RIOT è la rivolta di Izi

Riot significa rivolta, sommossa e Izi, citando Martin Luther King, scrive “Una rivolta è in fondo il linguaggio di chi non viene ascoltato“. Questo concetto è il concept del nuovo disco di Izi, che però precisa “il titolo nonché parola chiave del disco non vuole assolutamente incitare alla violenza ma a una rivolta spirituale, un invito ad usare il cervello e i poteri che abbiamo, a migliorare ed evolvere la nostra comunicazione, oltre che il nostro essere. Percepisco un bisogno estremo di risposte, Riot è un urlo di strazio che proviene da anime ancestrali, da chi cerca di comunicare da un’eternità, l’ultima spinta prima di farsi muto per sempre“.



Quindi rivolta e ribellione intese come critica al sistema e agli abusi di potere senza però cadere nella violenza.
Un concetto decisamente interessante e sviluppato in più tracce del disco, che più che un album può essere visto come un vero e proprio concept album. Di fatto Riot è un disco volutamente eterogeneo, una raccolta di tredici tracce, da vedere come una raccolta di pensieri, intuizioni che ad un primo ascolto sembrano non essere vincolate ad un concept specifico, ma che in realtà trovano il loro concept nel titolo. E infatti la parola chiave del disco è proprio RIOT, la rivoluzione con la quale Izi ci presenta la sua esasperazione nei confronti di una società a cui sente di non appartenere, caratterizzata da automatismi logoranti, superficialità e infimo consumismo, da ipocrisia e incongruenze in ogni ambito e circostanza, ma soprattutto mette a nudo il proprio disprezzo nei confronti delle ingiustizie, delle cosiddette “cose più grandi di noi”, quelle che, secondo il pensiero comune, non cambieranno mai.
Senz’altro Diego non vuole stare fermo nel Matrix, al contrario, invita, se stesso e il suo pubblico, a non scappare, a imparare a confrontarsi con la realtà, senza violenza, ma continuando a porsi dubbi e richiedendo spiegazioni, pretendendo rispetto, chiarezza e trasparenza. In RIOT emergono spesso valori umani, anche se mai politicizzati in senso tradizionale, e un occhio puntato contro il sistema.




Ci troviamo davanti a un disco dalle sonorità varie, che spaziano dalla trap, alla dance, alla house, fino a toccare ritmi latini, ma decisamente aggressive. Così come pungenti, forti e aggressive sono per certi versi le sue parole. In RIOT Izi ha voluto inserire diversi featuring: Gue Pequeno, Fabri Fibra, Dargen D’Amico, Gemitaiz, Madman, Elettra Lamborghini, Nayt, Federica Abbate, Vaz Tè, Disme, Maestro, Leon Faun, Guesan, Piccolo G., Dax, Idk e Sav12. Una lista lunghissima di nomi. 16 per 13 tracce. Decisamente troppi. Ok, che i featuring servono per allargare il bacino del proprio pubblico, e ok che tutti questi artisti (o quasi) hanno dato un ottimo contributo, ma più che il disco di Izi, dal punto di vista del numero dei featuring, sembra una compilation di Izi & co.
Questa è sicuramente la nota stonata di RIOT, un numero esagerato di featuring con diverse tracce a tre voci, dove quella di Izi deve necessariamente lasciar spazio alle altre.

Ok, che le rivolte non si fanno da soli e serve sempre il supporto di una squadra o di compagni di viaggio, ma Izi in RIOT ne ha convocati davvero troppi. Nonostante ci troviamo davanti a un ottimo lavoro, sarebbe stato meglio sentire Izi in più tracce da solo.

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