Il pop punk anni ’90 era davvero figo?
Oggi assistiamo a un grande ritorno del pop punk. Negli USA va alla grande con artisti come Machine Gun Kelly, per esempio, e in Italia abbiamo una fetta di artisti che stanno portando avanti quel suono.
Ma il pop punk degli anni ’90 era davvero figo? Quello italiano no. I Green Day, i Blink 182, gli Offspring, i NOFX spaccavano di brutto, anche se erano una versione molto più leggera del vero punk.
Noi avevamo dei gruppi come Punkreas, Peter Punk, Los Fastidios, Derozer, Cattive Abitudini, Pornoriviste, Persiana Jones, Klasse Kriminale, Blue Vomit, Prozac + che ci facevano sentire fighi e trasgressivi ad ascoltarli, ma che facevano per lo più cagare. Alcuni erano pop punk, altri punk rock, altri ska rock, altri hardcore punk e ovviamente ognuno di loro aveva attitudini diverse nonostante il filone fosse a grandi linee (ma molto grandi) lo stesso. Storcerai il naso a leggere i nomi di alcune band messe in un articolo che nel titolo ha pop punk, ma ho messo tutto insieme tipo minestrone o macedonia pur conscia del fatto che hanno sfumature estremamente diverse anche se la corrente punk abbraccia tutte, così come il periodo storico, ma ovviamente per parlare di ognuna di loro degnamente senza fare macedonie ci vorrebbero 10 articoli e io qui voglio parlare di quello che è stato il suono punk dei ’90. E nei ’90 in Italia non era granché. Da una parte c’era tutta una scena underground che spaccava e che veniva vissuta prettamente in determinati contesti da centri sociali, dall’altra c’era la mainstream e nel mainstream a un certo punto esplode Acida dei Prozac +, una canzone che non diceva un cazzo, ma che ti dava l’impressione di ascoltare il punk e di essere estremamente e fottutamente ribelle.
Quei gruppi, in particolare i Senzabenza, i Derozer, i Fichissimi, i Mondo Topless, gli A.C.T.H., per restare fedeli al pop punk, avevano fotta, incazzatura, ribellione, dicevano parolacce, evocavano un mondo fatto di sbronze, concerti, rave, canne, troie con tre accordi in croce, voce stonata, sgraziata e urletti. Da un certo punto di vista rappresentavano bene la descrizione di pop punk dei Sex Pistols molto più dei Green Day per esempio. Li ascoltavi e semplicemente ti sentivi figo e ribelle. Poco importava che fossero di estrema sinistra o di estrema destra, l’importante era essere estremisti.
In realtà e oggettivamente parlando facevano abbastanza schifo, ma erano fighi.
Avevamo quei gruppi lì, un po’ underground se vogliamo e poi a inizio anni 2000 sono arrivati i Finley e i Dari, che erano perfetti per i ragazzini di 14 anni. Praticamente creati a tavolino per far sentire fighi ragazzi poco meno che loro coetanei.
Piacevano e funzionavano perché ti facevano sentire ribelle, anche se poi di loro è rimasto davvero poco niente.
In quegli anni lì gli Offspring, i Blink 182 e i Green Day hanno letteralmente fatto la storia.
Gli Offspring, per esempio, hanno completamente rivoluzionato quel suono e sono stati assolutamente geniali, o forse folli. Quando hanno pubblicato il loro primo singolo, I’ll Be Waiting/Blackball, hanno fatto credere a tutti di aver firmato per l’etichetta Black Label Records, etichetta inesistente, Black Label era semplicemente il nome della loro birra preferita. Poi hanno firmato davvero con una major e hanno pubblicato brani pazzeschi fino ad arrivare al disco Americana, che li ha portati nel mainstream con hit decisamente più commerciali e più contaminate dal pop, come Pretty Fly (For A White Guy) e Why Don’t You Get a Job?
Il periodo è più o meno lo stesso dei Backstreet Boys e gli Offspring prendono l’abitudine di fare a pezzi, sul palco, manichini dei Backstreet Boys demoliti con mazze da Baseball.
I Blink 182 hanno rappresentato praticamente il punk della MTV Generation. Non erano cattivi, né particolarmente incazzati, erano folli, leggeri, ironici. Ne sono la prova i video di What’s my age again? e All the small things. I Blink 182 erano fighi, ma si prendevano gioco delle boy band contemporanee.
Il disco Enema of the State ha fatto la storia perché ha creato una rottura tra il punk rock degli anni ’70 e ’80 e il nuovo punk, più figo, più cazzuto, meno legato all’anti sistema di quegli anni.
Praticamente se negli anni ’70 il punk è stato un movimento di rottura, anarchico e distruttivo, e negli anni ’80 è sopravvissuto lontano dalle scene più importanti, fondendosi spesso con l’underground, negli anni ’90 è ritornato in auge, spesso svuotato dalla sua carica politica con, o grazie, ai Blink 182, agli Offspring e ai Green Day.
I Green Day sono riusciti a portare il punk revival negli anni ’90 pur facendo canzoni di un successo pazzesco a livello mainstream mondiale. Come Basket Case, mandato in onda a ripetizione da MTV. Un brano semplice sia dal punto di vista compositivo che nell’esecuzione, ma con una grande carica che focalizzava le tendenze del punk revival. Con quel video girato in un manicomio e quel testo che parla di malessere e ansia, Basket Case è letteralmente storia di quegli anni.