La pagella delle uscite settimanali
9 a GVESVS di Guè. Guè è tornato ed è in grandissima forma. Gvesvus, anche se è prematuro dirlo, è uno dei dischi migliori della sua discografia, sicuramente il migliore dopo Vero. La capacità di Guè è unica nel suo genere: è in grado di cambiare sempre senza cambiare mai. Gli argomenti sono pressoché sempre gli stessi, c’è il cinema di strada, l’autocelebrazione, l’ego, la moda, i brand, la sofisticata ignoranza, i classici brani più intimi e riflessivi e quelle punchlines ironiche e tamarre al punto da nel linguaggio comune. Come “sono talmente boss che recco da seduto”. La verità è che a Guè è concesso tutto. Può dire qualsiasi cosa e resta comunque credibile, perché quella credibilità di cui ora gode se l’è costruita nel tempo e soprattutto se l’è guadagnata. In Gvesvs troviamo il Guè di sempre, ma in forme diverse. Innanzitutto il cinema di strada da lui creato è espresso all’ennesima potenza, i featuring sono molto ben calibrati, anche se forse troppi, e di certo spiccano di più gli italiani che i due ospiti statunitensi. Uno su tutti Marracash in Daytona, che già ci fa venire voglia di un Santeria 2. E se da una parte Daytona è uno dei brani più tamarri, dall’altra Nessuno con Coez è quello più profondo e forse anche uno dei migliori.
Dal punto di vista sonoro è stato fatto un lavoro pazzesco. Guè si è affidato a Shablo, the Night Skinny, 2nd Roof, dj Shocca, Marz e Zef, Marco Polo e Sixpm, che hanno creato un suono decisamente vario, che spazia dall’r&b al valzer, dal grime all’hip hop old school, fino al cantautorato.
5 a Error 442 di Keta. A volte mi stupisco di come certi “artisti” possano fare un disco e soprattutto pensare di potercela fare in qualche modo quando di artistico non hanno nulla. Keta non è sicuramente uno dei peggiori del collettivo RM4E e ha deciso di pubblicare questo suo primo disco mettendoci dentro alcuni brani già usciti e 9 inediti. Per un totale di 14 tracce. 14 tracce tutte uguali. Sia dal punto di vista degli argomenti, sia dall’attitudine, che nel suono. Ovviamente i featuring sono tutti ragazzi appartenenti alla sua cerchia, Vale Pain, Neima Ezza, Baby Gang, Simba La Rue, G.Issa, e poi c’è Sai So, esponente della UK drill e gli artisti tunisini 2two e Kaso. Il sound è potente e uniforme, le sonorità drill accompagnano una serie di banger dove si parla di strada e criminalità e brani dalle atmosfere che puntano ad essere più introspettive. Il risultato è che dopo aver ascoltato una traccia è come se le avessi ascoltate tutte.
8 a Dead Poets 3 di Dj Fastcut. Già dall’intro con la voce di Frankie Hi NRG accompagnata dagli scratch si capisce già cosa andremo ad ascoltare: rap. Quel rap che oggi si fa poco, che è un po’ old school, classico, fatto bene, vecchio per certi versi, underground. E tutto il disco, che merita davvero di essere ascoltato, si basa proprio sul concetto classico di rap. Scratch, basi old school, rime, punchlines e solo rapper che sanno rappare. È come una sorta di ritorno alle origini, dove bravi MC si incontrano per fare rime su un beat, con un dj che scratcha in console e con un’attitudine che si è davvero persa. Dead Poets 3 è un classico, un omaggio al rap e a quella cultura hip hop che abbiamo perso.
3 tracce da ascoltare subito: Bust That, Maledetti e Parla Piano.
7 a Molecole di Axos. Axos ha la capacità di essere energico, incazzato, tecnico e profondo. Molecole è un brano decisamente intimo e profondo, un brano d’amore, ma non classico, perché Axos riesce a scavare nel profondo e a usare immagini e parole non banali. Come il fatto di paragonare l’amore raccontato a Krishna e Radha, una duplice e inseparabile divinità. Krishna incarna Dio mente Radha è il suo potere e insieme rappresentano l’essenza dell’amore spirituale.
6 e 1/2 a Coprifuoco di Rico Mendossa feat. Jake La Furia e Sean Poly. “Il singolo invita a pensare alle conseguenze delle tue azioni, racconto la mia vita. Il coprifuoco è sempre esistito, semplicemente nessuno lo aveva mai evidenziato o fatto provare alle persone normali”, così Rico Mendossa racconta il suo nuovo singolo. Un brano duro, vero, crudo e sincero, dove a emergere in modo particolare sono le parole e il racconto fatto da Rico Mendossa, che ci porta in una dimensione reale, dove il coprifuoco non è quello che abbiamo conosciuto con il Covid, ma qualcosa di più pesante e serio. La strofa di Jake La Furia è una bomba, in brani come questo emerge proprio la sua penna e la sua attitudine street che abbiamo amato negli anni dei Dogo. E già solo la citazione a Cani Sciolti dei Sangue Misto è una bomba.
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