Io non ho paura di Ernia – la recensione di Rebel

Ernia ha ingoiato Marracash.

E non è una critica, ma un complimento. Ascoltando Io non ho paura ci sono molti punti in cui è facile pensare “questo avrebbe potuto farlo Marra”, o “questo è da Marra”.

Non sto dicendo che Ernia abbia copiato o preso ispirazione da Marracash, ma che ha saputo affinare la sua scrittura e il suo stile in un modo talmente perfetto e di alto livello da poter essere paragonato a quello che ad oggi è considerato all’unanime il miglior rapper italiano.

Al contrario di Ernia che non ha paura, io avevo paura prima di ascoltare questo disco, ho pensato ‘beato lui che non ha paura perché io ho paura che faccia una sterzata verso il pop’. Ma per fortuna la mia era solo una paura infondata.

Ernia è il solito Ernia, solo in forma smagliante. Alterna più registri stilistici e passa da brani puramente rap come Bu!, Non ho sonno o Cattive intenzioni; ad excursus narrativi quasi cinematografici, come Bastava la metà; a pezzi d’amore come Il mio nome, Acqua tonica e Bella fregatura.

I testi sono una bomba, intrisi di citazioni, verità, pensieri scomodi, profondi, intimi, leggeri e spocchiosi. E lui passa dal rap duro, all’urban, al pop con estrema naturalezza, mostrandoci tutti i suoi lati, da quello più duro da rapper che non deve chiedere mai a quello più dolce, tenero e intimo. E spacca in entrambi i casi.

Spacca quando dedica quella lettera intima e struggente al bimbo mai nato in Buonanotte, e lo fa con una dolcezza e una purezza disarmanti in grado di far venire la pelle d’oca anche ai cuori più duri.

Spacca quando ammette di aver paura del futuro, del successo, di essere solo un impostore. E spacca quando rappa.

Quello che emerge in ogni traccia è verità, lealtà, onestà. Si sente e si percepisce che ogni sua parola, ogni sentimento che trasmette e racconta, che sia rabbia, ansia, paura, delusione, incertezza, ironia, incazzatura, sono estremamente reali. Sono tutte cose che appartengono a lui, alla sua vita, ai suoi pensieri e che condivide con noi.

Ottime anche le collaborazioni, poche per fortuna, ma ben calibrate perché lasciano ampio spazio al vero protagonista. Oltre a Mengoni, Salmo, Guè, Gaia, Rkomi e Geolier, ci mette anche la Vanoni, con un sample di Stupidi in Così Stupidi e le Destiny’s Child con Say My Name in Il mio nome.

Io non ho paura si basa sulle ansie che la sua generazione si trova ad affrontare quotidianamente.

L’ansia per un pianeta morente e una società al collasso, espresso in Rose e fiori («Andando contro le mie previsioni, non so vedere altri giorni migliori / All’orizzonte vulcani e alluvioni»); quella per un’instabilità socio-economica galoppante, approfondita nella title track («Se crolla l’umore dopo crollan le borse»); quella di un mondo in cui il diritto di parola si è trasformato in un’arma a doppio taglio, raccontata in Così stupidi («Hai sentito che qualcuno ha detto che qualcuno ha detto / Che sa un fatto accaduto a un terzo, letto in un commento / E tu vuoi dire la tua, dire la tua, che guaio / Che i fatti della pentola li sa solo il cucchiaio»); quella per una vita talmente monotona che rischia di sembrare una prigione, come racconta in Weekend («Pensavo che per la routine servisse coraggio, che non ho / Però poi anch’io mi sono convinto a stare qui / Sai che c’è, viviamo solo il weekend»); quella di non meritare tutto ciò che ha, spiegata magistralmente ne L’impostore («Perché io sì e non loro? Siamo uguali al primo gemito / Non credo nel destino o a chi parla in modo profetico / Ma se il talento è innato allora qual è il mio merito?»).

Ernia ci porta un disco leggero e profondo, che riesce a farti cantare, svagare e pensare al tempo stesso. Un progetto caratterizzato da uno stile senza tempo, attento alle sonorità più attuali ma con le radici ben salde nell’hip hop dei primi anni ’00. Uno di quei dischi che, se ascoltati tra 5 anni, non risulterà mai obsoleto.

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