La musica senza concerti è un’esperienza a metà?
Vegas Jones scrive su Instagram:
“Fare musica in studio e pubblicarla è una figata, certo, ma è solo il 50% del mio lavoro, quasi mi sto abituando a pensare che la musica sia fatta solo di streaming e recensioni su internet. È un effetto di questa bolla che stiamo vivendo e fa malissimo. Penso che senza live non mi sarei mai innamorato della mia musica, non mi sarei mai motivato a farne ancora e probabilmente ora starei facendo altro nella vita“.
Spesso abbiamo parlato della musica e delle continue uscite come usa e getta e fast food, quasi come se a un certo punto arrivasse ad avere una data di scadenza. Ogni settimana siamo bombardati da uscite e annunci di uscite che spesso ci fanno perdere il valore che la musica dovrebbe avere. È come se certi artisti lavorassero come le api operaie per pubblicare musica, sempre più musica, quasi con la paura di sparire o essere dimenticati e sorpassati.
Però, se sei fan di un artista, aspetti il momento in cui uscirà il suo prossimo disco, lo compri, lo ascolti, lo consumi. E soprattutto aspetti il momento di andare al suo concerto e se non fa date nella tua zona, ti accontenti di un dj set.
Perché vedere un artista dal vivo è tutt’altra cosa che sentirlo nelle cuffie, è vivere un’emozione. E ora invece quell’emozione non ci è consentita, dobbiamo accontentarci della musica e basta. E meno che c’è. Ti immagini un mondo senza musica?
Però torniamo indietro e la musica che esce, esce a metà. Esce sulle piattaforme digitali. Non puoi incontrare il tuo artista preferito e farti firmare il disco. Non puoi sentirlo dal vivo. È una cosa a metà. E potremmo dire che al governo non frega nulla del mondo della musica e dello spettacolo, perché non cerca neanche soluzioni per far ripartire questo settore e a noi cosa resta? Una cosa a metà. È come mangiare i Fonzies e non leccarsi le dita. È usa e getta. La ascolti, ti tiene compagnia, ma non la vivi e soprattutto non la condividi con centinaia di sconosciuti a urlare e sudare sotto palco, tornando a casa ubriaco, stanco e con un’emozione in più, un ricordo da aggiungere agli altri.
È una situazione che inizia a starci stretta. A tutti. Pubblico e artisti. E ci sta che un artista dica “sto facendo il mio lavoro a metà“, perché sembra iniziare e finire tutto su Spotify e quello che resta è ben poco.