Marracash risponde alle accuse di essersi “inchinato” davanti al boss Nazzareno Calajò

In questi giorni sta circolando prepotentemente la notizia di una presunta amicizia tra Marra e Guè e Nazzareno Calajò, che è stato arrestato a luglio con l’accusa di traffico di droga e a settembre ha ottenuto gli arresti domiciliari. In particolare il tutto è nato da Il Fatto Quotidiano, che nel suo racconto sottolinea che Guè avrebbe detto “free Nazza” durante il suo concerto all’Ippodromo SNAI La Maura di luglio scorso e che Marra al Forum di Assago avrebbe pubblicamente salutato “il grande zio Mazza” con tanto di inchino.

La notizia ha fatto il giro del web e, nonostante nè Marra nè Guè siano formalmente accusati di nulla, l’intenzione era quella di voler mettere sotto i riflettori l’ennesimo caso creato ad hoc della saga rap = criminalità.

Sempre Il Fatto Quotidiano ha parlato del video di ♾️ Love, sottolineando che al suo interno sono presenti dei pregiudicati e che Marra sarebbe stato costretto a indossare una maglietta con la scritta “Verità per Nazza”.

Non solo, si è parlato anche di Young Rame e del fatto che la canzone Il Tipo di Guè sarebbe stata scritta proprio per Nazzareno Calajò.

Marracash ha replicato a tutte queste accuse e illazioni nelle sue Instagram stories, dove ha scritto:

“Rispondo a un grottesco e diffamante articolo di stamane de @ilfattoquotidianoit, copia/incollato da @open_giornaleonline ed altre testate:

1) Non sono mai stato e mai sarò al servizio di nessuno.

2) Non è la prima volta che parlo di questi fatti e di queste persone, anzi lo faccio più o meno da 20 anni nelle canzoni e nelle interviste, ma è la prima volta che questa cosa viene utilizzata in questo nuovo clima di denuncia del nostro genere musicale.

3) Non ho mai inneggiato alla liberazione di criminali, mai detto “free nazza” dal palco, ho salutato una persona che conosco, come uomo, da quando sono ragazzo.

4) Crescere nel mio quartiere mi ha fatto venire in contatto con realtà criminali, perché esistono, ma non mi ha mai impedito di essere una brava persona né di non saper distinguere il bene dal male. Ha solo reso la mia visione della realtà più completa e il racconto delle sue sfaccettature più realistico.

5) Il video di Infinite Love non è affatto un’ostentazione di ricchezza e violenza, ma l’esatto opposto.

Nel video compaiono diversi pregiudicati e lo scopo è promuovere l’unità e la fratellanza tra quartieri proprio per cessare le rivalità e descrivere il disagio di chi resta intrappolato in una certa vita.

6) Non sono mai stato costretto a indossare nessuna maglietta e infatti non l’ho indossata. L’articolo sostiene il contrario ma non pubblica la foto, proprio perché non esiste.

7) Il 10% di cui si parla nell’articolo è la percentuale che

Young Rame versa al suo management, esattamente come fanno tutti gli artisti.

Mattia tra l’altro è un bravo ragazzo, lavora e non ha pendenze con lo stato.

8) Non ho mai versato percentuali se non alle persone che lavorano alla mia musica con me.

Riassumendo…

È davvero mortificante realizzare che in questo momento il genere musicale più popolare e più giovane in Italia sembra davvero essere sotto strategico attacco da parte di un certo tipo di istituzioni e di giornalismo; generici attacchi ai testi dei cosiddetti “trapper”, decontestualizzati e spogliati della musica fino a renderli indifendibili, poi le feste in piazza che saltano per una rilettura faziosa e ignorante di interpretazioni di realtà drammatiche che purtroppo esistono e che nel rap trovano semplicemente voce nonché denuncia. Sarebbero occasione per l’apertura di dibattito e confronto con gli autori, invece vengono criminalizzati e scartati come spazzatura. Ulteriori occasioni perse per questo Paese di molte pance e poche teste.

Spero che le varie testate vogliano immediatamente modificare i titoli e gli articoli stessi. In ogni caso mi riservo di agire legalmente contro ogni tipo di diffamazione nei miei confronti”.

La stampa parla di dichiarazioni arrivate dalla polizia penitenziaria, ma io credo che sia solo un altro capitolo dell’eterna caccia alle streghe contro un genere musicale e i suoi esponenti. Marra e Guè parlano di strada, di malavita e di bella vita da sempre nelle loro canzoni. Oltretutto Marracash è di Barona, lo stesso quartiere di Calajò, va da sè che, non essendo cresciuto nel lusso e in centro a Milano, ma in un quartiere dove si conoscono tutti, conosca questo Nazza. Guè nelle sue canzoni ha sempre detto di avere amici ai piani alti e altri diciamo che si “arrangiano”. Onestamente mi sfugge come il fatto di conoscere qualcuno che ha commesso un crimine faccia di te un criminale o addirittura un affiliato.

Trovo questi racconti e queste notizie grottesche. Ora mi aspetto che verranno tirati in ballo e analizzati alcuni testi di Marra e Guè, presi a caso e decontestualizzati, giusto per avvalorare la causa del rap = criminalità, droga, violenza e come abbiamo visto recentemente anche inno al femminicidio.

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