Caro Corriere della Sera, smettiamola di usare la parola rapper a caso

Ci risiamo.

Ogni volta che il nome di 1727 Wrlstar aka Fratellì torna in voga per aver picchiato l’ex compagna, puntualmente c’è qualche giornalista che lo definisce rapper.

È successo l’anno scorso, quando è stato arrestato per aver picchiato la ragazza con una mazza di ferro e per averle messo sui fianchi alcool etilico per poi accendere un accendino e minacciare di darle fuoco.

Ed è risuccesso in questi giorni.

Ancora una volta si parla del rapper 1727 Wrldstar che è stato condannato a 4 anni.

A parte il fatto che ne meritava di più, smettiamola di usare la parola rapper a caso.

1727 Wrldstar non è un rapper. Due canzoncine, qualche video da imbecille e i tatuaggi in faccia non fanno di lui un rapper.

Il Corriere della Sera, così come Open e altre testate giornalistiche online, composte da redazioni vere e giornalisti veramente iscritti all’albo, si ostinano a definire 1727 Wrldstar un rapper. E sai perché? Perché fa notizia scrivere che un rapper ha picchiato l’ex fidanzata ed è stato condannato. Fa di certo più notizia di scrivere che un Algero Corretini qualunque, che ha fatto un paio di video in cui va a sbattere con l’auto e dice Fratellì, è stato condannato a 4 anni per lesioni personali.

Avere il corpo ricoperto da tatuaggi non significa essere un rapper. Se no anche Gianluca Vacchi e Fabrizio Corona sarebbero dei rapper.

Va bene che questi giornalisti basano tutto sul clickbait, che informarsi non fa parte del loro lavoro e che usare la parola rapper genera click, ma prima di parlare di rap e rapper, vi invito, da umile blogger che non capisce un cazzo di musica e giornalismo, a informarvi.

Siamo stanchi che la stampa generalista usi e sfrutti il rap e i suoi esponenti a proprio piacimento solo per inseguire il Dio clickbaiting.

Se uno è un delinquente tatuato è un rapper. Se tra i giovani aumenta la criminalità è colpa del rap, della trap e della drill. Ma quando escono i dischi degli esponenti del genere sono tutti pronti a elargire recensioni e interviste. E sai perché? Perché fanno notizia.

Nel bene e nel male il rap viene sfruttato per fare notizia.

Ma viene anche demonizzato da titoli e articoli come quelli di La Repubblica e Open su 1727 Wrldstar e rivolti prevalentemente a un pubblico di massa. Un pubblico che non sa chi sia questo Wrldstar e che se legge che è un rapper ci crede.

Questo, pur non essendo io una giornalista, crea disinformazione su un intero genere, che ancora oggi in Italia, nonostante sia a tutti gli effetti il più ascoltato, non è nè compreso nè degnamente raccontato. Solo sfruttato.

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