Dopo aver ascoltato Keta 3 solo il nemico immaginario ha fatto i bagagli
Sai cosa dice di solito a un artista “perché non torni quello di…”? Perché “quello di…” spaccava di più, perché a volte i primi dischi, vuoi per nostalgia dei fan, o per oggettività spaccano più degli ultimi, perché, per usare un’altra frase fatta “si stava meglio quando si stava peggio”. Che poi non c’entra un cazzo questo paragone. Comunque, ascoltando Keta 3 non si può dire che era meglio il vol. 1. Emis, con i tre capitoli di questa saga, ha fatto un’escalation pazzesca. Il 2 è meglio dell’1 e il 3 è un altro livello ancora. Sono passati 12 anni da Keta Music 1 ed Emis Killa non ha perso quella fotta, nè l’amore per il rap, ha solo affinato il suo stile e migliorato la sua scrittura, arrivando così ad alzare l’asticella.
11 tracce in cui alla fine quello che conta è solo il rap, solo rime, punchlines, basi potenti, featuring scelti accuratamente che ti danno quella sensazione di amici che si divertono su un beat. In questo senso, Keta Music vol. 3 segue la strada tracciata dai due lavori precedenti, Keta Music, opera prima di Emis Killa, pubblicato nel 2009, e Keta Music vol. 2, uscito nel 2015. La saga di Keta Music, in cui l’artista mostra da sempre il suo lato più crudo, è stata fin dagli esordi uno dei segnali più forti del cambiamento nel mondo del rap e dell’hip hop nei primi anni ’10, contribuendo a segnare l’inizio di una nuova generazione di rapper.
E una nuova generazione di rapper affianca Emis Killa nel terzo capitolo della saga: J Lord, RollzRois e Not Good.
A fianco degli artisti coinvolti, da Lazza, a Massimo Pericolo, Gemitaiz, Madame, Jake La Furia, Montenero, Mera e Rose Villain, che hanno dato tutti un ottimo contributo al disco, offrendo strofe e barre che già sono cult, troviamo la skit migliore degli ultimi anni. Sto parlando di Tony Effe e dello stupido rapper puzzone citato in Psyco.
Emis Killa, a fronte di un mixtape davvero ben riuscito, crudo, potente e assolutamente rap, ci ha un po’ delusi.
“Stanotte all’1:00 esce Keta 3 e un po’ di gente comincerà a fare i bagagli” scriveva giovedì nelle sue Instagram stories. Dopo aver ascoltato Keta 3 i rapper italiani sono rimasti confusi. Devo fare i bagagli? È per me quella rima sulle collane fake e i denti d’oro? Sono io lo sfigato che si veste da donna? Rime al vetriolo quelle di Emis, che se la prende con gli stereotipi del rapper moderno, e che ci hanno strappato più di un sorriso. Peccato che siamo alle solite. Nessuno ha fatto i bagagli, perché quelle barre e frecciatine sono rivolti, come sempre, a tutti e nessuno. E quindi solo il nemico immaginario si è sentito chiamato in causa.
Le solite rime/accuse/frecciatine/critiche che non hanno un destinatario preciso e la cui interpretazione è lasciata al pubblico, così alla domanda “è riferita a lui?” puoi sempre rispondere “no siamo amici”.
E non perché uno voglia il dissing a tutti i costi, ma perché da uno schietto come Emis Killa, che a poche ore dall’uscita di Keta 3 dice “un po’ di gente farà i bagagli”, non ti aspetti che alla fine a fare sti bagagli sia solo il nemico immaginario.
L’impressione è che i rapper oggi, per quanto siano forti e credibili, non abbiano più le palle, o forse la voglia di fare nomi e cognomi, un dissing o una critica ben piazzata, perché devono fare quelli che sono amici di tutti, perché non si sa mai… Perché poi alla fine con quello stereotipo che hai preso in giro ci collabori.
Ecco, questa mancanza di palle, passami il termine, rende alcune barre di Emis Killa, per quanto fighe, vuote e inutili, perché alla fine è sempre la solita storia, che si ripete da anni.
Per il resto, Keta 3 è uno di quei progetti destinati a restare, quelli che ti ascolti tra 10 anni e non ti vergogni di ciò che sentivi 10 anni prima. Una sorta di classico contemporaneo. Perché il rap fatto bene non può che essere un classico.