Finalmente le discoteche possono riaprire, ma siamo sicuri che sia una buona notizia?
Finalmente una buona notizia. O forse no.
Ieri il CTS ha dato l’ok alle riaperture delle sale da ballo in zona bianca, le discoteche possono quindi riaprire, ma ovviamente con diverse restrizioni.
La prima restrizione riguarda la capienza, che sarà del 35% per i locali al chiuso e del 50% per quelli all’aperto, dipendenti compresi. Sarà ovviamente obbligatorio indossare la mascherina per accedere ai locali, ma la si potrà togliere quando si balla e bisognerà di essere muniti di Green Pass.
Un’altra restrizione riguarda i locali stessi, che dovranno avere impianti di aerazione senza ricircolo d’aria e rispondere a determinati requisiti qualitativi. Non solo, all’interno dei locali dovranno essere utilizzati solo bicchieri monouso, dovranno esserci diversi igienizzanti per le mani e i gestori dovranno garantire la pulizia e la sanificazione del locale stesso.
Alla luce di queste misure, se da un lato la buona notizia è che le discoteche possono riaprire, dall’altro la domanda nasce spontanea: come fanno a riaprire, sostenere i costi e guadagnare con misure così restrittive?
E infatti il sindacato italiano dei locali da ballo non è soddisfatto per niente da queste norme e ha sottolineato che le condizioni poste sono tutt’altro che favorevoli, dal momento che incidono sui costi delle attività e quindi la riapertura sarà parecchio faticosa.
Questa e a queste condizioni, più che riapertura sa di contentino, di presa per il culo. Ennesima presa per il culo nei confronti di un settore tenuto in un angolo da un anno e mezzo e considerato l’unico veicolo della diffusione del virus. È un po’ come dire avete rotto per riaprire, ecco riaprire al 35%, sapendo già in partenza, perché solo un imbecille può non saperlo, che a queste condizioni è difficile se non impossibile riaprire. Senza contare che, se parliamo di pandemia e fino a prova contraria il Covid è una pandemia, nel resto d’Europa, senza andare necessariamente negli USA, le discoteche hanno aperto da un pezzo e non al 35% della capienza e non sembra che questo abbia creato aumenti esorbitanti di contagio, mentre in Italia restano l’ultimo settore da prendere in considerazione e da far ripartire come si deve.