famiglia due ascolti, quello di mio fratello che era rap e quello di mia sorella che era indie inglese, fatto di artisti che navigavano sulla melodia. Quindi a me piaceva rappare nelle strofe, ma nei ritornelli sentivo l’esigenza di andare oltre il rap. Già Ego aveva i ritornelli, Parole Da Dedicare è una canzone pop, e io avevo un qualcosa che nel rap non veniva riconosciuto, veniva visto come fai altro. A me è stato riconosciuto il periodo rap perché ero affiancato da quella che poi è diventata una leggenda, da lì in poi no, perché per loro io facevo un’altra roba. E non era come oggi, dove c’è molta collaborazione tra artisti, era proprio della serie ti taglio le gambe. O fai rap o sei fuori e io ero fuori, quindi nel momento in cui il rap ha iniziato a funzionare, io avevo già preso un’altra strada e non avrebbe avuto senso che mi rimettessi a fare rap. Oggi in Nesliving 4 ci sono pezzi rap, perché io comunque so rappare.

Pensi che non ti sia stato riconosciuto il contributo che hai dato alla scena odierna?

Io penso che sia la storia ad agire in questo modo per una serie di eventi, di coincidenze, poi tanto tutto torna e non mi sono mai sentito frustrato per questo, anzi non me ne è mai fregato un cazzo. Io ho la consapevolezza di quello che ho fatto e i fatti me lo hanno dimostrato, quindi non c’era bisogno che qualcuno me lo dicesse, però sicuramente avendo fatto scelte un po’ creative, chiamiamole così, ho fatto perdere il filo del discorso a molti appassionati che si sono persi parte del mio percorso e che non lo conoscono. Io non sono mai stato uno di quelli che dice ho prodotto Mr Simpatia, ho fatto La Fine… io sono uno di quelli che non ha mai festeggiato un successo, neanche pubblicamente a scrivere grazie ai fan perché abbiamo raggiunto 1 milione di streaming. Io non sono quel tipo di artista, perché per me il contributo di un artista è il prodotto, non ti devo ringraziare.

Per me si è tutto deformato quando hanno iniziato a ringraziare i fan, a chiedere ai fan cosa ne pensassero e quando i fan hanno iniziato a dire la loro. Per me questa cosa è devastante, perché l’artista, oltre ad essere di carne e ossa, è anche molto più fragile delle altre persone. Tant’è che spesso gli artisti condividono i commenti brutti e li capisci quanto ci possano essere rimasti male. Il fan che dice “sei un vecchio ritirati, guarda che pancia” è diseducativa, è una cosa che non dovresti permetterti di dire a un estraneo.

Nel tuo ultimo disco NESLIVING VOL. 4 – Il Seme Cattivo parli anche di fallimento, pensi di aver fallito?

Sì, probabilmente l’andamento della mia vita e della mia carriera è il fallimento con qualche successo ogni tanto. Io in questo album non ho voluto raccontare quando di rialzi, perché molte volte la dinamica è cado, mi rialzo e te lo racconto. In questo disco cadi, punto e non c’è il ti rialzi. Ed è una cosa molto cruda e molto vera, è un album poco accondiscendente. Non c’è quella strofa che dà speranza, o quel ritornello che dà un barlume di luce. Il disco è un pugno nello stomaco, vuole essere quel disco che lo ascolti e ti prende a sberle.

Qual è il fallimento personale o artistico che ti pesa di più e che non sei riuscito a superare?

Una serie di scelte artistiche sbagliate che mi hanno portato più in giù rispetto a dov’ero. Una serie di errori di valutazione, di persone sbagliate e anche un difetto caratteriale, il volermi fidare e affidare, la mancanza di maturità e tutto questo, che poi mi sono creato da solo, mi ha portato a situazioni in cui ho fatto dischi sbagliati, scelte importanti pubbliche sbagliate. Una serie di cose, che da un granello di neve diventa una valanga e te ne accorgi quando ormai i giochi sono fatti, però è importante cadere perché è proprio quando cadi che riesci a farti delle domande.

Nel disco hai descritto il cadere, ma tu in che fase sei ora? Ti sei rialzato?

Non mi sono ancora rialzato. Ho deciso di abbandonare quel fondo che ho anche arredato e nel quale sono stato per un po’, ma ogni giorno tento di rialzarmi. Anche per questo ho deciso che questo album rappresenta la fine del mio percorso discografico da cantante e artista in prima linea. Ora mi piacerebbe scrivere per altri e questo rappresenta anche un modo per rialzarmi e cambiare.

Ti è mai pesato essere il fratello di Fabri Fibra?

All’inizio no perché collaboravamo e anzi era un plus, poi ha pesato più alla gente che non a me e il fatto che pesasse alla gente ha fatto sì che pesasse anche a me. Essere fratello o figlio di è sempre un 50 e 50 e dipende sempre da come te la giochi. Sai che è più dura, perché il pregiudizio è umano e nel mio caso c’è un pre pregiudizio ed è più complicato, a meno che non si scelga di essere un collaboratore non pubblico. Come Salmo con suo fratello e credo sia una fortuna avere un fratello che ti gestisca e curi la tua immagine, perché sei in una botte di ferro. A parte questo è sempre molto difficile ed è uno dei motivi che mi hanno portato a fare altro. Io non avrei mai potuto essere Nesli nel rap, perché già fare lo stesso mestiere è forzare la mano, e io quello che avevo fatto lo avevo fatto per lo più in collaborazione con lui e grazie a lui e lì non c’era competizione, si faceva rap perché ci piaceva farlo, non avevamo nessuno davanti a noi che ci facesse capire dove avremmo potuto arrivare. È stata per tutti una cosa nuova e nel mio caso con l’aggiunta di essere il fratello di, che ha inciso nel bene e nel male. Nel bene perché probabilmente non avrei iniziato un percorso musicale senza di lui e nel male perché poi devi dimostrare, ma che poi si trasforma in bene nel momento in cui hai dimostrato. Quindi probabilmente per rispondere alla domanda vado in pari, ma devi mangiare fulmini e cagare saette.

Hai mai provato gelosia nei suoi confronti?

Ma guarda i nostri genitori ci hanno educato alla totale mancanza di gelosia, che è un sentimento che ho vissuto davvero poco anche nelle mie storie sentimentali. In famiglia ci hanno insegnato un senso di individualismo sopra ogni misura e la libertà come concetto e valore assoluto, quindi se ti devo dire la verità non ho mai provato gelosia, anche perché per buona parte del suo successo io sono stato parte attiva. Per dirti, Tradimento, che ha fatto numeri devastanti, è stato prodotto e registrato per me metà da me. Mr Simpatia, che ha aperto le porte a tutto, è prodotto interamente da me, ogni nota che senti è prodotta da me, quindi io ero parte integrante e non mi sentivo in competizione o geloso, ero stra orgoglioso perché ero parte di quella cosa. Quella roba lì mi ha dato tanto, perché era diversa da adesso, in generale c’era un senso di partecipazione mostruoso nella scena e la competizione la vivevi se facevi freestyle, dove si scannavano, ma finito quello percepivi l’energia di far parte di un movimento. Io all’inizio non ho provato gelosia e quando poi è esploso il fenomeno avevamo già preso due strade diverse. Dopo Bugiardo, dove ho prodotto poco, io ero già con Fish a lavorare a Fragile, che è stato un disco un po’ crossover, dove io già parlavo un’altra lingua. Se dovessi dirti un rammarico è stato quello di non aver condiviso i momenti belli, l’esserci fatti il culo insieme e non aver condiviso i successi reciproci, ma questa è la vita.

Cos’hai provato quando tuo fratello ha parlato in una canzone (Ringrazio) di te e di vostra madre?

Non le ho dato grossa importanza. Quando è uscito quel disco ero distratto, stavo facendo altre cose ed è una cosa che non ho voluto vivere. A me piace condividere le cose belle, quelle brutte invece tendo a tenerle dentro per me e non viverle pubblicamente. Onestamente non gli ho dato peso e non ho ascoltato il brano.

Hai detto che vuoi scrivere per altri, hai mai pensato per chi ti piacerebbe scrivere?

Ce ne sono tanti, tanti cantanti e interpreti fighi, anche trasversali con un’attitudine più vicina al mondo urban, con un utilizzo delle parole più vicino al mio modo di scrivere. I primi nomi che mi vengono in mente sono Mengoni e Emma, perché mi piacciono molto, ma anche tanti altri, anche giovani. Lavorare in team in questo periodo va molto, anche le canzoni che hanno presentato all’ultimo Sanremo sono figlie di team di lavoro tra melodisti, produttori, scrittori. Poi oggi bisogna fare singoli più che dischi, a me piace scrivere e stare in studio, ma non ho più voglia di fare quella vita da artista a sgomitare, voglio stare in studio a creare musica con altri artisti senza avere limiti di dover pubblicare solo un numero ridotto di tracce in un anno. Di cantanti ce ne sono tanti e avere l’opportunità di scrivere e lavorare con altri per me è fantastico e voglio dedicarmi a fare questo.

Cosa pensi del fatto che tu sei stato tra i primi a portare la melodia nel rap e sei stato quasi condannato per questa cosa, mentre ora si deve portare la melodia per raggiungere un pubblico più vasto?

Nella storia tutti quelli che fanno qualcosa per primi pagano quello scotto, però se sei appagato e sei consapevole di quello che hai fatto capisci che è una figata, perché sai che quella cosa l’hai fatta tu e lo sanno anche loro. Quando capita di beccarsi c’è sempre stima e rispetto e la storia chi la conosce, la conosce, se hai bisogno ogni volta di sentirtelo dire da chi non la conosce è sbagliato. Io mi sento appagato quando vado a serate e incontro artisti che stimo e mi stimano e per me questo vale tutto.

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