Baby Gang, Jake La Furia e Nello Taver: la pagella delle uscite settimanali
7 a Ferro del mestiere di Jake La Furia.
Non c’è dubbio: Jake è uno dei rapper preferiti del tuo rapper preferito. Ed è tornato in grande forma. A volte sembra davvero di sentire brani dei Dogo, con quello stile diretto, quelle rime crude e street che solo Jake sa fare. E se è tornato a fare rap e ha abbandonato il reggaeton, quei ritmi muovi chiappe e le canzoni alla 883, il merito è di Emis Killa, che in tempi non sospetti lo ha spinto a fare un disco come 17.
Jake ci ha preso gusto e in Ferro del mestiere ci sbatte in faccia il fatto di essere uno dei migliori rapper italiani. Già lo sapevamo eh, ma a volte è bene ricordarlo. È un disco granitico, dove producer e ospiti si amalgamano perfettamente nello stile di Jake, Ana Mena compresa, che per l’occasione si è comprata un glock. Finta eh…
A parte gli scherzi, Jake riesce a passare dall’old style di brani come Yeah o Caramelle da uno sconosciuto a pezzi con tiro più moderno e trap come Jumpman fino ad arrivare al confine del pop come nel caso di Senza niente da dire o alla Dogo-style come La cosa giusta.
Manca il featuring internazionale, che va tanto di moda, ma a quanto pare Jake se ne frega delle mode, fa il rap che gli piace ed è come se ci dicesse “il rap se lo vuoi fare si fa così”.
In sostanza è un ottimo disco, una sorta di instant classic, ma non un capolavoro. Jake poteva fare molto di più e oggettivamente ci si aspettava di più da lui. È come se avesse fatto il minimo sindacale, della serie massima resa con il minimo sforzo.
6.5 a EP2 di Baby Gang.
Questo EP2 di Baby Gang è davvero ben fatto. Ha fatto molti passi avanti rispetto a EP1 ed è un progetto più personale, nel quale Baby Gang si apre a riflessioni intime che riguardano il suo stile di vita di oggi, con i tanti imprevisti e le vicende di cronaca che conosciamo tutti. I suoi racconti sono veri, reali, carichi di rabbia e frustrazione e la sua scrittura è basica, ma anche realistica e senza filtri.
Baby Gang è il portavoce di tanti ragazzi di seconda generazione e ci porta a scoprire la periferia e la vita di persone che sono venute in Italia sognando una vita migliore, ma che alla fine vivono ai margini della società.
E Baby Gang sbandiera orgoglioso il senso di appartenenza che prova nei confronti del contesto criminale di cui ha fatto e fa parte. Non vuole uscirne. Non è come quelli che cercano il riscatto sociale per uscire dalla strada e lasciarsela alle spalle, per lui il riscatto è economico e basta. I soldi sono il suo riscatto. Per il resto la sua vita resta la stessa. E lo dice chiaramente in 2000, una delle tracce migliori dell’Ep.
E il messaggio è chiaro: se cresci tra arresti e perquisizioni, non esiste l’idea di emanciparti, vuoi solo i soldi, ma resti ancorato alla realtà che conosci.
Sono la mentalità e il rispetto di cui parla in Mentalitè. E sono il suo vissuto raccontato in modo crudo in Cella 3.
EP2 è composto da solo 8 tracce, ma è un progetto molto cupo, quanto real e personale, nel quale emerge davvero la vita e la mentalità di Baby Gang, una vita fatta di strada con le sue regole, delinquenza e scontro continuo con il sistema, che lui disprezza fortemente, come racconta il Combattere.
In questo contesto c’è spazio solo per due featuring: Benè in Lei e Sacky in Mamacita, che sono gli unici due brani più leggeri del progetto.
Nel complesso Baby Gang ha fatto diversi passi in avanti a livello stilistico, ma la strada è ancora lunga.
6.5 a Ho ucciso l’hip hop italiano di Nello Taver.
Nello è forte, è l’anti rapper pur essendo un rapper. E forse paga anche il conto per il suo essere considerato più un personaggio che fa ridere che un rapper. Ma sono proprio la sua ironia dissacrante e la sua critica sociale buttata lì come satira i suoi punti di forza. E in più sa rappare.
Ha il coraggio di fare parodie su tutto, anche sulle cose più banali e di criticarle con una verididicita disarmante. È un po’ quello che dice quello che tutti pensano ma non hanno il coraggio di dire.
È geniale nelle rime e nei racconti, ma resta ancora troppo ancorato al suo personaggio per essere preso sul serio.
Il disco è buono. Divertente, ironico, vero, con buone basi e testi molto interessanti, ma sono solo un insieme di canzoni buttate lì, a caso, con titoli a caso. Non c’è un concept, non c’è un filo conduttore, c’è solo Nello Taver che ti racconta qualcosa e ti strappa un sorriso, come un one man show. Come un cabarettista.
8 a Chiodi di Kaos.
Una vita dedicata all’hip hop, quella di Kaos, che pubblica il suo sesto e forse ultimo disco.
Un album molto intenso, ricco di argomenti, contenuti, rime. Un disco solido, che ci ricorda cosa sia l’hip hop, senza risultare pesante o troppo denso. Kaos non si snatura e non cambia molto rispetto ai precedenti lavori, la sua capacità di scrittura rimane vivida e precisa, così come la sua attitudine hardcore con una voce intensa e diretta. E con quell’attitudine e quel liricismo che sembrano essere ormai in via di estinzione,
Chiodi merita di essere ascoltato dall’inizio alla fine più volte, è il classico disco alla Kaos, senza sorprese, ma solo conferme. E senza strizzare l’occhio ai trend del momento. È un disco classico, con quel rap che non passa mai di moda anche se non segue le mode.
7 a Sfiga di Grido e Fabri Fibra.
Una parola: finalmente.
Con questo brano i due rapper collaborano per la prima volta dopo lo storico dissing del 2006, molto discusso all’epoca, sia sui mass media tradizionali sia online su siti e forum. Dopo essersi riappacificati già qualche anno fa, Grido e Fabri Fibra in Sfiga prendono di mira bulli e sbruffoni, da chi deride gli altri fino a chi si vanta sui social, in tutti i casi per sentirsi superiore senza alcuna ragione. Da qui il titolo “SFIGA” che, non a caso, è uscito venerdì 17…
A ispirare il pezzo c’è anche il campionamento del verso “Ti tolgo dal mio stereo perché porti sfiga” contenuto in Bugiardo, hit di Fabri Fibra del 2007: Mastermaind, che in passato aveva già firmato varie produzioni musicali per il rapper di Senigallia (tra cui “La soluzione”) ed è il producer di fiducia di Grido, è partito da qui per dare forma alla strumentale.
È un pezzo che spacca. Per la storia che c’è dietro, per le rime, per le punchlines, per le voci di Grido e Fibra che insieme non si erano mai sentite e che invece sono davvero sulla stessa lunghezza d’onda.
6.5 a Ossa Rotte di Rkomi.
Segue il filone musicale un po’ pop un po’ rock intrapreso con Taxi Driver il nuovo singolo di Rkomi, prodotto da Michelangelo.
E il sound alla Blanco è più che evidente.
È un brano dal sapore leggero, anche se poi parla di un rapporto finito male che lo ha ferito parecchio. Ed è l’anti tormentone estivo di Rkomi, che anche in questo caso segue un po’ il filone alla Vasco, come una sorta di poeta maledetto.
5 a Lista 47 di Anna.
In due anni Anna ha collaborato con tantissimi big italiani e esteri che molti emergenti sognano da anni. È stata la botta di culo Bando a portarla al successo, che non è ancora riuscita a meritare nè a replicare.
Sembra essere destinata a restare una meteora. Perché mancano le basi. E Lista 47 ne è l’ennesima prova.
Ha flow monocorde e testi basici e va anche bene vista la sua giovanissima età, ma Lista 47 è un progetto scarno e insipido.
Ci si poteva aspettare di più dopo il mega successo di Bando, ma già dai singoli successivi si era capito che Anna non ce l’avrebbe fatta. Non a caso il suo primo disco è composto da sole 7 tracce, come se non fosse in grado di fare di più e nonostante questo è di una pochezza disarmante.
6 a Extasi di Fred De Palma.
Sarà sicuramente una delle hit dell’estate, ma incredibilmente non è reggaeton puro. Con la produzione curata da Takagi&Ketra, il brano unisce nuove combinazioni di ritmi e generi musicali sperimentando tra sonorità latine dei quartieri popolari e il mondo urban.
Extasi è fatta per essere ballata, è una canzone leggera e spensierata, è un inno alla libertà di vivere, amare, divertirsi, perdersi e ritrovarsi e stare insieme. Un inno all’estate.
E sentire una hit estiva di FDP non reggaeton e senza Anitta o Ana Mena è scioccante, è quello che non ti aspetti.
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