Quando Fabri Fibra è stato escluso dal concertone del primo maggio per i testi delle sue canzoni

Leggere le parole omofobo e sessista per descrivere i testi delle canzoni di Fabri Fibra non è di certo una novità. Negli anni Fibra è stato spesso accusato di essere omofobo, misogino, sessista, di scrivere testi violenti e addirittura di essersi messo dalla parte di Omar, il ragazzino che con Erika aveva ucciso la mamma e il fratellino di lei a Novi Ligure nella canzone Cuore di Latta. È stato addirittura denunciato per vilipendio alla religione a causa di uno spezzone del brano Cattiverie cantato durante un concerto.

Basterebbe una comprensione base dei testi per capire che Fibra non è niente di tutto ciò, ma agli italiani piace creare polemiche, avere un nemico su cui puntare il dito e un capro espiatorio. Soprattutto agli italiani piace indignarsi.

Mentre in questi giorni si discute dei testi di Emis Killa e della sua esclusione dal concerto di Capodanno a Ladispoli, ricordiamo di quando Fibra ha subito lo stesso trattamento.

Era il 2013, l’anno di Guerra e Pace, il singolo del momento era Ring Ring e Fibra è stato invitato al Concertone del primo maggio a Roma.

Appena è stato fatto il suo nome è partita la polemica. In questo caso i brani incriminati erano “Su le mani” del 2006 e “Venerdì 17″ del 2004, testi definiti omofobi, sessisti e misogini.

Di.Re, l’associazione Donne in rete contro la violenza, ha fatto una guerra tale contro Fabri Fibra, che ha convinto i sindacati confederali ad escludere il rapper di Senigallia dalla manifestazione.

L’organizzatore del concerto del primo maggio, Marco Godano, non ha potuto fare altro che prendere atto della posizione di Di.Re. contro Fabri Fibra e chiedere una spiegazione al rapper. Per lui la cosa sarebbe finita lì e Fibra avrebbe potuto tranquillamente esibirsi, peccato che Di.Re. ha mobilitato i sindacati che hanno chiesto l’esclusione di Fabri Fibra. A quel punto Marco Godano ha dovuto eliminare Fibra dal Concertone del primo maggio.

Come aveva preso Fabri Fibra questa polemica e la conseguente esclusione? Lo aveva raccontato lui stesso all’HuffPost: “forse non dovrei dare mai per scontato che certi meccanismi del rap, e in generale della musica o ancora più in grande, dell’arte siano noti a tutti. Il rap, come il cinema, racconta delle storie, alle volte crude alle volte spensierate. Spesso le rime e il rap servono per accendere i riflettori dove c’è il buio. Dove c’è il silenzio, le rime arrivano a descrivere mondi spesso mai raccontati. Dover spiegare certe rime come se fossero consce dichiarazioni virgolettate è strano e le deforma, ma le canzoni non sono la realtà. Tutt’altro. Il rapper non prende una posizione sulla canzone che scrive: è l’ascoltatore che è costretto a riflettere e a prendere una posizione. Nel 2013 sono stanco di essere descritto ancora come il rapper violento: in passato mi accusavano di non rispettare le donne nelle rime, ma io scrivevo quello che vedevo non quello che pensavo. Se adesso si sente dire che il femminicidio se lo cercano le donne, credo che si debba essere ancora più chiari e senza fraintendimenti. Basta ascoltare i miei testi più recenti. Non sono mai stato un violento in assoluto. Non essendoci una conoscenza approfondita del rap in Italia, sembra sempre che ciò che canti, lo pensi davvero… Non è così. Oggi la violenza domestica e in generale la violenza sulle donne, sia verbale che fisica, ha raggiunto in Italia proporzioni inquietanti. Tutti ne dobbiamo immediatamente prendere le distanze e deprecarla come uno dei peggiori crimini che si possano commettere. Nemmeno Quentin Tarantino, con i suoi film spesso crudi, crede o incita alla violenza; quella non è la realtà. I suoi film non sono documentari. Il rap segue lo stesso principio…”.

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