Grazie Marco Tadè perché ci hai insegnato a perdere

È più facile vincere che perdere. E quando perdi è più semplice dare la colpa a qualcun altro, o a qualcos’altro, all’arbitro magari, alle condizioni climatiche, alla pista. Ma non è questo il caso di Marco Tadè, sciatore freestyle di Locarno, che è arrivato 18esimo alle Olimpiadi di Beijing 2022.

Quello che ha colpito tutti è stato il discorso che Marco ha fatto alla tv Svizzera RSI, un vero e proprio inno ai perdenti.

Ha perso, ma con delusione, lucidità e sincerità, ha avuto il coraggio di parlare non solo di questa sconfitta, ma di un’intera carriera fallimentare. La sua.

Sono deluso ma d’altronde questa è un po’ la copertina di una carriera lunga 15 anni piena di delusioni, con qualche lucina qui e là. Una parte della lunga pila di obiettivi non raggiunti. Ho ingoiato tanto schifo in tanti anni di sport, infortuni, delusioni varie, problemi personali. Vediamo che gadget possiamo rubare nei prossimi giorni da portarci a casa”.

Sincerità, amarezza, coraggio. Il video di Marco è diventato virale. Tutti sul web sono pazzi di lui, perché nessun atleta ha mai parlato in questo modo delle proprie sconfitte. Perché ci ha insegnato a perdere. E non possiamo fare altro che dirgli grazie.

Marco ha 26 anni e ha già perso due Olimpiadi. A Sochi non si è qualificato, in Corea sì, ma si è infortunato poche ore dopo aver saputo di essere stato convocato.

Sfortuna, sfiga. Un recupero dall’infortunio troppo lungo, che alla fine è durato fino al 2019.

Poi le Olimpiadi di Beijing e il 18esimo posto. L’ennesima delusione per Marco. L’ennesima sconfitta. Ma è stata proprio la sua sincerità, la sua delusione per una carriera fallimentare che sono entrati nel cuore di tutti. Perché ammettere una sconfitta non è facile e non lo è neanche farlo davanti a tutto il mondo, soprattutto in un momento storico, complici anche i social, nel quale bisogna mostraci felici, fighi, vincenti, e nel quale le debolezze non sembrano essere cool. E invece lo sono. Nella vita si vince e si perde e dire di aver fallito non ci rende degli sfigati, ma dei fighi.

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