La storia di Yassine, rimbalzato da una discoteca di Jesolo perché di origini marocchine
Yassine è un ragazzo di 22 anni come tanti, è cresciuto a Mantova, studia e vive a Brescia, è italiano di seconda generazione e l’altro giorno mi ha scritto per raccontarmi un episodio che lo ha visto suo malgrado protagonista quando era in vacanza a Jesolo.
Yassine e altri tre amici sono andati in vacanza a Jesolo e per ben due sere di fila non li hanno fatti entrare in discoteca. Il motivo? Hanno origini marocchine e a detta dei gestori dei locali “i marocchini non possono entrare perché fanno casino”.
Poco importa che Yassine sia uno studente modello, un bravo ragazzo, educato, che lavora e si comporta bene. E poco importa che in Marocco ci sia andato sì e no tre volte in vita sua, sulla sua carta d’identità c’è scritto Yassine e non Marco ed è bastato questo per etichettarlo come “marocchino che fa casino”.
Questa è la sua storia:
“È iniziato tutto domenica 24 luglio, quando io e altri 3 amici organizziamo una piccola vacanza di 3 giorni a Jesolo. Una volta arrivati passiamo la giornata al mare, andiamo a mangiare sushi e poi in hotel, ci prepariamo e come tutti i ragazzi della nostra età decidiamo di andare in qualche locale dove passare una bella serata. Vicino c’era la Capannina Beach e decidiamo di metterci in fila per entrare, quando è arrivato il nostro turno il bodyguard non ci fa entrare e ci dice che non può farci entrare. Noi eravamo stanchi dalla giornata, così non abbiamo detto niente e ce ne siamo andati a fare un giretto per il centro, ma la motivazione l’avevamo già capita.
Il giorno seguente, lunedì 25, alla sera decidiamo di andare al Vanilla Club, anche perché era l’unico posto aperto il lunedì sera.
Arriviamo lì intorno all’una o comunque poco prima, facciamo la fila, ma notiamo che non fanno entrare alcune persone, guardiamo il regolamento affianco e c’era il dress code e infatti tutti coloro in pantaloncini non entravano, ma nessun problema perchè noi eravamo tutti ben vestiti.
Arrivati all’ingresso, diamo le carte d’identità, il buttafuori le guarda, le porta al suo superiore che gli fa cenno di no con la testa senza nemmeno averci visto, ci dice di aspettare in disparte. Ci mettiamo di fianco alla fila dove c’era un altro bodyguard di colore che ci dice che era inutile che aspettassimo lì, perchè tanto i ragazzi marocchini in gruppo non li fanno entrare. Ci ha suggerito di provare ad entrare separatamente uno ad uno che magari così ci avrebbero fatto passare.
Abbiamo provato, ma il buttafuori ha riconosciuto il mio amico e ci ha richiamati tutti, dicendoci che era inutile dividerci per entrare che tanto avremmo dovuto aspettare.
Sono andato a parlare con lui, tranquillamente e con calma, per capire la situazione, ma mi ha detto che erano ordini che arrivavano dall’alto e che gli era stato detto che i marocchini in gruppo fanno casino e non possono entrare. Io ho insistito, anche perchè oramai eravamo lì e non avrei mollato la presa, dopo praticamente un’ora e mezza a continuare ad insistere mi ha detto che ci avevano bannato dall’ingresso e che non poteva farci niente.
La stessa cosa è successa ad un altro gruppo di 3 ragazzi, 2 marocchini ed uno italiano, insieme non li ha fatti entrare ma poi il ragazzo italiano ha fatto la coda da solo, è riuscito ad entrare e ha chiesto al bodyguard “perchè prima non mi hai fatto entrare?” il bodyguard lo ha guardato e gli ha risposto che non era vero che non l’aveva fatto entrare e non c’era motivo per tenerlo fuori, poi il ragazzo gli ha detto che era con altri 2 ragazzi marocchini e il buttafuori ha replicato “no guarda ho sbagliato devi stare fuori“.
Il ragazzo è uscito da solo dicendogli che aveva capito tutto e che non sarebbe più tornato in quel posto.
Poco dopo è arrivato un altro gruppo di ragazzi, questa volta spagnoli, composto da ragazzi e ragazze, nel loro gruppo c’erano 2 ragazzi di colore domenicani che sono stati rimbalzati, senza motivo, mentre i loro amici erano dentro, loro rimasti fuori.
Abbiamo incontrato 4 ragazze lì fuori che ci hanno detto di fare gruppo con loro e provare ad entrare insieme, ma all’ingresso ci hanno bloccato e hanno detto alle ragazze che se volevano stare con noi non avrebbero potuto entrare, noi abbiamo ringraziato del bel gesto e le abbiamo lasciate entrare.
Erano ormai le 2:30 e decido di appellarmi alla polizia, chiamo, spiego la situazione piangendo perchè in quel momento ero veramente ferito, mi rispondono che questo è un evidente caso di razzismo, ma che non avrebbero potuto fare nulla e di riportare questo caso alla mia caserma di residenza.
Eravamo ancora lì, vicino alla fila, quando è arrivato un ragazzo italiano, il classico bulletto della scuola per descriverlo, che all’ingresso viene invitato a buttare la sigaretta, lui invece ha continuato a fumare, buttando il fumo addosso al buttafuori e gettando con arroganza la sigaretta, il bodyguard lo blocca, non lo fa passare e lo lascia fuori, lui fa il cane bastonato e inizia a supplicarlo di lasciarlo passare, così dopo mezz’ora lo fanno entrare.
A quel punto mi sono alterato, continuavo a vedere ragazzi della mia età passarmi davanti ed entrare mentre io no, solo per il fatto che nella mia carta d’identità c’era un nome marocchino, sono andato da un altro bodyguard e gli ho fatto notare la situazione. Ero sommerso dalle emozioni e mi sono lasciato andare in un fiume di lacrime, non accettavo che uno senza rispetto e maleducato entrasse solo perchè aveva scritto Marco Rossi sulla carta d’identità, mentre io no. Gli ho detto che avevo speso 500 euro d’hotel solo perchè, come tutti i ragazzi della mia età, volevo farmi una vacanza e divertirmi, frequento l’università e lavoro, faccio un sacco di sacrifici e ora che avrei voluto godermi un po’ dei miei sforzi, ma che non mi era concesso, lui mi ha risposto che era dispiaciuto, ma che anche gli italiani anni fa venivano descriminati e che stava facendo solo il suo lavoro.
Ha ribadito che ormai questa era una politica che stavano adottando tutti i locali di Jesolo, quella di non far entrare ragazzi marocchini, ma ha deciso comunque di concederci l’ingresso. Erano le 3:10 e finalmente potevamo goderci la serata. anche se ormai era rovinata.
Mi è successa la stessa cosa al Number One a Brescia, durante il concerto di Lazza, ma quella volta sono riuscito a parlare con un manager che ci ha fatto entrare e ci ha spiegato che con il fatto che questi ragazzi marocchini fanno casino, negano l’ingresso a tutti.
Te lo giuro che sono 4 giorni che ci sto pensando e ci sto malissimo, ma nemmeno tanto da incazzarmi, è che sono proprio deluso, mi vengono sempre le lacrime agli occhi”.
È vero che gruppi di ragazzi marocchini hanno spesso creato caos e disagi all’interno dei locali e non solo, basti ricordare quanto è successo l’estate scorsa sulla riviera romagnola e da una parte è giusto che i proprietari delle discoteche prendano precauzioni in tal senso. Ma risse, furti e casini ci sono sempre stati nei locali, e i protagonisti sono sia italiani che stranieri.
Non si può fare di tutta l’erba un fascio. Discriminare un ragazzo solo per le sue origini e vietargli di essere trattato come un normale ragazzo di 22 anni solo perché si chiama Yassine e non Matteo.
Il buono e il cattivo non può essere attribuito o legato al colore della pelle o al Paese di provenienza. Esiste ovunque.