Drefgold: “i rapper con i vestiti di 20 misure più grandi sembravano dei babbi”

Drefgold è stato al concerto di Pusha T con Noisey che gli ha fatto un’interessante intervista. Partendo dal presupposto che spero abbia preso appunti dalla performance di Pusha T, Drefgold ne ha sparata una dopo l’altra. 

Parte dicendo di non essere mai stato del tutto flashato da Pusha, anche perché gli americani non sono esattamente i suoi riferimenti più diretti, forse perché non ne capisce i testi, ma del resto non essere fan di Pusha T non è un reato “sono qui anche per studiarlo, per vedere come si approccia a un concerto. Cosa fa, come lo fa, come si prende il palco, come si prende il pubblico“. Bene, avrà preso appunti per il suo tour, ma come si sta preparando Drefgold? A domanda di Noisey, risponde:Sto provando tutto, dalla scaletta a come strutturare il live. Grandi training non ne faccio, anche perché ho 21 anni e riesco a tenere senza problemi un’ora di concerto. Poi per i cazzi miei, a casa e non in palestra, faccio qualche esercizio“.

Dopo aver ribadito che a lui non interessa scrivere testi impegnati o lanciare messaggi, cosa che si era abbondantemente capita, Drefgold arriva al clou parlando della vecchia scuolaNel momento in cui la scena più old school si è accorta che la nuova scuola stava iniziando a prendere molto campo, business e pubblico ha prevalso il supporto. Alcuni se la sono fatta andar bene, altri si sono presi bene, altri ancora hanno deciso giustamente di non fare muro. A me non è mai capitato di entrare in un dissing e se mai mi capiterà spero che sarà per qualcosa di vero, non per delle cazzate che non portano a niente di niente. A parlare deve essere la musica, anzi, la qualità della musica, visto che siamo tantissimi oggi“.

Ma quale qualità? Quella degli altri sicuramente, comunque per concludere in bellezza paragona il rap femminile all’old school…

Credo che sarà necessario ancora un po’ di tempo, pure con il rap maschile è servito far passare un sacco di tempo prima che i rapper italiani smettessero di sembrare dei babbi, con i vestiti di venti misure più grandi del dovuto. Uguale con le donne. Non sono contro il rap al femminile, però serve un’esperienza di vita di un certo tipo. Negli USA le donne che rappano arrivano da situazioni estreme, tipo Cardi B che faceva la stripper. La mia impressione è che in Italia si stiano facendo solo operazioni commerciali. Non lo sento vero, quando ascolto poi non mi viene da dire Oh, questa qui vuole proprio rappare, ha l’urgenza di farlo. Sono abbastanza sicuro di questo, lo percepisco quando le ragazze rappano, che non è genuino. Non esiste una versione femminile di Sfera Ebbasta, o di Rkomi, Izi eccetera, forse non c’è neanche tanto il bisogno che ci siano”.

Sul rap al femminile made in Italy non posso dargli torto, ma evidente la poca conoscenza di Drefgold della storia del rap, visto che cita Cardi B che è solo l’ultima delle rapper donna americane, ma tralasciamo… Caro Drefgold, intanto hai in testa quelli che noi negli anni ’90 chiamavamo rasta e che avevano i punk abbestia, in secondo luogo aveccene di vecchi del rap che sanno rappare e scrivere, al posto di pupazzetti colorati senza arte né parte. Per dirla alla Eminem “YOU DRESS BETTER, I RAP BETTER”.

 

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