Metal Carter: “sono riuscito a fare la musica che volevo senza nessun tipo di compromesso”

È uscito l’8 aprile Musica per Vincenti, l’ottavo album in studio di Metal Carter ed è un po’ il disco che ti aspetti dal caposcuola indiscusso del filone death-rap, sia per sonorità che per contenuti. Ma rispetto al precedente lavoro, Musica per vincenti è un disco più vario per argomenti, contenuti e stili, ma sempre coerente nella forma a quello che è marchio di fabbrica del Sergente. Molto più cupo degli album precedenti con produzioni basate su loop grezzi, campionamenti con un sapore più classico e un’atmosfera che alterna momenti di tensione, cupezza, doom a beat più chill. Anche le tematiche vanno dalla vita di strada alle visioni ricche di metafore estreme, ma c’è anche una canzone d’amore in stile Metal Carter. Nella traccia “Chiamala Death-Queen”, infatti, il rapper descrive a suo modo la figura ideale della propria “regina della morte”.

È un disco cupo, insomma, ma in perfetto stile Metal Carter. Lui lo definisce il disco della consacrazione assoluta e definitiva e in effetti addetti ai lavori e fan sono assolutamente d’accordo.

Oggettivamente oggigiorno è raro trovare un rapper che resti fedele a se stesso, al suo percorso, al suo stile, a quella che chiamiamo cultura hip hop, che sembra ormai svanita da tempo. È raro anche trovare artisti che non si fanno abbagliare dal successo, che non seguono numeri e classifiche, che non copiano le tendenze del momento e che fanno il loro, andando avanti per la propria strada, a dispetto di tutto e tutti. La coerenza. Una parola che spesso usiamo in modo ironico, ma che nel caso di Metal Carter va usata con la C maiuscola.

È il Sergente di Ferro, ma di ferro è anche la coerenza che ha sempre avuto e ha tutt’ora verso se stesso, verso l’hip hop, la sua musica e il suo pubblico. E il risultato è un altro disco in grado di lasciare l’ennesimo segno e una carriera ventennale priva di compromessi. Perché Metal Carter è davvero riuscito a fare quello che voleva senza compromessi.

Musica per Vincenti ha un suono più cupo rispetto al disco precedente, è come una sorta di ritorno alle origini?

Non proprio, anche se sicuramente all’inizio della mia carriera ero più tendete ad usare beat cupi. Questi beat oltre ad essere scuri, sono unici e veramente ben fatti, ci sono anche due beat dal mood più chill, una novità assoluta per me. Avevo voglia di fare un disco con un sound totalmente cupo e anche se non tutti i beat risultano cosi oscuri, sicuramente il suono globale dell’intero disco risulta tale e questo mi esalta molto.

Tu fai rap da 20 anni e continui a restare fedele a te stesso e all’hip hop, non hai mai pensato a una hit che possa farti fare un salto verso un pubblico più vasto? O è una cosa che non ti interessa?

Non mi interessa un successo da popstar, non mi è mai interessato. Se una hit esce ben venga ma deve essere sempre qualcosa in linea con me e di cui non me ne vergogno. A livello underground sono sempre stato un rapper di successo. Sono sempre andato più che bene direi. Io penso che anche rimanendo fedele a me stesso, senza cambiare niente nel mio rap, posso arrivare ad un pubblico più ampio se vengo spinto bene e se la mia musica si diffonde. Se non succederà adesso succederà tra qualche anno o quando morirò.

Cosa non ti piace della piega che ha preso il rap oggi?

Non mi piace questa voglia di “apparire” a tutti i costi, non mi piace l’assenza di sostanza, non mi piace l’assenza di liricismo, non mi piacciono i messaggi troppo banali e non mi piace questa importanza spropositata che si dà ai soldi, senza avere etica, senza avere un Dio, senza avere nessuna sorta di “morale”. Non mi piace che il rap diventi pop perché così perde tutto il suo senso e valore. Ci sono artisti bravi e originali, ma in generale il rap attuale mi sembra musica molto omologata sia nei suoni che nelle rime.

Cosa ti piace invece del rap di Roma?

Ogni rapper romano tende ad essere originale e tende ad essere hardcore. La scena romana è meno legata a scelte fatte solo per business. Il rap romano rappresenta Roma. Io sono romano. Sono nato e cresciuto a Roma. Amo la mia città. Non ho mai vissuto in altre città in vita mia. Mi sembrano tutti validi motivi per amare il rap romano. Ogni città ha il suo rap e io sono legato al rap della mia città.

Anche in questo disco sembra che le tue influenze derivino dalla tua vita, dal cinema, dalla lettura, ma mai da altri rapper, come riesci a restare unico in un genere musicale dove si cerca spesso di copiare cosa fanno altri rapper?

Mi isolo. Mi disinteresso degli altri. Ho un mio stile e sviluppo quello. Mi concentro su me stesso e sulle mie molteplici influenze. Le mie esperienze di vita e le mie influenze artistiche sono così uniche che per forza di cose esce qualcosa di originale… uniche e variegate aggiungerei. Non voglio neanche sottovalutare la mia capacità di saper filtrare le cose che ho dentro e attorno e trasformarle in rap.

Credi che Musica per Vincenti rappresenti la tua consacrazione definitiva?

Credo proprio di sì. Era ora che arrivasse. Questo album è stato accolto immediatamente con estremo entusiasmo dai fan, ma anche da chi non era fan e dagli addetti ai lavori. In effetti non ci vedo punti deboli e io non sono uno che si accontenta affatto. “Musica Per Vincenti” quindi viene considerato da tutti l’album della consacrazione definitiva e indiscussa.

Com’è il tuo rapporto con classifiche e numeri? Ti interessano o te ne freghi?

Per alcune cose vivo un po’ fuori dal mondo. Penso che la mia musica sia unica e non puoi paragonarmi a nessuno. Ci sono altri rapper hardcore fighi che puoi ascoltare se ti piace la mia robba ma io sono unico. Nessuno in questo tipo di rap estremo è influente quanto me in Italia. Classifiche e numeri non mi sono mai interessati soprattutto in questo periodo storico dove numeri e classifiche a volte sono fake, sono operazioni di marketing, cose comprate o studiate a tavolino. Io sono riuscito a fare song rap esattamente come volevo farle senza nessun tipo di compromesso. Sono molto soddisfatto di me stesso.

Com’è stato lavorare con tanti artisti diversi tra loro e unire anche temi e argomenti diversi?

È stato figo! Ormai non mi risulta difficile, sono pratico di questa “robba”. Sono riuscito ad unire artisti diversi tra loro e argomenti diversi tra loro. Loro vengono un po’ incontro a me e io faccio lo stesso, il segreto è anche questo.

Tu hai portato il death rap in Italia, credi che questo genere possa esplodere e arrivare in vetta alle classifiche?

Non lo escludo. Però non la vedo come una cosa imminente. Sicuramente in futuro questo tipo di rap prenderà più piede. Sicuramente un domani ci sarà un mio erede. Un sacco di rapper mi citeranno come una loro influenza. Queste cose col passare del tempo diventeranno sempre più “culto”, esattamente come è successo con l’album “Sangue” dei Truceboys.

In Chiamala Death-Queen parli di amore, ovviamente a modo tuo, è dedicata a qualcuno in particolare questa canzone?

No. Non è dedicata a una donna in particolare. È stata ispirata da diverse situazioni. La canzone parla soprattutto di come io intendo una relazione. Spiega come io mi comporto con questa lei e come lei dovrebbe comportarsi con me.

Com’è stato fare Verano Zombie pt. 3? Credi che potrebbe esserci un progetto del Truceklan?

È stato una bomba! Non è stato facile fare un sequel degno della parte 1 e 2, ma ci siamo riusciti alla grande. Siamo già a oltre 2 milioni di ascolti per quella canzone su Spotify. Il Truceklan è inattivo da parecchi anni, escludo un nuovo progetto Truceklan pensavo fosse ormai chiaro a tutti… godetevi quelli del crew che sono ancora attivi! Yo!

Lascia un commento