Caro Luchè, ti spiego perché nessuno dice mai che un disco fa schifo

Ho trovato questa intervista che Luchè ha rilasciato a GQ Italia a gennaio, quando ha annunciato il suo ritorno.

Ho letto le sue parole e le trovo assolutamente condivisibili:

Quello che mi manca è il ruolo della critica, nella mia carriera non ha avuto nessun peso. Non c’è mai stato “quell’arbitro” che ha sottolineato quanto le cose che faccio siano giuste, diverse. Nessuno ha mai detto “forse Luchè è la cosa più simile al mercato internazionale che abbiamo in Italia”. Nessuno ha mai parlato del mio sound. Anche se non so suonare, ho un gusto che fa sì che i miei dischi suonino in un certo modo. E a lungo andare queste cose pesano, perché mi portano a chiedere per cosa lo faccio. Per vantarmi delle ragazze che fanno i video su TikTok o lo faccio per avere una critica di un certo livello? È questa la domanda che mi sono posto a un certo punto. Quindi ho tirato le somme. E secondo me manca tanto sul mio conto per quello che rappresento e ho rappresentato.

Mi sembra doveroso combattere per la qualità. Io sono contro la mediocrità e mi sembra che la mediocrità sia dovunque, non solo nella musica. Non c’è mai una recensione che dica che un disco fa schifo. Non esiste un personaggio di rilievo che dice le cose come stanno. E tutto questo crea un piattume che fa sì che chi fa le cose fatte bene vengano viste come “difficili”. Te l’ho detto, manca un arbitro, manca la critica”.

Il discorso di Luchè non fa una piega, anche se di pagine e magazine che hanno esaltato il suo lavoro e la sua musica è davvero pieno il web. Quello che manca è la critica. È sempre mancata la critica. Per quello a cui serve la critica. Io credo di aver scritto più sui dischi che fanno schifo che su quelli belli, ho criticato musica, atteggiamenti, gossip, o almeno ci ho provato in questi 4 anni. Però chissà perché, in tutta risposta ho ricevuto commenti di rapper che mi insultano, manager e uffici stampa che mi hanno chiuso le porte dicendomi “se scrivi così come faccio a farti intervistare altri artisti?” O “se devi scrivere male, è inutile che ti invito alla conferenza stampa”.

Quindi mi chiedo a cosa serve criticare, o comunque esprimere un’opinione che sia diversa dalla massa o dai bellissimi elogi che la stampa copia e incolla dai comunicati stampa? A cosa serve? A ricevere porte in faccia e insulti?

Deve essere questo che frena la critica in Italia. Nessuno ha voglia di criticare un disco o un artista e rischiare di perdere i pochi benefici che ha, che si traducono in esclusive, interviste, accrediti. È molto più semplice scrivere che sono tutti belli, buoni e bravi, sempre e in ogni circostanza. È meglio dire che anche la merda sa di cioccolato, perché è questo che artisti e addetti ai lavori vogliono sentire e leggere. È meglio criticare solo i dischi stranieri, tanto chi cazzo te la legge la recensione?

La critica in Italia non esiste, perché nessuno la vuole, perché anche la musica è fatta di taciti accordi e favoritismi. E siamo onesti, se ora dovessi scrivere che Dove Volano Le Aquile fa schifo, Luchè sarebbe contento di ricevere una critica? La condividerebbe, oppure la snobberebbe e magari si incazzerebbe pure?

Perché la verità è che alla fine tutti, al di là delle belle parole, vanno dove gli leccano il culo. Non a caso le interviste vengono fatte sempre e solo dagli stessi magazine, dalle stesse persone e a spese dalle major. Quindi parliamo davvero di critica e confronto, o parliamo di promo e basta? E di un posto sicuro dove sai che nessuno ti criticherà mai?

Infatti manca la critica, ma pure tu, caro Luchè fai pagare a Sony il teatro per farti intervistare da Esse…. Siamo sicuri che questa critica la vogliamo o sono solo parole dette a caso?

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