Back in the days: Penisola che non c’è, Fedez

Il 12 marzo del 2011 Fedez pubblica Penisola che non c’è, il suo primo album in studio uscito per Badaboom Edizioni. Un disco completamente autoprodotto, per il quale Fedez ha speso all’incirca 200€, il classico disco del O LA VA O LA SPACCA. Fedez aveva 22 anni e in quel momento Penisola che non c’è rappresentava per lui una sorta di bivio: o ce l’avrebbe fatta a svoltare con il rap grazie a questo disco, oppure avrebbe dovuto accantonare la musica e trovarsi un lavoro vero.
Com’è andata lo sappiamo tutti, ma lui all’epoca non lo sapeva.
Si è presentato con 13 brani e neanche un featuring, una cosa assurda per i nostri tempi, ma che ha funzionato.

 

 

 

 

Facciamo un salto indietro, siamo nel 2011, il nome di Fedez gira già da un po’, soprattutto su YouTube. Scrive un pezzo, lo registra, gira il videoclip, il tutto in modo amatoriale, e poi lo pubblica su YouTube. I numeri iniziano a salire, si trova con 100.000 visualizzazioni e diventa una sorta di star sul tubo. La gente inizia a chiedersi chi è questo Fedez? In quel periodo il nome di punta era Emis Killa, ma il più chiacchierato era Fedez. In fondo aveva 20 anni, era di bell’aspetto, tatuato, utilizzava rime pungenti, ironiche, dissacranti, critiche verso la società e la politica e questo faceva parlare. Ma non solo, Fedez aveva capito, per culo, caso o ingegno, che YouTube era uno strumento utile per dire la propria e farsi notare, un po’ la versione datata di Instagram o Tik Tok del 2020, per questo, nel momento in cui un ventenne qualunque, com’era lui all’epoca, inizia a fare numeri su YouTube, inevitabilmente la gente inizia ad accorgersi di lui e con Penisola che non c’è i riflettori hanno iniziato ad accendersi. Il disco, uscito prima in freedownload e poi in formato fisico, ha ottenuto gli stessi download del Mixtape Kush & Orange Juice di Wiz Khalifa uscito ad aprile 2010, mica male per un emergente.

 

 

 

 

Da dove arriva il titolo Penisola che non c’è? La sua ragazza di quel periodo era una fan accanita di Enrico Ruggeri e ogni tanto cercava di farglielo ascoltare, un giorno gli fece sentire “Peter Pan” e Fedez decise di intitolare il suo primo disco Penisola che non c’è, proprio come quella di Peter Pan.
Il disco si apre alla grande con una rima pungente che mette ben in chiaro quello che verrà dopo “I giornalisti quarto potere, si fanno tutti delle gran pere, fanno finta di non sapere il servilismo verso il potere“. Siamo entrati nella Penisola che non c’è ed è subito chiaro l’andazzo: ci troviamo ad ascoltare un album street dal forte contenuto sociale e politico.

 

Se pensi di ascoltare un disco alla Controcultura di Fabri Fibra o alla Che bello essere noi dei Club Dogo, hai sbagliato tutto. Non c’è autocelebrazione, non c’è io sono meglio di te, non ci sono la panchina al parco, la strada il quartiere, e neanche il club da spaccare, c’è l’attualità, la società, la politica. Ci sono il bianco e il nero, i ricchi e i poveri, i riflettori, i buoni e i cattivi, c’è la critica sociale di un ragazzo di 22 anni incazzato, ma estremamente lucido, che non riesce a stare zitto e sputa tutto quello che pensa nelle rime. C’è il manifesto di una generazione stanca di tutto e di tutti, che si accanisce contro una società e un governo sordo alle sue esigenze e la satira politica che può essere definita il leit motiv di tutto il disco. E poi c’è la cinica ironia di Tutto il contrario e la parte più motivazionale, ma al tempo stesso dissacrante di Ti vorrei dire.

 

 

 

 

Penisola che non c’è sembra un disco uscito di getto, come se le parole e i pensieri non potessero fare a meno di essere buttati fuori, dove apparentemente manca uno studio, un piano sul cosa dire e cosa no, ma in fondo Fedez era solo un artista emergente e indipendente perché avrebbe dovuto autocensurarsi? Col senno di poi, e riascoltando questo disco, viene fuori l’anima ribelle di Fedez, quel suo non saper stare zitto, non saper mediare i discorsi, lo sputare il suo pensiero noncurante delle possibili conseguenze, una sorta di spirito libero che denuncia e critica quelle che ritiene essere ingiustizie o situazioni poco limpide. Un atteggiamento che abbiamo conosciuto con Penisola che non c’è e che Fedez ha portato avanti in parte del suo percorso artistico e che spesso e volentieri anche in tv o sui giornali lo ha visto protagonista di liti, querele e polemiche.

 

Analizzando il disco in modo critico, possiamo dire che dal punto di vista delle strumentali manca un elemento forte e distintivo che ti faccia dire wow e saltare dalla sedia, sembra un po’ piatto, a tratti statico, ma essendo il primo disco e per giunta autoprodotto, va benissimo così.
Dal punto di vista dei testi siamo davanti a un ragazzo che critica e denuncia in modo netto e chiaro e che dice all’ascoltatore “apri gli occhi perché non è tutto oro quello che luccica, ti stanno spacciando la merda per cioccolato e stai dicendo che è buona“.
Dal punto di vista dello stile, invece, Fedez era sicuramente acerbo, ma il talento e l’attitudine erano assolutamente palpabili e ben distinti, inoltre aveva già in sé l’attitudine al ritornello, come in Ti vorrei dire. Il suo stile era come una ventata d’aria fresca: finalmente qualcuno che non parlava di strada, amori perduti o discoteca e che sbatteva la verità in faccia all’ascoltatore, facendo in modo che si ponesse delle domande.

 

 

Ma facciamo ancora un passo indietro, torniamo al 2011. Cosa scrivevano i magazine di musica di Penisola che non c’è? Ha dei margini di miglioramento spaventosi e, probabilmente, in futuro ce lo ritroveremo su major a fianco di Fabri Fibra e Club Dogo. Ora, però, è solo l’ennesimo rapper italiano con un linguaggio piatto e dei brani dallo spessore minimo, che piace agli adolescenti perché racconta storie comprensibili e poco impegnative. Non manca nulla: rime banali, beat plasticosi, ritornelli prevedibili, flow ovvio“. E ancora:
Se siete di idee politiche mancino-antiberlusconiane ve lo consiglio caldamente, così come vi consiglio di segnarvi il nome di Fedez; sono convinto che si farà notare sempre di più. A tal proposito il ragazzo sta portando avanti una campagna, come molti altri artisti in questo periodo, contro il nucleare. Grazie a “Vota Si Per Dire No” con ironia e un filo di cinismo, il giovane ci invita a fare la cosa giusta. Una bella iniziativa a mio avviso“.

 

Insomma è stato un disco che ha ricevuto alcune critiche, ma che sicuramente non è passato inosservato e ha fatto parecchio parlare. Basti pensare che subito dopo Fedez ha firmato con Tanto Roba e ha lavorato a Il mio primo disco da venduto, uscito a fine novembre dello stesso anno. Se Penisola che non c’è era per Fedez il disco del O LA VA O LA SPACCA, possiamo dire che l’ha spaccata.

 

 

Recentemente anche gli Arcade Boyz hanno fatto una reaction a Penisola che non c’è, nella quale Fedez è intervenuto regalando alcuni pensieri e aneddoti.

 

 

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