Per avere successo bisogna essere scarsi?

Esiste ancora chi fa musica per il solo piacere di farla? Sì, ma raramente è famoso. Nel momento in cui entri nel mercato discografico sei preso in un vortice, vieni letteralmente centrifugato e ne esci Shade che canta canzoni da teenager, Fred De Palma re del baccaglio, Jake La Furia Mr reggaeton e Gué Pequeno che a 40 anni canta fiero di portarsi il trap phone a scuola. Ma ce la fate? Chi non si piega a certi giochi di mercato ne esce Ensi che resta fedele a se stesso, ma che finisce sesto in classifica Fimi solo grazie alla spinta di un magazine nato su Instagram. Questi ovviamente sono solo esempi limite, e fatti con artisti veramente dotati, capaci e talentuosi. L’anno scorso c’è stato l’exploit di Young Signorino, la sua Mhhh ha ha ha era davvero figa, una genialata, ne hanno parlato tutti, è stato ospite pure da Chiambretti, poi si è messo a dire qualcosa nelle canzoni e i riflettori su di lui si sono spenti. Cosa serve oggi per avere successo? Assodato che talento, capacità artistiche e successo viaggino su binari opposti, oggi bisogna essere scarsi. Devi dire quattro parole in croce, possibilmente senza senso, magari anche in modo stonato, ma l’importante è che tu sia un personaggio. Se sei un personaggio, se mostri soldi e Rolex su Instagram automaticamente ti si aprono le porte del successo. Chissenefrega se poi è effimero e dura una stagione, intanto ti porti un po’ di soldi a casa e riempi le tasche delle case discografiche. Parliamoci chiaro, BHMG ha fatto un colpo grosso prendendosi la Lamborghini, fa fare più soldi lei di un rapper emergente che sa rappare, scrivere, chiude le rime e udite udite va pure a tempo. È finita l’apoca della gavetta, dei contest, delle gare di freestyle, delle jam, ci si gioca tutto a suon di immagine e followers.

Per avere successo bisogna essere scarsi, crearsi un’immagine forte e soprattutto essere incoscienti. Cazzo ha ragione Drefgold a dire che i testi oggi non sono più importanti, ci ha visto lungo. Chi se lo caga il testo impegnato o conscious? Meglio sentire qualche ehi, ye e vedere due treccine colorate, minimo sforzo massima resa e il gioco è fatto. Tanto esce talmente tanta musica, talmente tanti dischi che potrebbero tranquillamente non uscire, che dopo una settimana ci siamo già dimenticati di quello che è uscito la settimana prima, perché uno dovrebbe sforzarsi a fare musica? Se sei figo e scarso spacchi, se no non vai da nessuna parte, resti in quella via di mezzo con tutti i grandi nomi come Egreen, Ensi, i Cor Veleno, i Colle Der Fomento, e via dicendo che hanno fatto la storia del rap italiano ma non avranno mai i numeri di un Capo Plaza o di un Tony Effe. Allora chi te lo fa fare? Tanto se ti va bene duri una stagione, entri in classifica Fimi perché sei la novità e ne esci la settimana successiva.

Se poi rientri nella stretta cerchia degli artisti cagati dai magazine di settore puoi avere anche una spinta in più, se no ti tocca pagare per un post o una storia con un link che nessuno cliccherà. L’unica magra consolazione è il web dà e toglie con una frequenza ciclica e spesso veloce.

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