MF DOOM: il rapper indipendente che odiava le marchette

MF DOOM lascia un vuoto incolmabile” ho letto più volte in questi due giorni dalla notizia, divulgata il 31 dicembre, della scomparsa del rapper mascherato avvenuta il 31 ottobre. È un po’ quello che si dice sempre quando un artista, un attore, un regista, o uno sportivo muore. O no?
Eh, anche perché, ammettiamolo, in molti hanno sentito il nome di MF DOOM la prima volta due giorni fa e magari lo avrai visto nel video pubblicato da diverse pagine Instagram nel quale Tyler The Creator lo incontrava per la prima volta. MF DOOM, soprannominato il rapper preferito del tuo rapper preferito, era un personaggio estremamente schivo e molto molto particolare. Odiava le major e il music business, viveva prevalentemente in casa, non voleva esibirsi ai Festival, tanto che spesso e volentieri ha mandato un’altra persona a esibirsi al suo posto. Non veniva passato in radio. Non usava i social network. Odiava le interviste e non le faceva, sì e no ne avrà concesse 5 in 30 anni di carriera. Non si faceva portavoce della black culture nelle sue canzoni, anzi, criticava pure loro. In particolare li accusava di non volersi emancipare e di essere totalmente succubi del materialismo.


È stato l’unico artista indipendente al mondo ad aver cambiato la musica rap restando indipendente e fedele fino alla fine alle sue idee. Come quella di non voler prendere la cittadinanza americana. Era londinese di origini ed è rimasto londinese fino alla fine. Odiava le marchette e non ha mai voluto piegarsi alle regole del mercato discografico o delle mode musicali del momento. È andato avanti per la sua strada, facendo la sua musica, con testi e suoni che ancora oggi ti fanno letteralmente cadere dalla sedia. E l’ha fatto da solo.
Schivo e riservato fino alla fine, tanto che, stando a quanto riportato da diversi media americani, è stato lui a chiedere alla moglie, prima di morire, di divulgare la notizia l’ultimo giorno dell’anno.


A fine anni ’80, insieme al fratello minore DJ Subroc, MF DOOM fonda i KMD (Kausin’ Much Damage), e ottiene un contratto con Elekra. Tragicamente il fratello muore in un incidente stradale, Elektra si rifiuta di pubblicare il disco Black Bastards, nel quale MF DOOM critica gli esponenti della black culture e con una copertina che ritrae l’impiccagione di uno schiavo.


Altro che 2020 e #BlackLivesMatter le rime di MF DOOM erano tutt’altro che politicamente corrette.
Si chiude in casa per anni, lavora a nuova musica, senza alcuna etichetta o major e decide di raccontare i segreti del mercato discografico e di sputtanarlo con le sue rime.
Nel ’99 torna il successo con Operation: Doomsday, e torna soltanto grazie alla musica. Non è stata fatta nessuna operazione promozionale e molti addetti ai lavori continuavano a schifarlo.
Lui se ne frega, apre la sua etichetta e pubblica quel Black Bastards che anni prima era stato rifiutato e in tre anni anni (dal 2002 al 2005) pubblica 13 dischi. E nel 2009 il suo ultimo disco.
MF DOOM, che nel frattempo ha cambiato il proprio nome in DOOM, continua a vivere come ha sempre vissuto: lontano dai riflettori. E ha investito sui giovani talenti, come Joey Bada$$.

Se hai visto il video dell’incontro tra lui e Tyler The Creator avrai visto quanto DOOM fosse amato dai suoi colleghi, nonostante abbia scelto di giocare un altro campionato, di restare indipendentemente, forse anche complice la batosta avuta da Elektra dopo la morte del fratello, ma ha dimostrato come si possa fare musica e diventare un’icona senza scendere a compromessi.

Di MF DOOM ci sono pochissime foto senza maschera e ben poco si sa della sua vita privata, sinonimo del fatto che se si vuole si può fare musica facendo solo musica. La sua è stata una scelta, certo, ma che ha portato avanti con coerenza fino alla fine.

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