Come si entra a far parte di una major?

Ultimamente ho notato che molti artisti, emergenti e non, conosciuti e meno conosciuti, stanno firmando con diverse major. Penso a Elfo, Egreen, Yem e a molti altri. E mi sono chiesta come vengono scelti dalle major? Come si entra a far parte di Universal, Sony o Warner? Quali sono i passaggi e le skills che un artista deve avere?

 

Così ho deciso di porre alcune domande a chi questo ruolo lo ricopre professionalmente. Mi sono rivolta a Cristiano Magaletti, Consulente discografico esterno per tutte le major, che si occupa, oltre al ruolo di avvocato e manager di alcuni artisti tra cui Fabio Rovazzi, di proporre artisti, di cui gestisce il management o assistenza per la trattativa, alle etichette discografiche.

 

 

Come vengono individuati i nuovi talenti da inserire all’interno di una major?

 

La situazione è decisamente cambiata rispetto ad alcuni anni fa; in Italia fino a qualche anno addietroa c’erano i soliti discografici, magari di età avanzata, che si rifiutavano di affacciarsi alle esigenze del mercato.

Universal è stata la prima major a farlo accedendo alla trap, ed a ruota è stata seguita da tutte le altre.

Le major ora hanno il loro piccolo settore di scouting, ma tutte, oramai, stringono direttamente contratti o rapporti con label o piccole realtà esterne, che a loro volta servono sul piatto i nuovi talenti.

Personalmente ho vissuto l’esperienza con la label di cui facevo parte: che ha fornito Tedua a Sony, la Dark Polo Gang e Fabio Rovazzi a Virgin e tanti altri.

Ho seguito anche l’accordo della label legata ad Achille Lauro (No Face) con Sony e ne sto seguendo tante altre.

Ne sono nate tantissime di realtà, fornite di veri e propri data base: sono loro stessi a fare scouting ed a fornire alle major emergenti di qualità.

Ovvio è che le major, a loro volta, fanno una loro selezione di label, prima di chiudere accordi ed investire danaro.

 

 

I numeri sui social sono fondamentali?

 

I social aiutano ma l’artista musicale non deve – a mio avviso – abusarne, perché rischia di diventare un influencer e di svilire la propria immagine (oltre che essere noioso).

Questa domanda la lego ad una considerazione.

Coi social, viene praticamente riprodotta la vita dell’artista e questo sta facendo perdere l’interesse alla visione del suo videoclip. Il fan, che vede quotidianamente, più volte al giorno, il proprio artista, non ha più la smania di vederlo in un videoclip perché ha perso il fascino della novità.

Quindi, l’artista deve avere un suo dignitoso profilo, ma deve saperlo usare in modo professionale, senza abusarne.

 

 

Quanto conta la bravura e quanto l’immagine? Una cosa può escludere l’altra?

 

Le pongo al 60/40% per il successo di un artista: 60% per talento.

Oramai molti artisti legano la visibilità anche agli aspetti commerciali (ai brand, alle ospitate), che garantiscono loro un’alta profilazione.

I brand, però, intrattengono rapporti commerciali con artisti che hanno conservato una buona immagine. E’ fondamentale la tutela dell’immagine dell’artista, perché basta uno scivolone mediatico per annullare una carriera e per regalarsi il discredito popolare.

 

 

Un artista emergente, magari di un paesino sconosciuto dell’Italia, cosa dovrebbe fare per essere notato da voi?

 

Un featuring con un artista italiano: è la strada più veloce.

 

 

Inserire un nuovo artista immagino sia come una scommessa alle corse dei cavalli, come si ha la certezza di puntare su un cavallo vincente?

 

Si punta sulla specialità. Quotidianamente, emergono artisti che, sin dal primo ascolto, risultano simili alla massa. Soprattutto nel mondo trap, l’uso delle solite parole nei testi, la “vista e rivista” ostentazione del lusso e le gratuite volgarità rendono un artista non vincente.

La specialità nei contenuti, nella voce, nella presenza, nella storia personale da raccontare sono i temi vincenti che rendono vincente un progetto.

 

 

Non credo che tutti portino in termini di numeri e vendite i risultati sperati o attesi, come vi comportate in quel caso?

 

Usando un termine ludico, “si chiede aiuto da casa”.

Lo si affianca a compositori di livello, lo si circonda di autori per migliorare i contenuti dei testi o ad un vocal coach (in casi estremi).

Talvolta, anche lì, l’aiuto di artisti di livello superiore tramite il featuring è sempre la più veloce strada, ma non sempre paga. Questo è un altro tema: molte volte gli artisti emergenti hanno la convinzione che un duetto, un featuring – anche chiuso a titolo oneroso, cioè pagando – possa cambiagli la vita.

Non è così: se manca il talento, la continuità ed un team di supporto, non c’è santo che possa salvare un artista dall’immediato fallimento.

 

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