La pagella di Rebel della 70esima edizione del Festival

Ops I dit it again, per dirlo alla Britney. Presa ormai da una pagella al giorno, potevo forse esimermi dal fare una pagella complessiva? Sì, non solo avrei dovuto, ma anche potuto. E invece sono resiliente come la Pavone, ma al posto dei voti, mi sono chiesta cosa abbiamo imparato dal Festival di Sanremo?

 

Il Festival di Sanremo non è finito, tra pochi giorni si concluderà la prima parte della seconda puntata. Se speravamo che con sabato, toh domenica, sarebbe calato il sipario, abbiamo ignorato che siamo in Italia e che Sanremo non finisce mai. E un po’ la colpa è nostra.

Per cinque giorni siamo rimasti incollati al televisore, lamentandoci della lunghezza di ogni singola puntata, aspettando l’ingresso di Tiziano Ferro o Roberto Benigni per andare a far pipì e prendere qualcosa da mangiare, abbiamo inconsapevolmente contribuito all’edizione dei record e ora sono cazzi nostri.

Continueremo a sentir parlare di Achille Lauro e dei suoi look, di Bugo e Morgan, dell’esagerato numero di vallette, di come Tiziano Ferro abbia pianto, riso, si sia contorto e abbia steccato ogni singola canzone, comprese le sue. Riecheggiaranno nelle nostre teste i monologhi di Diletta Leotta, che con un corpo che fa invidia a tutti, ci spiaga come la bellezza sia una cosa che capita. Le parole di Amadeus Nonlosoqualcosaaccadràsperiamobene e CIURI urlato ogni 10 minuti. Le risate. Amadeus ride. Fiorello ride perché Amadeus ride. Amadeus ride perché Fiorello ride. E alla fine abbiamo riso anche noi. Scemi che siamo rimasti incollati al televisore come in una gara di resistenza. 

Abbiamo vinto qualcosa? No. Abbiamo parlato e sentito parlare allo sfinimento di Achille Lauro e dei suoi travestimenti e alla fine ha vinto uno che è stato zitto zitto, buono buono tutto il tempo, vestito come un impiegato delle Poste. Delle vallette ricordo solo le tette, e fa anche rima, pure quelle di Antonella Clerici. Il tacco incastrato nella scalinata di Sabrina Salerno, il finto Ghali che cade dalle scale e Mara Venier che fotte le scale scendendo a piedi. E la faccia di Alberto Urso. Ho quell’espressione impressa nella mente da giorni. Come la voglia di salire sul palco e togliere le forcine dai capelli di Tosca o legare Francesco Gabbani. Sono stata incollata alla tv, ma grazie a lui ho perso due chili.

Ci siamo stupiti della tutina di Achille Lauro, che poi era la stessa di quella di Elettra Lamborghini, che era vestita come Georgina, che era vestita come Antonella Clerici, che alla fine era la stessa tutina di Lino Banfi.

 

 

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Guardare il Festival di Sanremo è come guardare 22 puntate di un telefilm in 24 ore. Ne esci che vivi praticamente nello schermo e ti senti uno dei personaggi sopravvissuti a un disastro aereo, diventi una specie di Hikikomori. Il mondo fuori si è fermato e tu, che vorresti tirare il telecomando sullo schermo e frantumarlo, non riesci neanche a cambiare canale quando canta Giordana Angi.

 

Alla fine abbiamo imparato che i Ricchi e Poveri sono tornati insieme, ma si erano lasciati perché la bionda se la faceva con il marito della mora. Anche Albano e Romina sono tornati insieme, ma lui se la fa ancora con la Lecciso (o no?). Qualcuno ha speso 50 centesimi per votare Riki. Bugo ha scoperto l’altro giorno che Morgan è ingestibile, ma questo negli ultimi anni dove ha vissuto? Nel villaggio dei Puffi? Mina in realtà nello spot Tim dice Lascivo Lascivo Lascivo e non Scivolo Scivolo Scivolo.

 

Ora ho paura che qualcuno con l’espressione di Alberto Urso, le faccette di Tiziano Ferro, la parrucca di Maria De Filippi, vestito come Diodato, suoni alla porta di casa mia dicendomi SCUSI LEI CIURI?

 

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