Tutti fenomeni, ma di Fenomeno ce n’è uno solo

Andare contro qualcosa che smuove gli animi oggi fa figo, o meglio fa fare due click in più. Seguire la scia, scrivere cose già dette e ridette senza argomentarle, senza dare una giusta informazione é come dire che Rockstar di Sfera Ebbasta è il disco più venduto del 2018, ma va? Lo sapevamo già tutti. Perché dico questo? Perché l’articolo scritto dal mio ex collega Diego per Hano su Sto Magazine é l’apoteosi del nulla. Concetti triti e ritriti da mesi su più fronti, come voler essere alternativi solo perché fa figo esserlo. È il solito teatrino delle parti, il circo del rap, di chi prende di qua e di là e condisce il tutto come un’insalata di riso, buona, fresca in estate e pronta in pochi minuti. Dikele ti sta sul cazzo? Ti dà fastidio la popolarità che ha acquisito basata sugli accordi e sui soldi di Sto? Pensi che non sia capace di fare il suo lavoro? Vorresti essere al suo posto? Scrivi questo allora, sii onesto, non scrivere un miscuglio di parole tanto per senza argomentazione alcuna, senza dire più di quello che é stato già detto e stra detto.

Sono tutti fenomeni secondo Sto Magazine, ma di Fenomeno ce n’è uno solo e non mi riferisco a Fabri Fibra, ma al cash. È quello che comanda tutto. Si cerca e si parla tanto di credibilità e autorevolezza, brand di streetwear creano blog sui loro siti per spingere il loro marchio attraverso le marchette con vari artisti rap e non e parlano di autorevolezza. Ma cos’è l’autorevolezza? Si compra? Può esserci autorevolezza se scrivo di un artista che indossa il mio brand? No. Può esserci imparzialità? No, perché di quello che indossa un mio diretto competor non scriverò mai, e perché dovrei? Non mi fa comodo farlo. Sto Magazine è tanto diverso da questo ragionamento? No. È una realtà che fa capo a Ghali, che si finanzia con i soldi di Ghali e che ha ricevuto 60mila euro di finanziamenti pubblici. Cosa puoi comprare con quei soldi e con gli accordi tra major? Tutto, artisti compresi. Sto Magazine chiude, tutti gongolano, poi magicamente riapre e, figura di merda a parte, lo fa con un nuovo format firmato Lavazza. È chiaro no?

In un contesto di questo tipo puoi permetterti di scrivere o dire che un artista ha fatto un disco di merda? Ovviamente no. Condirai il tutto facendolo sembrare l’artista migliore di tutti i rempi, per poi passare al prossimo e andare avanti così all’infinito. E gli emergenti? Semplice, quelli pagano. E il format con Lavazza? C’è un brand che finanzia il tutto, forse più che abbiamo convinto, sarebbe più onesto scrivere abbiamo pagato. Il pubblico non é scemo, ha già capito. A cosa serve oggi andare contro a Sto Magazine? È come andare contro a Salvini, è un cliché che ti fa guadagnare due click e una manciata di finta credibilità basata sulle opinioni e le argomentazioni che girano in rete da mesi e mesi.

L’autorevolezza non si compra né con i soldi, né con le marchette. L’autorevolezza si guadagna con il lavoro, così come il rispetto del pubblico e dei propri lettori. Quando Antonio Dikele Distefano intervista Antonio Dikele Distefano ridiamo tutti, ma la guerra non è contro Sto Magazine, è contro chi dovrebbe informare in modo corretto e imparziale e non lo fa e come lui tutte le pseudo riviste di rap e non che sono immanicate, è contro chi vuole fare l’alternativo e il controcorrente e non è in grado di farlo, è contro chi continua a spacciare la merda per cioccolato, è contro chi censura l’opinione personale, è contro chi durante le interviste chiede all’artista in questione cosa pensi di Young Signorino o chi per esso.

Dovremmo essere un veicolo di informazione, invece copiamo e incolliamo news e comunicati stampa, ci facciamo la guerra a vicenda, ci dissiamo a vicenda, manco fossimo rapper in cerca di visibilità spicciola, saliamo sul carro delle polemiche quando ci fa comodo salire, quando sappiamo che possiamo guadagnare quei due click in più, ma quando un rapper attacca la stampa di settore stiamo tutti muti, ma tutti pronti a battere la notizia quando scazza con gli Arcade Boyz.

Applausi.

 

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