Come David Bowie ha influenzato il rap

Qual è la prima cosa che ti viene in mente se dico David Bowie? Sicuramente la sua eccentricità unita al suo genio creativo.
Un artista capace di collezionare 41 nomination, 16 premi e una più che meritata stella sulla Hollywood Walk of Fame.

La sua musica ha attraversato più generazioni e anticipato i tempi, influenzando e contaminando ancora oggi tantissimi generi musicali diversi, che vanno dal pop al rock, al rap, fino alla disco music di stampo anni ’80.

David Bowie era un vero e proprio genio musicale, capace di suonare praticamente tutti gli strumenti. Era eccentricità al di sopra di ogni regola e convenzione sociale, nella musica e nella vita. Basti pensare che quando la Regina Elisabetta, nel 2003, gli aveva offerto il titolo di Cavaliere, lui aveva rifiutato, un po’ si fa con qualcuno che, oltre a disturbarti, ti sta anche infastidendo, commentando “non ne vedo il motivo. Non è ciò per cui ho speso la mia vita“.

Fai quello che vuoi era in sostanza il motto che ha legato e pervaso la sua intera esistenza. Un approccio esplicito che per certi versi non è poi così lontano da quello che muove l’hip hop. Non a caso uno dei suoi più grandi successi è Rebel Rebel, un vero e proprio inno alla libertà individuale.
Si può tranquillamente dire che, a parte Prince, David Bowie, ha influenzato il rap più di ogni altra rock star.


L’integrità artistica di Bowie, la sua dedizione all’evoluzione creativa, la sua volontà di andare contro le convenzioni, il suo coraggio e il totale menefreghismo lo hanno reso una figura molto cara agli artisti hip hop e a tutti quelli che si identificavano con la sensazione di essere emarginati. La lista degli artisti rap che lo hanno campionato è lunghissima e probabilmente la sua Fame è stata la canzone più campionata dai rapper. Dal vocal di Fame in The Takeover di Jay Z, ripreso a più intervalli anche da Dr. Dre, ai Public Enemy, fino ad arrivare ad Ice-Cube.

Ma l’affinità e l’influenza di Bowie nel rap non è data solo dai campionamenti della sua musica, è un fattore a 360 gradi della sua persona e del suo essere artista. Erano le sue idee, la sua musica in continua evoluzione, il suo stile, perché Bowie aveva swag ancora prima che il termine swag diventasse un modo di dire comune. Aveva l’attitudine a includere la cultura nera nella sua arte e quell’atteggiamento di chi se ne fotteva altamente di quello che pensavano gli altri.

A differenza di molti dei suoi contemporanei che mostravano una sorta tolleranza di facciata nei confronti dell’hip hop e dell’R&B, Bowie era un difensore di quelle culture. Basti pensare che nel 1983 si scagliò apertamente contro MTV e l’accusò di dare poco spazio agli artisti di colore.
Per lui il rap era “la nuova forza musicale. con un forte messaggio sociale, un mezzo di scoperta e un obiettivo“.

Non a caso per il disco Blackstar del 2016, David Bowie ha apertamente dichiarato di essersi ispirato a To Pimp a Butterfly di Kendrick Lamar e di essere rimasto rapito dai suoni di quel disco. In un’intervista di quell’anno, il produttore Tony Visconti, che lavorava con David Bowie ha dichiarato che l’intento dell’artista era quello di evitare di fare un album rock n’ roll e di operare esattamente come Kendrick Lamar, ovvero “buttare tutto dentro con una mentalità aperta, senza fare un album di questo o quel genere“.



Blackstar è uscito due giorni prima della morte di David Bowie, scomparso il 10 gennaio 2016, e Kendrick Lamar, una volta appresa la notizia, ha twittato: “nessuna lente ha mai potuto catturare il tuo punto di vista. Che onore, che anima. David Bowie, Spirito d’Oro. RIP“.



David Bowie resta un innovatore, sia dal punto di vista artistico che personale, un punto di riferimento e un’icona da seguire, non solo nella musica, nello stile e nel pensiero, ma anche nel cinema.
Bowie ha recitato in 28 film, tra cui L’ultima tentazione di Cristo di Martin Scorsese e Basquiat, nel ruolo di Andy Warhol e il personaggio della serie televisiva Netflix, Lucifer, è ispirato a lui.

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