Cos’è successo tra Marracash e il giornalista Paolo Madeddu?

Paolo Madeddu sul suo blog A Margine analizza da diverso tempo l’andamento delle classifiche Fimi e di come siano cambiate con l’avvento del conteggio degli streaming.

 

Che gli streaming siano in qualche modo monitorati e gestiti a proprio piacimento da chi ha in mano l’editoria e la promozione di piattaforme come Spotify Italia è un dato di fatto. Che questa sorta di manipolazione vada poi ad incidere in modo pesante e decisivo in classifica Fimi e nelle varie certificazioni anche. L’impressione è che Spotify Italia dia maggior peso e rilevanza a un genere musicale preciso: il rap.

 

Paolo Madeddu analizza l’andamento della classifica Fimi e non può fare a meno di notare come i brani tratti da alcuni album, prevalentemente per non dire esclusivamente rap, occupino spesso e volentieri la top ten dei singoli più ascoltati della settimana. Recentemente è successo a Persona di Marracash superato a sua volta da 23 6451 di tha Supreme. È normale? Assolutamente no. Ecco cosa scrive Paolo Madeddu:

 

L’invasione quasi completa della top ten dei singoli era stata messa in atto da Sfera Ebbasta (nove posizioni su dieci nel gennaio 2018) e da Salmo (stessa performance, novembre 2018). Poi, ha piazzato sette brani in top ten Gué Pequeno(che tra l’altro ha il filotto più lungo, dal n.1 al n.6, anche se con fior di featuring). E quest’anno l’allagamento si è verificato solo con le joint-venture (Machete Mixtape e Mattoni di Night Skinny e tanti frà). Il che ci conferma un po’ di cose che già sapevamo (…ma nella vita è sempre bello, non è vero?). In primo luogo, che di big in grado di fare un album che tanta gente vuole ascoltare, non ce n’è così tanti. Oh, magari di certi album si parla tantissimo – ma magari senza sentirli. In secondo luogo, ci viene confermato che lo streaming premia soprattutto i rappusi (purché ITALIANI). Sono forse riusciti in queste imprese altri idoli dei giovani? Ultimo? No. Irama? No. Benji & Fede? No. Oppure. Coraggio, ditemi qualche big. Chi? No, no. Se volete, potete verificare: giusto i Maneskin hanno avuto 4 pezzi tra i primi dieci, toh. Ma per il resto, si direbbe che gli utenti di Spotify e Applemusic e gli altri siano sbilanciati (o aiutati a sbilanciarsi) verso l’hip-hop. E sarà interessante vedere cosa succederà se e quando YouTube entrerà nei conteggi, perché il sospetto è che i compagni Benji & Fede e il compagno pop sarebbero vendicati”. 

 

Paolo Madeddu, interpellato da Rockit, spiega che questi exploit sono pochi e poi scende nel dettaglio:

 

Stupisce che ad altre star non riescano: dipende dal loro pubblico o dal fatto che le piattaforme non sono plasmate su di loro?

Ma il rap è il genere dominante anche in Francia, eppure lì nemmeno Booba e Maitre Gims hanno ottenuto questi risultati. Nel Regno Unito il colpo lo ha fatto il pop, il che ribadisce la debolezza del rap sull’isola e la frustrazione britannica nel ritrovarsi fuori da questo mercato mondiale. Se osserviamo solo l’Italia, come nome extra-rap solo i Maneskin si sono avvicinati a questo tipo di risultato. E allora viene qualche dubbio. Perché nel Paese il rap sta picchiando duro, ma chi lo vuole governare non può farlo senza il pop, giovane o adulto che sia. Eppure, per le piattaforme quasi non esiste.

Ci sono artisti sopra i 35 anni con un grosso seguito che sembrano surclassati da giovani rapper con manager che sanno come e dove colpire.

La famosa piattaforma verde, so per esperienza diretta che nel primo caso mi trovo in un negozio con un venditore che mi punta e cerca di rifilarmi i dischi che vuole lui – come nell’antichità. Nel secondo caso il venditore mi insegue per tutto il negozio e non mi lascia uscire finché non ho ceduto, comprando quello che voleva. E che non mi vengano a parlare di algoritmo, perché c’è un limite alle fesserie che un giornalista può fare proprie“.

 

Il ragionamento di Paolo Madeddu non fa una piega. È vero che il rap è il genere più ascoltato in Italia, soprattutto da un pubblico giovane che streamma piuttosto che comprare dischi fisici. Ma è altrettanto vero che in Italia ci sono artisti che riempiono stadi e che non hanno 10 singoli in top ten. Vedi Vasco, vedi Jovanotti, vedi Ligabue. È quindi possibile che le piattaforme di streaming agevolino determinati artisti rispetto ad altri?

 

Veniamo alla polemica che ha visto protagonisti Paolo Madeddu e Marracash. Il giornalista ha twittato il suo ultimo articolo pubblicato su Rolling Stone Italia, nel quale analizzava l’exploit dei singoli in top ten Fimi di Persona e 23 6451.

 

 

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Marracash si sente in dovere di difendere il rap. E retwitta “Paolo datti pace è così un problema che sia il momento del rap?” Assolutamente non credo sia un problema per nessuno, il problema è permettere una manipolazione costante da parte di una piattaforma di streaming leader nel mercato italiano.

 

 

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Ovviamente qui non si tratta di per chi fai il tifo, o dei successi del tuo rapper preferito: qui si tratta di accordi presi tra major e l’editore di Spotify Italia che spinge volutamente determinati artisti a discapito di altri e il rap più del pop. Poi, da ascoltatori di rap siamo tutti felici di vedere i suoi esponenti dominare le classifiche, ma queste classifiche quanto sono reali? E quanto manipolate? Per anni abbiamo accusato il monopolio della radio, ma ora, visto che le piattaforme di streaming ci favoriscono, stiamo tutti zitti? L’impressione è alcuni artisti siano diventati parte di un sistema che prima condannavano.

 

La polemica tra Paolo Madeddu e Marracash si conclude però con toni alquanto squallidi. Il giornalista dà del bullo al rapper di Barona e lo invita a pensare a Cesare Cremonini. Proprio Cremonini no dai……

 

 

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