I segreti del Rap Game: quando Antonio Dikele Distefano intervista Antonio Dikele Distefano
É possibile essere fan di tutti gli artisti del panorama rap italiano? Ma tutti tutti tutti? O meglio, di tutti quelli di cui scrivi e che intervisti? Sì, se ti chiami Antonio Dikele Distefano e non stai intervistando un artista ma solo te stesso.
Prepariamoci, caliamoci nel personaggio, voce bassa, tono da finto impegnato intellettualoide e mi raccomando tutte le domande devono iniziare con IO. Sei tu il protagonista, non quello sfigato tamarro che hai di fronte che avrà fatto sì e no la terza media e che ti hanno detto di intervistare perché fa views. Sei TU lo scrittore non lui. Per farlo sentire a suo agio digli subito che sei un suo grande fan dal giorno zero, così si sente importante e il suo entourage non ha nulla da recriminarti, già che ci sei digli anche, sempre usando un tono di voce soffuso, che il suo ultimo disco é il miglior disco rap degli ultimi 15 anni.
Poi vai liscio come l’olio, non dimenticare di dire IO all’inizio di ogni domanda, perché tu stai intervistando te stesso, non quel coglione lì e chissenefrega se spari domande a caso o usi i tuoi amati paragoni calcistici che ci azzeccano come i cavoli a merenda, TU sei la star e lui capirà sì e no la terza parte delle cose colte che dici, perché TU sei lo scrittore, non lui.
Non dimenticare ovviamente di leccargli il culo sempre, fallo sentire importante, faglielo credere, tanto tu sai chi stai intervistando realmente: TE STESSO.
Stesso copione, interlocutore diverso, le interviste di Antonio Dikele Distefano sono fatte con lo stampino. Soporifere, monocorde, fan di tutti, leccaculo state of mind. L’ultima con Marracash é stata a dir poco imbarazzante, ha tirato fuori delle domande assurde sulla Dogo Gang, similitudini calcistiche, il paragone con la popolarità di Fedez, che persino Marra, che non é un coglione, é rimasto basito, della serie ci è o ci fa? Avrà pensato “Paola mannaggia a te e alla tua ossessione per sto magazine del cazzo“.
Per non parlare degli scivoloni negli articoli su Instagram, dal confondere Macklemore con Eminem, al non saper che Don Joe ha firmato con Sony, alle leccate di culo con la giornata di sto cazzo dedicata solo agli artisti che fanno video per loro e via dicendo. Ma allora perché Sto sembra essere così popolare? È Sto che spinge gli artisti o sono gli artisti a spingere Sto? E soprattutto perché c’è Antonio Dikele Distefano?
Andiamo con ordine, Sto è nato insieme a Ghali che all’epoca era la promessa della scena e oggi è la super conferma con numeri da capogiro, quindi il magazine si è aggiudicato da subito il favore dei fan di Ghali. Poi i management vari hanno iniziato a stringere accordi con Sto Magazine, complici le alte visualizzazioni (reali o meno chissenefrega tanto il mondo del rap è finzione) e hanno trovato in Dikele un ottimo alleato, uno di quelli che pur di portare la pagnotta a casa direbbe anche che Young Signorino è il rapper italiano più bravo di tutti i tempi. Volendo spingere i propri pupilli, uno come lui è perfetto. Gli artisti spingono Sto, la Zukar spinge Sto, mentre Sto fa quello che gli dicono di fare, o meglio quello che gli conviene fare. Sappiamo tutti che non è imparziale, non può esserlo facendo capo a Ghali, ma non solo, fateci caso, non scrive di tutti. Avete mai letto un articolo su Mike Highsnob, Samuel Heron, Blue Virus o altri? No, guarda caso sono sempre gli stessi nomi che girano a ruota, anche Giame era un escluso da Sto, fino a quando non ha fatto un video con loro, allora gli dedicano la giornata. Essere imparziali e fare informazione livello Pro.
Parliamoci chiaro Antonio Dikele Distefano è lì perché è nero. Non fraintendetemi, non é razzismo, è la verità. Nell’entourage di Ghali sono tutti neri, è il loro modo di essere razzisti al contrario, è come una casta, l’unico bianco è il dj che suonava ad Akeem of Zamunda, serata nella quale Ahmed, il manager di Ghali, era ben inserito essendo anche il manager di uno dei dj cofondatori. La storia è semplice: a Ghali mancava un dj e gli hanno dato Davide Dev che suonava lì in Go Go Room. Per il resto, sono tutti neri e Antonio Dikele Distefano è la cigliegina sulla torta. Dikele spinge gli artisti che gli conviene spingere con i quali sono stati stretti accordi, o quelli che pagano, del resto una storia sull’Instagram di Sto Magazine costa 100 euro ai meno fortunati, la Zukar spinge Dikele e Sto Magazine, a sua volta lui spinge la sua radio.
amleta
L’arte non si può insegnare. Magari impari mille tecniche e sei bravo con la tecnica ma se non comunichi qualcosa allora non vale a nulla. La bravura non è tecnica ma emozione da dentro.
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Pimp G
Finalmente un articolo che lo dice. Oltretutto il nostro eroe parla di rap ma ammette candidamente di non sapere l’inglese e di ascoltare poco rap americano perché non lo capisce.
Non è mai in grado di fare una domanda nata al momento, limitandosi a quelle preparate.
Segnalo infine due delle mie domande preferite:
– ad ALBOROSIE “ma non sei preoccupato dal calo di popolarità del Reggae IN ITALIA?”
– a marra e fibra: “ma non è che New Jack City si sia ispirato un po’ a SCAMPIA?”