Ranch di Salmo – la recensione di Rebel

Con Playlist, Salmo era arrivato all’apice del successo, a quel punto con il disco successivo avrebbe dovuto superare se stesso. Ma credo che, quando sei così in alto, quando tutto ti sta andando così bene e anche da diverso tempo, forse, ti senti come una sorta di Dio, infallibile. Per diversi anni è stato il momento di Salmo. Poi non lo è stato più. Lui probabilmente lo sapeva che non avrebbe potuto eguagliare e superare Playlist, così pubblica Flop, lo dice già nel titolo, in quel modo ironico che da sempre lo contraddistingue, ma forse un po’ se lo sentiva che quello non sarebbe stato il disco che avrebbe superato Playlist.

Per fortuna, con Cvlt con Noyz ha riscoperto quel suo lato cupo e crudo, un po’ horror, un po’ cattivo, sicuramente rap e soprattutto un disco culto, un disco degli anni. Poi è arrivato il tour, e infine il silenzio. Ci siamo chiesti che fine ha fatto Salmo? E poco dopo è arrivato l’annuncio. Esce Ranch. 

Ranch è a mani basse uno dei progetti più belli della discografia di Salmo. È un po’ come se lo avessimo lasciato con Hellvisback e lo avessimo ritrovato ora con Ranch. Questo disco è vero, crudo, maturo, con degli storytelling incredibili, penso a Crudele, Mauri, Sangue Amaro, che sono tracce pazzesche, da brividi, e al tempo stesso intime. 

Salmo lo aveva detto che Ranch sarebbe stato un disco molto personale e che è nato da un’esigenza di fare musica, come se la musica gli avesse chiesto di fare questo disco. E in realtà, lì per lì, ho pensato “sì vabbè lo dicono tutti che il loro nuovo disco è il migliore della loro carriera, ma poi di quanti possiamo dire che è vero?” Ecco, in questo caso lo possiamo dire. Salmo ha mantenuto la parola. 

Lui ha sempre avuto un approccio unico alla musica, un modo di raccontare e fare rap come nessun altro e qui posso dire che si è elevato notevolmente. C’è dentro tutto il suo mondo, le sue influenze musicali e quei racconti che lo rendono unico. C’è un solo featuring, Kaos, ed è perfetto. Non ci sono tracce per TikTok, ed è perfetto. Non c’è la mega hit, ed è perfetto. Ci sono contenuti, tanti contenuti, che non rientrano nei soliti cliché, e anche questo è perfetto. E poi ci sono tutte le sue anime da quella rap-hardcore a quella cantautorale fino a quella elettronica-impazzita.

Ranch ti fa entrare nel mondo di Salmo, nel suo vissuto, nei suoi pensieri, ma anche nel suo mondo musicale. Ascoltandolo penso “questo è proprio lui”. 

È un disco che ti fa ballare, con quelle tracce mega crazy come Beatcoin e Bounce!, ma che ti fa anche gasare, sorridere, incazzare, emozionare e riflettere. E dire dell’ultima traccia? Titoli di coda? I ringraziamenti e poi l’incontro con Mr Thunder che ha dato vita a uno show unico.

Si parla spesso di dischi intimi, o meglio, ci sono rapper che dicono “questo è il mio disco più intimo” e poi in 16 tracce ci trovi 14 featuring, ma cazzo più che intimità quello è un party di Diddy. Ranch, al contrario, è davvero un disco intimo. 

Salmo ha scelto solo un featuring, Kaos, che poi ha raccontato essere stato il motivo scatenante della sua passione per il rap. Ha visto Kaos da ragazzino urlare al microfono e sputare rime e ha detto voglio farlo anche io. E lo ha fatto. E decenni dopo lo ha chiamato in Ranch, un album di cui avevamo bisogno. Per diversi motivi: un po’ perché abbiamo bisogno di dischi che raccontino qualcosa, ma che ci facciano anche muovere la testa, di artisti che siano artisti, che abbiano una propria visione, un proprio suono, uno stile unico e Salmo lo ha sempre avuto e infine perché finalmente non ci ritroviamo ad ascoltare la solita compilation con 10 ospiti e quella musica che nei commenti su Instagram viene definita di plastica.

Forse Salmo aveva bisogno di lasciare Milano, di isolarsi, concentrarsi su altro per poi tornare a fare musica come all’inizio della sua carriera, come quando la fai per passione e necessità, non per i numeri e le classifiche, ma per te e per chi la capisce. 

Ecco, per me Ranch è proprio il frutto di questo.

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