Con DVLA riuscirà Luchè ad ottenere il successo che merita?

È uscito venerdì, Dove volano le aquile, il quinto disco solista di Luchè.

Un disco che arriva a tre anni di distanza da Potere, che insieme a Malammore, ha consacrato la carriera solista di Luchè. Non solo, si può affermare tranquillamente che Potere e Malammore siano ad oggi i migliori dischi di Luchè. Tre anni da un disco all’altro coi tempi che corrono sono davvero tanti. Un po’ perché la musica e le tendenze cambiano rapidamente e un po’ perché gli artisti cambiano e si evolvono. Fin dalla sua uscita Dove volano le aquile ha fatto parecchio discutere. È un disco che ha diviso nettamente. Da una parte c’è chi dice senza mezzi termini “fa schifo” facendosi anche condizionare dall’atteggiamento di Luchè, che in questi giorni non ha fatto altro che dire di meritare più successo e sparare a zero sulla sua ex etichetta e sui colleghi. E dall’altra c’è chi lo trova un ottimo disco.

DVLA è pesante, difficile da assimilare e percepire ed estremamente confuso. Ma è anche un disco che segna una maturità stilistica di Luchè, sebbene sia molto lontano da Potere e anni luce da Malammore.

Si compone di 17 tracce, che oggettivamente oggigiorno sono tante. Soprattutto perché siamo davanti a un lavoro poco fluido e con veramente poche tracce in grado di catturare l’attenzione dell’ascoltatore. In più ci sono tante tracce con qualcosa di scopiazzato ad altri. Come D1OS, dove Luchè usa un flow molto simile a quello di Don Toliver nella canzone Drugs N Hella Melodies.

O Password che ricorda Be Honest di Jorja Smith. E poi ancora Ci riuscirò davvero che ci porta alla mente Yosemite di Travis Scott. E Qualcosa di grande che invece per certi aspetti ricorda Drip to hard di Lil Baby e Gunna. Insomma la lista delle “ispirazioni” è piuttosto lunga. Ma sicuramente dal punto di vista sonoro, D-Ross, Star-T-Uffo e Geeno hanno fatto un ottimo lavoro.

Le sonorità infatti sono molto interessanti e decisamente ben curate. Anzi, è forse questo l’aspetto migliore dell’intero progetto, nel quale Luchè porta tanta (troppa) melodia e poco rap. Questa è la pecca più grande del disco. Il fatto di essere un disco pop rap con un pop fatto in modo mediocre.

Il racconto è molto sentito e personale. È quello di un ragazzo che ha lavorato tanto, partendo da un background non facile e da una città complicata, e dopo varie peripezie, ostacoli, sudore, è riuscito a fare della sua passione un lavoro. E qui troviamo tanta introspezione quanto egotrip.

I featuring invece sono tanti, troppi e sempre gli stessi. CoCo in ben tre tracce è esagerato è stucchevole. Madame non ha dato il massimo. Marracash è quello che alla fine ha regalato a Luchè la traccia che ad oggi è la più ascoltata. Mentre Elisa ha fatto un’ottima apertura.

Dove volano le aquile è sicuramente un disco frutto di tanto lavoro. Ma non è un disco solido. E soprattutto non è il disco che porterà Luchè al grande successo. L’impressione è che Luchè, spinto dalla smania di non aver avuto il successo che meritava, abbia fatto il passo più lungo della gamba. Ha voluto portare qualcosa che potesse farlo arrivare a un pubblico più vasto e il risultato è che non è riuscito ad accontentare neanche tutta la sua fanbase.

Dove volano le aquile ha alcuni aspetti buoni e degni di nota, ma sono molto pochi. E in un periodo in cui la musica fruisce velocemente, è difficile che se un disco non arriva al primo ascolto, la gente voglia concedergliene un secondo. Infatti è un disco che, non solo non consacrerà Luchè come artista top, ma non resterà neanche come sono restati Potere e Malammore.

Rappresenta sicuramente un capitolo successivo nella carriera di Luchè, ma non un capitolo degno di nota o che in futuro verrà ricordato in modo particolare.

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