Wired: quando vuoi spigare la trap ma non conosci neanche il rap
Leggo questo articolo scritto su Wired dal titolo ‘Manuale minimo per capire la trap’ e mi rendo conto che chi l’ha scritto non conosce neanche il rap.
“Avete mai sentito parlare di Sfera Ebbasta? E di Achille Lauro? Che cosa sapete di Young Signorino? Di cosa parla la serie tv sulla Dark Polo Gang? Se a queste domande non siete già passati altrove, forse un breve recap su cosa sia la trap e come abbia ormai invaso il mondo della musica potrebbe tornarvi utile. È un genere che oggi in Italia sta spopolando, con migliaia di visualizzazioni su YouTube, ed è nato dal basso, fuori da quella che negli ultimi dieci anni è sembrata essere l’unica via per sfornare talenti, la dialettica tra i talent e la discografia. Piaccia o meno, la trap è un fenomeno di rottura, di novità. Come è stato il punk? C’è chi la pensa così, ma intanto leggetevi questo Manuale minimo per capire la trap“.
Intanto se proprio dobbiamo parlare di trap, citare Achille Lauro che non fa trap e Young Signorino che è un fenomeno del web mi sembra inutile. Sono ben altri gli artisti trap, come per esempio Capo Plaza, Drefgold, Tedua, Rkomi, Laioung, Oro Bianco, Dani Faiv, Giaime, Og Eastbull, Danien & Theo, ecc. Poi è vero che è nata dal basso, ma il rap da dove è nato? Dai talent? O dai centri sociali, dalle strade, dalle piazze, dal muretto di Milano? Andiamo avanti…
“Che cos’è la trap?
La trap, in un certo senso, nasce dal rap, dall’hip-hop, in particolare da un certo tipo di rap del sud degli Stati Uniti. Il nome deriva dalle trap house, nome usato nello slang di Atlanta, con cui vengono chiamate le case dove si spaccia la droga. Rispetto al rap il beat è molto più spinto, accelerato. E, soprattutto, è spesso fatto di basi elettroniche, sintetiche. È una musica fatta con molto autotune sul cantato, con ritornelli ad effetto. Rispetto all’hip hop, però, non ha la carica di rottura che aveva, e spesso ancora ha, quella musica. Tranne in alcuni casi, non è una musica di protesta. E spesso non ha neanche la vitalità e la creatività di quel tipo di musica. D’altra parte, lo dice anche Sfera Ebbasta, “Non me ne frega niente, non c’entro col rap, no, con quello e con l’altro”.
La trap è un punto di rottura molto forte rispetto al rap e alla cultura hip hop in generale, ne ha preso alcune caratteristiche e si è totalmente discostato da esso. Molti trapper infatti dicono di non essere rapper e di non fare rap. Oggi l’autotune è inflazionato ma anche artisti come Ensi ne hanno fatto uso molti anni fa, molto prima che diventasse una moda.
“I suoni
I suoni, come detto, sono quasi sempre elettronici. Per le ritmiche si usano spesso drum machine Roland TR-808, bassi potenti e distorti. Il tempo di solito è tra i 120 e i 140 bpm. Le melodie sono suonate con sintetizzatori e Virtual Instruments, strumenti virtuali presenti nei software utilizzati. Si usano i suoni di pianoforti e glockenspiel, ma sono sintetici. Le melodie sono minimali, ripetitive, ipnotiche, ossessive.
Io ballo da solo
Un’altra cosa che accomuna gli esponenti della trap è il fatto di sentirsi artisti solitari. Il mondo dell’hip-hop è sempre andato in un’altra direzione. C’erano le Posse, collettivi espressione dei centri sociali. Ma, al di là di quelli, gli artisti rap erano, e sono, quasi sempre riuniti in crew, squadre, tutti per uno e uno per tutti, spesso contro il sistema. Nella trap a dominare invece è l’aspetto egocentrico, l’affermazione di sé, del proprio successo, del saperci fare con le ragazze. Della propria ricchezza. Che è un modo per riscattare le origini, le periferie. I tanto contestati, da alcuni, e ostentati, da lui, due Rolex di Sfera Ebbasta al Concertone del primo maggio sono proprio questo. Significa avercela fatta”.
Qui non ci siamo, la Dogo Gang era una crew, la Spaghetti Funk era una crew, i Cor Veleno erano un duo, gli altri artisti rap, vedi Clementino, Ensi, Egreen, Fabri Fibra, Marracash, Emis Killa, ecc. erano artisti solitari. I trapper non sono solitari, già il loro nome è accompagnato sempre da quello del loro producer, vedi Sfera e Charlie Charles, Giame e Andry The Hitmaker, Ghali e Charlie Charles, Lazza e Low Kidd, Achille Lauro e Boss Doms, Vegas Jones e Boston George, ecc. In più vanno sempre in giro in gruppo, spesso chi li segue sono gli amici con i quali sono cresciuti e stanno sempre tutti insieme, fanno parte della gang, posto che vai, trapper e gang al seguito che trovi. L’aspetto egocentrico, l’affermazione di sè, del proprio successo, del saperci fare con le ragazze, della propria ricchezza fa parte del rap dai tempi dei tempi. Mai ascoltato i Dogoper esempio? Mai sentito parlare degli Outkast o Flavour Flav? Del loro immaginario pazzo, delle enormi collane che si è comprato Rakim con i primi soldi che ha fatto? O di com’era Eminem all’inizio? L’eccentricità e l’ostentazione sono i fattori che caratterizzano l’hip hop fin dagli albori.
“Il tubo
Avercela fatta da soli, soprattutto. Perché oggi è possibile scavalcare il sistema, quello che una volta era fatto dei demo (le cassette, poi i digital audio tape, poi i cd) mandati alle case discografiche, le audizioni, i contratti e la promozione. Fino a poco tempo fa credevamo che il percorso fosse questo. Poi abbiamo creduto che l’unica via possibile fosse quella di passare per i talent e quindi, le case discografiche. Oggi produrre un disco è alla portata di tutti: bastano un computer e poco altro. E YouTube permette di caricare un video con la propria musica, diffonderla. I social media oggi possono lanciare un fenomeno. E la discografia arriva dopo, quando il fenomeno è già scoppiato”.
Verissimo, ma lo stesso Fedez ha fatto lo stesso percorso, è stato il primo ad autoprodursi e registrarsi i video per poi caricarli su YouTube, finchè poi è stato notato da Guè Pequeno e il resto lo conosciamo tutti.
“Integrazione e riscatto
I trapper arrivano quasi tutti dalle periferie, dalle borgate delle grandi città dimenticate da tutti. Spesso hanno una famiglia a pezzi, zero opportunità di lavoro, di crescita. Allora il riscatto è quello di farcela con la musica. E il successo come si misura? Con le visualizzazioni su YouTube. E con i soldi di download, dischi, concerti. Per far vedere che ce l’hai fatta, il denaro lo ostenti: ed ecco i capi firmati, le griffe esibite il più possibile. Che, indossate dai trapper, diventano smitizzate, reinventate. Ecco il senso che hanno i 2 Rolex di Sfera Ebbasta. Spesso i trapper sono italiani di seconda generazione, e la loro musica è il loro modo di farsi largo in una società che forse non li ha ancora accettati del tutto. Per prendersi il loro posto nel mondo”.
Tutte cose che derivano dal rap, fin dagli albori degli anni ’80 in America e di rimando in Italia. Da noi i primi ad ostentare marche, soldi, gioielli e orologi sono stati i Dogo, parecchi anni prima del Rolex di Sfera Ebbasta. La prima canzone rap dedicata a un brand è ‘My Adidas’ dei Run-DMC del 1986.
“Il primo pezzo trap in Italia è considerato Il ragazzo d’oro di Gue Pequeno, del 2011. Ma il vero boom risale al 2014, con l’esplosione di Sfera Ebbasta, e il suo album Xvdr. La vera Rockstar (come recita il titolo del suo nuovo album), il “re della trap” (come si è autodefinito) è lui, al secolo Gionata Boschetti da Cinisello Balsamo. Viene da Roma invece la Dark Polo Gang, nata nel 2014, arrivata al successo senza l’aiuto di alcuna major. Amici d’infanzia, sono cresciuti in quartieri benestanti (Campo de’ Fiori, Trastevere, Monti). E poi ci sono gli italiani di seconda generazione: Ghali ènato a Milano da genitori tunisini, è cresciuto a Baggio e ammira Michael Jackson, Stromae e Jovanotti, la sua musica è più pop, più melodica, con qualche eco etnico: è famoso per Ninna nanna e Cara Italia. Og Eastbull è rumeno. Laiuong è nato a Bruxelles da padre italiano e madre londinese originaria della Sierra Leone. È famosa la sua Fuori (Je so pazz) che campiona il famoso pezzo di Pino Daniele.
I testi delle canzoni trap di solito sono cupi, minacciosi. Parlano di vita di strada, crimine, violenza, droghe, soldi soldi soldi. “Stanza 26, io fatto in hotel / Come Kurt Cobain, fumo Marlboro Red / Lei si sfila i jeans, poi li sfila a me / Lancio i soldi in aria, anche oggi sono il re / Scappo dal locale finito lo show / Ho i soldi in tasca e lo zio Tommy che mi scorta / Scelgo una tipa, nessuna dice di no / Me la portano in camera con una Vodka”, canta Sfera Ebbasta in Ricchi per sempre. “La mia ragazza segue la moda, io seguo i soldi e la droga”, canta la Dark Polo Gang in Diego Armando Maradona. “Mi tuffo verso i soldi con un doppio carpiato”, cantano in Cono gelato. Nei loro testi criticano il mondo del rap italiano, considerato accessibile a tutti; ma sono anche attaccati da gran parte dei sostenitori della scena hip-hop. I testi di Ghali sfiorano la politica e la sua anima italiana e tunisina. “Fumo, entro, cambio faccia / Come va a finire si sa già / Devo stare attento, mannaggia / Se la metto incinta poi mia madre mi / Perché sono ancora un bambino / Un po’ italiano, un po’ tunisino / Lei di Portorico, se succede per Trump è un casino / Ma che politica è questa? / Qual è la differenza tra sinistra e destra? / Cambiano i ministri ma non la minestra / Il cesso è qui a sinistra, il bagno è in fondo a destra”, canta in Cara Italia”
Anche i Dogo parlavano di sesso, soldi, droga e donne, ne hanno fatto il centro della loro discografia e Guè Pequeno della sua solista. Mai sentito parlare del political rap? Dei Public Enemy per esempio? Inizio anni ’80, la politica nel rap c’è da allora. Se pensiamo a nomi conosciuti nostrani, senza voler entrare nell’underground, i primi testi di Fedez erano denunce sociali, Fabri Fibra ha spesso parlato di fatti di politica e di cronaca, Marra stesso si è fatto portavoce di denunce sociali, per non parlare di Frankie Hi-Enrg.