Lil Baby non voleva fare rap. La sua storia in UNTRAPPED, il documentario disponibile su Prime Video
Non pensava a fare rap Lil Baby. Cresciuto in un quartiere dove la strada e le sue regole erano tutto il suo mondo, tutto ciò che conosceva, ha capito fin da piccolo che i soldi sono importanti. Lui voleva fare soldi e i soldi li facevano gli spacciatori. Ha imparato ben presto a spacciare diventando uno degli spacciatori più ricchi e rispettatati.
Non pensava neanche lontanamente al rap. Non voleva fare rap. “Ero già popolare nelle strade. Pensavo di avercela fatta, avevo soldi, macchine, donne, ero al top del top, ma le cose hanno iniziato a degenerare”.
Ma la strada è una trappola e Lil Baby lo sapeva bene, lo sapeva anche quando è stato arrestato nel 2015 e condannato a 2 anni di carcere. Funziona così la trappola: spacci, vieni arrestato o ucciso, se ti va bene esci di galera e torni a spacciare.
Il rap non era un’opzione. Come racconta Young Thug, “Baby guadagnava milioni con lo spaccio ancora prima di fare musica. Gli dicevo non esiste nessun ce l’ho fatta con quello che stai facendo, esiste solo la morte o il carcere”. Lui lo sapeva, ma non voleva fare rap, voleva continuare la sua vita, come spacciatore era affermato e rispettato,
Eppure era in una trappola.
Si sentiva in trappola. Spaccio, prigione, spaccio.
Quando è uscito di prigione, Young Thug gli dava soldi per cercare di tenerlo lontano dalla strada. I suoi amici di vecchia data Kevin “Coach K” Lee e Pierre “Pee” Thomas, ovvero i fondatori della Control Quality volevano che provasse a rappare. Ma lui non voleva. Aveva credibilità nelle strade, ma provando a rappare avrebbe potuto essere un esempio per i ragazzi come lui. E così nel 2017 ha fatto la sua prima sessione in studio. Non è andata benissimo, ma aveva del potenziale. Eppure lui continuava a tenere un piede per strada e uno che cerca di imparare a fare musica.
Il successo arriva col sacrificio il sacrificio di Lil Baby era quello di rinunciare ai soldi facili che faceva in strada e buttarsi in un contesto dove di soldi ne faceva davvero pochi. Come ha raccontato nella sua prima intervista a Breakfast Club, non solo non voleva fare rap e non gli piacevano le interviste, ma trovava assurdo guidare per ore per esibirsi in un locale e guadagnare solo 2.500$.
Dopo aver pubblicato i suoi primi due mixtape, la scrittura, la musicalità e la popolarità di Lil Baby si sono affinate notevolmente e poi è arrivata la svolta: My Dawg.
“Quando l’ho scritta sapevo che era quella giusta” ha detto Lil Baby e così è stato.
Quando ha iniziato ad avere successo in Europa il suo manager gli ha fatto girare le periferie per fargli vedere che sono tutte uguali e che la sua musica parlava a tutte quelle persone. È lì che Lil Baby ha capito il suo potenziale e l’impatto che la sua musica aveva sulle persone. Perché la sua musica ha un senso di verità e rispecchia i tempi in cui viviamo.
È stato poi il turno di My Turn, l’album più venduto del 2020.
È arrivato con il suo stile, che consiste nel scegliere i beat più cattivi, cercare i ritmi più pazzi, le melodie, i motivetti. Ora senti la canzone di qualcuno e pensi sembra Lil Baby
Drake
“LAvevo l’album più venduto al mondo ma sentivo un vuoto. Ho capito che tutti quei numeri e quei premi non significano niente
Lil Baby
My Turn è stato il disco più venduto del 2020 in tutti i generi musicali, ma non ha avuto neanche una nomination ai Grammy. Lil Baby ha ricevuto 2 nomination per The Bigger Picture. Non ha vinto, ma a Lil Baby interessava solo di poter trasmettere il suo messaggio. “Cerco di mostrare ai ragazzi cos’è importante, io ne sono la prova vivente. Lascerò una vera eredità, il rap è solo l’inizio. Sono arrivato a questo punto in soli 3 anni, ho intenzione di vivere così almeno fino a 60/70 anni. Ho costruito un’eredità che mi permetterebbe di fermarmi adesso, sarebbe già grande se lo facessi, ma prova a immaginare cosa farò ora che la mia mente si sta liberando. Non sarò mai più intrappolato. Ho appena cominciato”.
Quando gli è stato proposto di esibirsi ai Grammy nonostante My Turn non avesse neanche una nomination, i suoi manager erano contrari, avrebbero voluto che lui rifiutasse, ma a lui non interessava il premio, gli interessava esibirsi.
“Mi potranno vedere tutti, la gente in carcere, i miei figli, è una cosa che resterà.
Prima ero incazzato ma non voglio essere quel tipo di artista”.
Lil Baby si è esibito, non ha vinto nessun Grammy, ma la sua esibizione è rimasta. Ne hanno parlato tutti per il forte impatto che ha avuto in un momento storico dove il Black Lives Matter era fortemente sentito e condiviso in tutto il mondo.
Ora Lil Baby non è più in trappola. È uscito dalla trappola. E non ci tornerà più. È riuscito a cambiare un destino già segnato, lo stesso che si è portato via il suo amico e collega Marlo e a dare speranza a tutti i ragazzi del suo quartiere e non solo. Perché da spacciatore, a ragazzo che non è a suo agio sul palco e a parlare con il pubblico, è diventato una star internazionale in grado di poter parlare a milioni di ragazzi come lui.