Capo Plaza è riuscito a superare se stesso e 20 con Plaza?
Immagina di fare triplo disco di platino con il primo disco a soli 20 anni, come ti sentiresti?
Travolto e centrifugato come nel castello di una lavatrice? A camminare 3 metri sopra al cielo come nel libro di Moccia?
Già. Il successo. La pressione. La spensieratezza e il gioco con cui hai scritto il primo disco si strasforma in pressione. Perché sta volta devi fare meglio. Devi superarti, non solo confermarti. Ma tu sei il Giovane Fuoriclasse, sei quel Capo Plaza che tutti i ragazzini ascoltano sognando di diventare come te, certo, ma sei anche Luca.
Quando il tuo percorso artistico inizia in modo graduale è un conto, ma quando il tuo primo disco ottiene un successo come quello che ha ottenuto 20 è figo sì, ma sono anche cazzi. La gente si aspetta di più da te e tu stesso senti di dover superare te stesso con la consapevolezza che ci sarà sempre qualcuno che ti dirà non sei più quello di 20 e tu penserai meno male.
Ecco, credo che Plaza porti con sé questa premessa e che non sia necessariamente il sequel di 20, ma sicuramente un upgrade. Una scommessa in un certo senso, una voglia di raccontarsi come lo aveva fatto ben poche volte e forse l’occasione per “perdere” i fan più affezionati al cazzeggio e per “guadagnarne” altri che finora non avevano capito e apprezzato Capo Plaza.
Sognavo di fare il rapper, ma non volevo i riflettori. Il successo ti fa rinunciare a troppe cose ed io non ero pronto per farlo. L’ho scoperto solo dopo e l’ho pagato da me. Questa strada però segna il tuo destino e io voglio essere il numero 1. Ho sofferto, mi sono chiuso in me stesso, ma ne sono uscito più forte. Ho capito i motivi della mia sofferenza, ho capito cosa non mi piace e cosa voglio essere. Non sono più quel ragazzino che sognava l’America, anche perché ora l’America è nel mio disco.
Il disco sarebbe dovuto uscire ad aprile, se non fosse stato per il virus. Ma sarebbe stato un altro disco. Sono poche le tracce che ho conservato, perché gran parte della musica
che ho fatto fino all’estate era poco ispirata, poco consapevole. Era molto istintiva, ma in quel momento il mio istinto era tutt’altro che creativo. Sarebbe stato troppo simile al
primo. Rinviare il disco è stata forse la scelta migliore della mia carriera.
Da ragazzino sentivo la necessità di uscire fuori da certe situazioni. La musica mi ha permesso di farlo, ma il successo mi ha tolto il respiro. Scrivere questo disco è stata una nuova boccata d’aria. Un anno fa ho iniziato a scrivere questo disco per mettere a tacere gli altri, ma alla fine è diventata sempre più una terapia per me stesso. Per mesi non ho parlato con nessuno, ma ho pensato tanto. Dovevo parlare con qualcuno e con questo disco credo di averlo fatto con tutti voi. In questo disco sentirete parole vere.
Scrive Capo Plaza nella rivista che accompagna Plaza.
Ma Luca, Capo Plaza, ha superato la sfida? Ha superato se stesso e 20? Dal punto di vista puramente numerico, i numeri appunto ce lo diranno, per il resto Plaza è un disco decisamente più maturo. Luca ha solo 22 anni, eppure ne sembrano passati almeno 5 da 20. Abbandonato l’ego trip fine a se stesso e la spocchia accompagnata dalla voglia di spaccare, in Plaza troviamo meno Plaza e più Luca, con la sua vita, le sue speranze, i sogni, le paure, il successo da gestire e il cambiamento che inevitabilmente ha coinvolto in questi anni tutto ciò che lo circonda.
Si sente la paura di sbagliare, di deludere, le luci e le ombre del successo che ha avuto in modo così repentino e il fregarsene delle critiche.
16 tracce, se vogliamo tante oggigiorno e se vogliamo anche tante da ascoltare di fila e in una volta sola, dove in media un disco arriva a 13, che ci portano nel mondo di Luca, con il suo stile, la sua attitudine e il suo talento. Capo Plaza dimostra di avere una tecnica assolutamente non comune a chi oggi fa trap, un saper usare l’autotune meglio di chiunque altro e di poter dire qualcosa che non sia solo gang, bitch, ice, anche se si fa trap. Solo che, tolte alcune tracce veramente fighe, le altre sembrano tutte uguali, noiose e monotone, tanto che senti il bisogno di mettere in pausa e prenderti una pausa.
Dal punto di vista sonoro, si nota un lavoro decisamente più curato e minuzioso rispetto a 20, una ricerca che va oltre e un’affinità tra Ava e Capo Plaza decisamente superiore, come se fossero diventati un tutt’uno.
In Plaza troviamo tracce che letteralmente spaccano, già Track 1 che dà il via al disco è una di queste, tracce perfette per essere suonate nei club, tracce decisamente più introspettive senza però cadere nel melenso e un Capo Plaza in ottima forma, capace di dividere perfettamente la traccia con ognuno dei suoi ospiti e di destreggiarsi tra trap, rap, drill e ritornelli.
A proposito dei featuring, devo dire che da Gunna mi aspettavo di più e che in Demonio, la traccia che apprezzo meno del disco, si sente proprio il divario tra lo stile di Capo Plaza e quello di Sfera Ebbasta che hanno dato vita al brano peggiore del disco.
Credo che se 20 era il disco del fenomeno del momento, Plaza sia il disco della conferma, non solo della maturità e dell’unione tra i suoni di 20 e le parole di oggi. Ecco, perché prima arrivavano prima i suoni e certi ritornelli, ora ti arrivano di più uno stile decisamente più marcato e ricercato seppur genuino e le parole. La pecca però è che a lungo andare il disco risulta noioso all’ascolto, e sembra una trap, sempre ben fatta, vecchia di tre anni e non fresca.
Se dovessi definire Plaza in quattro parole, direi: STILE, ATTITUDINE, TALENTO E PERSONA.
Se ti devo dire se Capo Plaza ha superato se stesso e 20 con Plaza, ti dico nì. Da una parte si vede l’upgrade, dall’altra ci sono ben poche hit e pochi brani che spiccano.