Ecco perchè non dovresti pagare siti e pagine Instagram per avere pubblicità
Questa volta sarò brutale: il 90% della musica che viene inviata ogni giorno nei DM su Instagram o via mail non la ascolta nessuno. Con tutta la musica che esce e che “dobbiamo” ascoltare pensate che ci si metta lì a sentire l’ultimo singolo di un Pinco Pallo qualunque? Che magari è migliore dell’ultimo di Tony Effe (e ci vuole poco), ma che a prescindere non interessa a nessuno ascoltare.
In poche parole: non gliene frega un cazzo a nessuno del tuo ultimo singolo, o video, o di quanto tu sia migliore di un altro, a meno che tu non metta mano al portafogli.
Siccome però c’è tantissima richiesta, anche pressante in certi casi, la gente si è fatta furba e ha capito come fare soldini extra e facili (extra fino a un certo punto visto che in molti casi sono gli unici che portano a casa): creando sponsorizzazioni ad hoc per gli emergenti.
Gli stessi emergenti che vanno costantemente e giornalmente a bussare alla porta di tutti i siti e pagine Instagram dai 10mila followers in su nella speranza di diventare famosi. E magari piangendosi anche addosso “per noi emergenti non c’è nessuna speranza, siamo più bravi di quelli che sono famosi e non meritano di stare là“, che magari è anche vero eh, ma se la smetti di piangerti addosso forse è meglio. NESSUNO è arrivato al successo perché la pagina X gli ha messo lo swipe up del suo video o singolo nelle stories. NESSUNO, quindi neanche tu che chiedi, o addirittura paghi per una storia di 24 ore.
Le playlist generano pochissimi streaming. Già quelle editoriali di Spotify danno una grossa spinta solo ai brani inseriti in più playlist e in particolare a quelli nelle prime posizioni, figuriamoci la playlist di una pagina Instagram o di un sito. Senza contare il fatto che Spotify toglie i brani dalle playlist editoriali se non generano abbastanza interazioni e streaming. E stiamo parlando di playlist editoriali di Spotify Italia, non di quella di Esse Magazine o Trap Italy, per dire.
Soldi buttati nel cesso. Anche perché la playlist di Esse Magazine con i suoi 29mila e rotti followers porta sì e no 100 streaming a brano, se ti va bene. Cosa te ne fai di 100 streaming? Non era meglio se quei 50 euro li avessi spesi in promo sui tuoi canali? Senza contare la discrepanza abissale tra followers e risultati, che fa pensare che alcuni numeri siano già gonfiati di loro, ma questo è un altro discorso.
Un articolo su un magazine che parla del singolo di uno sconosciuto se lo legge solo lo sconosciuto e i suoi parenti. Un post può anche generare like, ma quei like vanno alla pagina che l’ha pubblicato e non garantiscono un ritorno in termini di streaming o di views su YouTube. Altri soldi buttati.
Per non parlare di quelle pagine che fiutano emergenti e vanno a proporre i loro servizi offerti e il listino prezzi. Peggio dei Testimoni di Geova o dei venditori di enciclopedie porta a porta. Truffatori. Né più né meno. E chi ci casca ha buttato altri soldi.
Con tutti i soldi buttati potevate farvi promo da soli su Instagram, YouTube, Facebook, creare un video di qualità maggiore, o spenderli in uno studio di registrazione, o tenerli per pagare Tik Tok e far rendere virale un vostro brano. Così magari avreste raggiunto più persone e anche il vostro obiettivo, senza arricchire inutilmente le tasche degli altri.
“E ma senza soldi noi emergenti come facciamo?” Anche Speranza ha fatto un video che ha superato un milione di visualizzazioni e per il quale ha speso solo 15 euro. Non sempre servono i soldi, a volte serve solo fare musica e creare contenuti che siano interessanti e soprattutto NON AVERE FRETTA.