La musica ha una data di scadenza, come il latte

Qual è ad oggi il disco migliore del 2019? O forse la domanda giusta avrebbe dovuto essere questa: vi ricordate tutti i dischi usciti nel 2019? È difficile tenere il conto, eppure siamo solo a fine aprile, il 2019 è iniziato da soli quattro mesi, ma quanta musica è uscita? Come si fa ad ascoltare tutto? E per ascoltare intendo capire, fare proprio un disco, conoscerne ogni canzone, non sentire, perché sentire è un’altra cosa. Posso aver sentito il disco di Massimo Pericolo, ma posso aver ascoltato quello di Mondo Marcio, sono due cose diverse. Il disco dell’anno dura una settimana, aspetti l’uscita di quel determinato artista, ascolti il disco, poi diventa vecchio, è come se avesse una data di scadenza, esattamente come il latte. Può essere a lunga conservazione e resistere più a lungo, ma quanti resistono? Se ogni settimana veniamo bombardati da continue uscite, dischi, singoli, Ep, video, cosa ci resta veramente? Quelle tre o quattro tracce che abbiamo ascoltato, che abbiamo fatto nostre, che ci accompagnano nella nostra quotidianità e il resto? Puff, sparisce.

Vi ricordate tutti i featuring di Fabri Fibra del 2019? Ne ha fatti tanti eh, quale vi è rimasto maggiormente impresso? La musica è diventata usa e getta, fast food, la senti una volta e la getti e nel frattempo aspetti la prossima uscita. Instagram è come una lavatrice che centrifuga continuamente e ogni settimana ti fa attendere qualcosa che la settimana successiva ha già il sapore di vecchio, come il latte se lo tieni troppo a lungo aperto in frigorifero. Se ci pensiamo bene è lo specchio dei nostri giorni, sempre di fretta, sempre a immortalare il momento senza viverlo e assaporarlo fino in fondo. I dischi escono, fanno il loro esordio nelle alte posizioni della classifica Fimi e poi spariscono, come se venissero risucchiati dal vortice della lavatrice. Sono pochi quelli che resistono per mesi e mesi, li conti sulle dita di una mano, ci sono sempre Playlist di Salmo, 20 di Capo Plaza e Rockstar di Sfera Ebbasta, e non dite “ah che schifo Capo Plaza, che merda Sfera Ebbasta“, perché i loro sono gli unici dischi che non escono mai dalla top 20 della classifica Fimi e questo vuol dire solo una cosa: la gente li ascolta, li compra e li streamma e volenti o nolenti non hanno data di scadenza. Non sono latte, sono acqua che puoi tenere in frigorifero quanto tempo vuoi.

Ma cosa vogliamo noi? Il disco di quello, il singolo di quell’altro, e lo vogliamo spasmodicamente, quindi la macchina della musica si mette in moto e ci dà quello che vogliamo: musica, tanta, troppa musica, MA COSA CE NE FAREMO DI TUTTA QUESTA MUSICA? DOVE LA METTIAMO? Gli artisti sembrano morsi dalla taramtola, producono musica come operai cinesi, hanno paura di perdere il treno, di essere superati, dimenticati, di non cavalcare l’onda e allora battono il ferro finché è caldo e fanno uscire musica che sempre più spesso è chunk food. E chissenefrega se dopo una settimana è già scaduta, l’importante è dire CI SONO ANCHE IO.

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