Enrico Ruggeri “Mahmood guadagna meno di una babysitter”

Lo scenario di adesso è quello della musica digitale, dove guadagnano solo le case discografiche e non gli artisti. Un artista di vertice, come Mahmood, se gli fai i conti in tasca sugli utili di Spotify, guadagna molto meno di quella che viene a casa a tenermi i bambini“, ha detto Enrico Ruggeri in una recente intervista a The Shooter, il programma di Pop Economy.

La sua ovviamente non è da intendersi come una critica al vincitore di Sanremo, o un attacco personale agli artisti di spicco del momento, ma come una riflessione più ampia sul mercato discografico e sull’industria musicale. Spesso, infatti, erroneamente, si scambia popolarità con ricchezza, sottovalutando i reali introiti dei cantanti. La musica da sola non rende ricchi, ci vuole altro, sponsor, advertising, concerti, o addirittura altre attività parallele. Molti artisti infatti hanno aperto negozi, ristoranti, locali, linee di abbigliamento, gioiellerie, perché la musica da sola non è sufficiente.

A tal proposito Ruggeri ha aggiunto: “L’economia e la musica hanno sempre viaggiato su percorsi assolutamente divergenti. Se arriva un ragazzino dal Sud o dal paesino e che vince il talent, non puoi chiedergli di fare la rivoluzione. Quello a mala pena deve sperare che la radio gli passi il pezzo e di rimanere un po’ lì, mantenere la famiglia, avere il riscatto sociale; se invece hai una solidità economica, puoi permetterti di fare le cose che ti piacciono. Le cose interessanti, le cose innovative e rivoluzionarie, le faranno i ricchi”.

 

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