Luchè, dai, basta piangere

Ho avuto successo, ma non abbastanza rispetto a quello che avrei meritato

Dice Luchè in una recente intervista rilasciata a Rolling Stone Italia.

Solo una delle tante cose su questa linea che ha detto da quando è uscito Dove Volano Le Aquile, il suo nuovo disco.

Praticamente è uscito il disco e Luchè si sta facendo promo, tramite interviste, documentario per Esse Magazine pagato da Sony e dirette Instagram, piagnucolando su come lui meritasse più successo di quello che ha avuto e sputando sulla sua ex etichetta (Universal). Tutto questo al posto di promuovere la sua musica, di cui si sente orgoglioso e fiero.

Potrei dire che, nel rap game, Luchè rientra tra i miracolati, che ha avuto più successo di quello che meritava e questo proprio grazie a Marracash e a Guè che lo hanno sempre supportato. Potrei dire anche che, se guardiamo i Co’ Sang, Ntó è sempre stato una spanna sopra e forse lui avrebbe tutte le ragioni per dire che meriterebbe più successo. E potrei aggiungere che, facendo rap napoletano in un periodo in cui non era una moda, Luchè di successo ne ha avuto eccome.

Evidentemente però lui sente di meritarne di più e per averlo, cambia etichetta, passa in Sony, si lamenta di Universal e nel disco ci mette 6 artisti Universal.

Ma come??

Non capiscono niente di musica. Team incompetente, formato da artisti falliti che si sono trasformati in discografici e che quindi vogliono mettere il loro zampino nei dischi per soddisfare il proprio ego.

Sono stato trattato come uno di serie B e adesso hanno creato un mostro. Io li ho smantellati in un attimo, ho fatto una mossa di mercato e abbiamo spostato l’ago della bilancia. Abbiamo levato tutta la leadership e la credibilità che avevano altre persone prima, gliel’abbiamo tolta in una settimana. Adesso gli equilibri della musica urban in Italia non saranno più gli stessi.” Dice nel documentario per Esse Magazine attaccando palesemente Universal, che però, vero o non vero, gli dà sei dei suoi artisti come featuring del disco.

Ma Luchè continua a piangere anche sulla poca promozione avuta nel corso degli anni.

Sono arrivato a fare i dischi di platino e ad avere il pubblico che ho soltanto con la mia musica, senza mai un po’ di promozione. Dopo un dissing con Salmo, mi sono arrivati quasi 200mila follower su Instagram. Significa che 200mila persone mi hanno scoperto grazie a un litigio con un mio collega, è ridicolo. E se in questi anni si fosse parlato di più di me e della mia musica? Mi fa rabbia pensare a dove sarei”. Dice sia al Corriere della Sera che lo ha intervistato, sia nel documentario per Esse Magazine.

A me sembra che della sua musica si sia sempre parlato eccome, come di tutti gli altri. Ha avuto i classici post leccaculo a ripetizione di Esse, interviste, articoli, recensioni e segnalazioni come tutti i suoi colleghi. Forse il successo che crede di meritare non lo ha avuto per altri motivi, ma non si può dire che nessuno abbia parlato di lui. E il teatrino con Salmo l’ha creato lui, cosa fai sputi sopra a 200mila followers?

Se voleva che si parlasse di lui per la musica e non per il gossip, bastava interrompere il teatrino, lasciare perdere il telefonino inglese e il resto e far parlare la sua musica e basta. Ma no, prima ci sguazza, poi piange e dà la colpa agli altri.

E come se non bastasse, sempre in ambito promo del disco, critica i colleghi che “preferiscono le formule pop”, come dice sempre nell’intervista al Corriere della Sera, e aggiunge “c’è stato un boom incredibile, il rap è diventato la musica più ascoltata e venduta in Italia, ma non si sono creati radio, giornali, tv, festival o awards del settore. Ci siamo dovuti adattare al mainstream italiano che è vecchissimo, abituato alla solita formuletta pop, mentre il rap nasce come controcultura. Si doveva investire e non svendersi, ma molti artisti che volevano di più hanno cambiato genere e fanno pop. Tanti miei colleghi fanno i fighi e poi appena vedono un po’ di successo diventano uguali a quei cantanti che criticavano a inizio carriera”.

Verissimo per carità. Ma non è la stessa cosa che ha fatto lui in DVLA? Un disco palesemente pop e melodico. E insiste anche nella sua diretta Instagram “spero che la gente non si discosti dal rap”.

Non ho capito. Critica i colleghi che abbracciano il pop e poi lui fa lo stesso?

E ci mette nel disco tre tracce con CoCo che ha fatto un disco (Bromance) palesemente pop con Mecna e l’ultimo singolo, TILT, con Sangiovanni… Ok.

Parla male di Universal che lo ha messo in un angolo e non lo ha supportato come meritava e poi ha quasi solo artisti Universal nel disco, che detto tra noi, gli danno un bel po’ di ascolti. Senza contare che i suoi dischi migliori, Malammore e Potere, sono usciti proprio con Universal.

E dulcis in fundo critica anche il pop. Con il disco nuovo gli artisti pop che riempiono gli stadi si vergogneranno”, ha detto Luchè prima dell’uscita di DVLA. Ma come? E dentro ci metti Elisa? E sei in Sony che è piena di artisti pop? E chiedevi il featuring a Ultimo con tanto di sondaggio?

Basta piangere, non serve a niente. Serve solo a far emergere tanto egocentrismo, a farti apparire superbo, a distogliere l’attenzione dalla musica e a far emergere tanta polemica. Come puoi pretendere che si parli di musica se nelle interviste critichi solo la tua ex etichetta, i colleghi e ti lamenti del poco successo?

Come ti dovrebbe vedere il pubblico? Lo stesso pubblico che da due giorni commenta ogni post, compresi quelli sulla tua pagina, esprimendo delusione per il disco.

Anche questa volta la colpa sarà della ex etichetta? C’è un complotto? Oppure sono i media che non gli danno abbastanza spazio per fargli avere il successo che merita?

Forse lo scopriremo quando Luchè ci dirà dove hanno floppato queste aquile e capiremo di chi sarà stata la colpa.

Lascia un commento