Guè Pequeno: “nel rap sembra che siano tutti ammaestrati”

Mr. Fini, il nuovo disco di Guè Pequeno, è stato anticipato da una lunga polemica iniziata sul Corriere della Sera, proseguita su Rolling Stone Italia e culminata sui social. Al centro della polemica il pensiero di Guè su Ghali.

 

Vediamo un attimo cos’ha detto Guè: “L’Italia è razzista, non c’è quindi da stupirsi dei risultati di Salvini. Non avremo mai un rapper nero al numero 1. Ghali è un fake. Appartiene all’universo fashion: non sarà mai un idolo del mondo di colore“. E poi ancora “Un artista che va in giro vestito da confetto può andare bene per una sfilata ma non ha grande credibilità di strada. Cioè non è Stormzy: il tipo in Inghilterra non va in giro vestito da ananas. Io non sono razzista né omofobo ma vedere un rapper che va in giro vestito da donna con la borsetta mi fa ridere, che poi almeno fosse gay. Boh, sono robe assurde“.

 

Se alla prima dichiarazione Ghali aveva risposto (Che palle, non sarò mai l’idolo del mondo di colore. L’album Dna è platino! Platino… quello vero, non fake), alla seconda ha fatto finta di niente, tanto era impegnato con il suo primo concerto drive-in a Düsseldorf.

 

Ovviamente, oltre alla polemica social, si è aperto un dibattito gigantesco, perché diciamoci la verità, noi blogger e giornalisti con certe notizie ci andiamo a nozze. A quanto pare, però, non esiste una vera e propria libertà di parola, se ad ogni critica o opinione impopolare scaturisce una shitstorm di proporzioni epiche. O forse, come dice Guè, nel rap sembra che siano tutti ammaestrati. Cazzo è vero. Fanno i ribelli sui social, nei testi e poi si comportano come burattini e guai a dire una parola fuori posto e a creare la polemica. Guai a criticare apertamente un collega, perché nel rap game sono tutti amici. Si sa mai che poi ci scappi un featuring…

 

Eppure non è la prima volta che Guè Pequeno critica Ghali, già nel suo libro Guèrriero uscito due anni fa aveva parlato di lui usando testuali parole: sono rimasto Cosimo quando il 90 per cento dei rapper è falso. Si fingono gangster o inventano un’adolescenza difficile ma se finiscono in quegli ambienti prendono schiaffi. Io non mi spaccio per malavitoso, ma ne conosco e mi rispettano. Ghali ha cambiato direzione troppe volte per essere veramente autentico: da gangster a mamma Africa ce ne passa“.

 

Insomma, dopo averlo voluto in Tanta Roba, Guè ha cambiato idea su Ghali, ma i due artisti sono agli antipodi. Guè è sempre rimasto fedele a se stesso, o almeno al suo personaggio e a quanto ha sempre raccontato nelle canzoni dai tempi dei Dogo ad oggi, mentre Ghali ha cambiato bandiera più volte. Uno è rap, l’altro lo è stato e ha virato verso il pop anche se continua ad avvalersi di collaborazioni rap come se tenesse il piede in due scarpe.

Il punto non è però essere rap o pop, ma essere coerente e a quanto pare, almeno secondo Guè, Ghali non è mai stato coerente nel suo percorso.

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