Forse non avevamo capito davvero Rosa Chemical
Quando Rosa Chemical ha fatto il suo ingresso nella scena in molti hanno pensato che fosse una sorta di Achille Lauro 2.0 e in molti lo pensano ancora. Più per la sua immagine, il suo essere gender fluid, esplicito, provocatorio. Negli ultimi anni si è parlato di lui più per quei contenuti vietati ai minori pubblicati sui social, per il ban di Instagram, per i suoi testi espliciti, per l’autodefinirsi il sesso italiano, per i piedi, per quella volta che ironicamente sosteneva di essere meglio di Eminem e ovviamente per la saga Polka, dove il secondo capitolo è forse uno dei testi più sessualmente espliciti che abbiamo sentito negli ultimi anni.
Poi è stato un po’ messo da parte.
Sì, c’è anche Rosa Chemical, sì ha pubblicato questo singolo, ma in modo quasi sommario. Fino a quando non è uscita la notizia della sua partecipazione al Festival di Sanremo. Allora in molti puntavano su di lui come la quota trash, quasi lol del Festival, ma lui ha stupito e conquistato tutti.
Ha saputo essere trasgressivo portando però un messaggio concreto: libertà, amore e uguaglianza e a farlo in modo da arrivare a tutti.
Eccentrico nel look, ma non da risultare una caricatura, un pagliaccio, e con una canzone diretta, ma che ha conquistato tutti, diventando una delle rivelazioni del Festival di quest’anno.
Forse anche noi, che lo seguiamo da tempo, avevamo bisogno di questa sua partecipazione a Sanremo per capirlo meglio, per comprendere che oltre a quei testi espliciti e a quelle provocazioni sui social c’era molto di più. C’era di più che l’essere il sesso italiano e l’amante dei piedi, c’era un artista che vuole farsi portavoce di un messaggio e un ragazzo umile e genuino, non di certo la quota trash che avevamo pensato.
Del resto che Rosa Chemical non fosse solo sesso e sfacciataggine lo avevamo già capito in Forever and Ever, il repack di Forever, una sorta di riassunto del suo ultimo disco, nel quale emerge il dualismo di Rosa Chemical, come se vivesse in un mondo fatto di contrasti: romantico e sfacciato, maschile e femminile, intimo e sguaiato. Opposti che convivono nel suo spirito carismatico e istrionico e attraverso cui il giovane artista torinese decostruisce standard ed etichette di linguaggio e comunicazione.
Ed è esattamente la stessa cosa che abbiamo visto settimana scorsa al Festival di Sanremo.
Rosa Chemical è quello sopra le righe, nel look, nell’immagine, nell’immaginario, nei testi, ma è quello che riesce ad arrivarti con una naturalezza disarmante. Non è solo lì per fare spettacolo, per divertire e divertirsi, ma anche per dirci qualcosa di concreto e lo ha spiegato benissimo nel suo monologo che ha tenuto ieri sera alle Iene.
Grazie a Sanremo Rosa Chemical ha un pubblico più vasto, ma sicuramente anche noi che lo seguiamo da tempo lo guarderemo con occhi diversi. Non più come una macchietta, ma come un artista che ha qualcosa da dire e che può stupirci. Sempre. Perché non puoi etichettarlo, non puoi dire fa trap, fa pop, fa urban, così come non puoi dire è etero, è gay, è bisessuale. Lui è completamente al di fuori da ogni etichetta, musicale e di genere ed è forse una delle cose più belle e genuine che siano arrivate nel panorama musicale italiano.