La dura vita del rap nelle radio italiane
E’ nata ieri da un’idea di Paola Zukar TRX Radio, la radio fatta dai rapper per il rap. Un passo importante per la regina dell’hip hop italiano e per i suoi esponenti che più volte si sono visti chiudere le porte dalle radio italiane. Se Radio Deejay fu la prima a passare il rap, molte altre sono arrivate dopo e c’è ancora chi il rap non vuole, o almeno non lo vuole per com’è. Dopo tanti anni di battaglie per sostenere e promuovere questo genere musicale, Paola ha deciso di creare lei stessa una radio, che fosse gratuita e accessibile a tutti, in ogni momento della giornata e su un mezzo che i ragazzi hanno sempre con loro: i propri telefonini. TRX Radio, infatti, è un app assolutamente gratuita disponibile per tutti.
Nel libro ‘RAP una storia italiana’, Paola Zukar aveva dedicato un interessante capitolo proprio alla radio e al rapporto tra essa e il rap, di cui vi ripropongo i tratti più salienti:
“In oltre dieci anni di lavoro non sono mai entrata in contatto con RDS, mai e ormai credo che non riuscirò mai a farlo. Amen. Per parlare di radio in Italia bisogna parlare di playlist caratterizzate esclusivamente da top 40, adult e contemporary. Parliamo di un Paese in cui non esistono urban radio, non esistono college radio, un Paese in cui persino il rock, che ha una tradizione enorme, ha una radio piccola come Virgin.
Sotto i sedici anni, oggi, nessuno ascolta la radio se non è imposta come filodiffusione dal dentista. Ormai le radio si assomigliano un po’ tutte in linea di massima ed è un peccato. Non sarebbe solo il rap a differenziarle, s’intende, ma credo che scegliere tra generi diversi possa iniziare un processo di differenziazione necessario. Fibra è passato per la prima volta su Radio Italia nel 2013, con Guerra e Pace, il suo album meno guerrafondaio appunto e questo idillio si è consumato nell’arco di un anno. Non avevano passato nemmeno Tranne Te. Ecco, Tranne Te è il macro-esempio, perchè poteva essere la mega-hit-galattica; in qualsiasi Paese del mondo l’avrebbero passata in heavy rotation in tutte le radio. Invece no.
Marracash ha saltato proprio tutto il periodo fertile per i passaggi in radio del 2013 e ha avuto sempre un airplay piuttosto basso, anche con i suoi pezzi più facili come In Radio o Niente canzoni d’Amore. Brani che sul web hanno letteralmente milioni di views e ascolti stream, sono cioè pienamente testati e già approvati da un pubblico vero.
Dopo il successo di pubblico di Tranne Te, i Dogo pubblicarono PES, altro singolone, cover di un brano estivo con il booster di Giuliano Palma. Le radio per un attimo riconobbero un gusto del pubblico del rap, ma in un attimo fecero chiaramente capire che cosa volevano sposare: il rap più innocuo. Fibra che dice Pronti, Partenza, Via!, perchè già Vip in Trip ha un paio di parolacce di troppo e non andò bene in radio, d’altronde chi degli italiani dice le parolacce nella vita quotidiana, dai… Nessuno. E i Dogo che quando sono stressati fumano un po’ e giocano ai videogiochi. Sì, l’Italia tutt’al più è pronta per questo, non al resto.
Vanno quindi benissimo Parole di Ghiaccio, avente come tema l’amore sofferto o ancora Cigno Nero/Magnifico, stesso tema, ma con il ritornello cantato da star del talent che aiuta non poco. Perchè dovrebbero cambiare quindi?
Continua a sembrarmi surreale che un pezzo come Vip in Trip non sia stato a suo tempo al top dell’airplay radiofonico. E’ un pezzo appositamente concepito per essere suonato tante volte e funziona. Nel brano però ci sono le parolacce, quindi non va bene, Vaffanculo al rallentatore in radio? No. Basterebbe bipparla, pratica che negli Stati Uniti esiste da decenni.
Altre volte però, qui da noi, vorrebbero bippare/censurare anche i concetti, le idee. Una volta, durante una performance su Rai2 hanno chiesto a Marracash di eliminare la frase meglio che massaggiare Lele Mora. O quel nome e cognome sparivano dalla performance o saltava l’apparizione in Tv. Come la vogliamo chiamare questa cosa? Non ci sono molti sinonimi per censura. Per cosa poi? Per aver nominato Lele Mora in una canzone citando peraltro fatti di pubblico dominio? Questo è un esempio eclatante, ma la censura in Italia è molto più subdola seppur palese, tanto che talvolta gli artisti se la infliggono autonomamente senza nemmeno accorgersene. Se non loro, i loro management e le etichette. Solo alla fine arrivano radio e Tv. Innocui e spensierati. Carini e coccolosi, come i pinguini di Madagascar. Ragionano così, ognuno ovviamente con le proprie avversioni.
Le stesse parolacce possono andare bene dette da un cantautore e andar male dette da un rapper. In generale, comunque, l’Italia non lo vorrebbe proprio il rap, punto e basta“.
Ragioniamo su queste parole, sulla realtà dei fatti, sulla storia passata e recente. Non viviamo chiusi solo nel nostro mondo di Instagram. Guardiamo la totalità degli avvenimenti, facciamoci due domande quando iniziamo a vedere un artista invitato sempre più spesso in Tv o passato frequentemente nelle radio. I meccanismi, per quanto oggi sui social e su Spotify non ci sembrino così, sono ancora questi. Ghali ultimamente è uno dei più passati in radio e ospitato in Tv perchè si è creato un immaginario per bambini. Nel look, nella vita privata dove non si mai vedere in pubblico con bicchiere in mano, nei testi che seppur nascondano un secondo significato legato al razzismo e alla politica, risultano puliti e adatti al pubblico. Adatti alla Tv, adatti ai bambini e alle radio. Lo stesso vale per Shade, nel momento in cui ha fatto due pezzi adatti all’immaginario che l’italiano medio vuole, è esploso.
Se da una parte ci sono artisti che non passeranno mai in radio perchè no vogliono piegarsi a tali meccanismi, dall’altra ci sono radio che se ne fregano e li passano comunque, vedi Radio Deejay, ma resta una su un milione. Questo argomento dovrebbe davvero farci riflettere, crediamo che il rap sia esploso e in parte lo è, ma a livello nazionale è vero che l’Italia il rap non lo vuole.