Spotify: “gli artisti devono pubblicare più musica se vogliono sopravvivere”

Stanno facendo molto discutere le parole di Daniel Ek, CEO di Spotify, che, discutendo di streaming e sostenibilità in una recente intervista con Music Ally, ha affermato che “i musicisti  potrebbero non essere più in grado di pubblicare musica solo una volta ogni tre o quattro anni“. Ek, oltre ad aver negato le critiche in merito al fatto che Spotify paghi royalties insufficienti agli artisti, ha insistito sul fatto che il ruolo del musicista sia già cambiato e che cambierà nel panorama futuro.

Alcuni artisti che in passato avevano fatto bene, potrebbero non ottenere gli stessi risultati in futuro . Non sarà possibile registrare musica una volta ogni tre o quattro anni, non possono pensare che sia sufficiente. Ciò che è richiesto ai musicisti di successo è un impegno più profondo, più coerente e prolungato rispetto al passato. Gli artisti di oggi che lo stanno realizzando si rendono conto che si tratta di creare un impegno continuo con i loro fan. Si tratta di raccontare storie attorno all’album e di mantenere un dialogo continuo con i fan“.

 

Produttività quindi è la parola chiave per la musica. Produttività come nei fast food, nel fast fashion, gli artisti non possono permettersi tempi di stop o assecondare lunghi processi creativi, devono produrre musica.

Ovviamente le parole di Ek non sono piaciute ad alcuni artisti, tra cui David Crosby che ha sbottato via Twitter: “Sei un’odiosa merda avida, Daniel Ek“. Anche Mike Mills, il bassista dei R.E.M., non ha usato mezze parole: “Musica = prodotto, sfornata regolarmente, dice il miliardario Daniel Ek. Vai a farti fottere“.
La musica non è già abbastanza fast food? Se un artista deve essere produttivo per poter mantenere una presenza costante nelle playlist di Spotify e continuare a generare plays, questo ovviamente può andare a discapito della qualità della musica stessa. Già in Italia il livello, in termini di qualità, si è abbassato notevolmente, cosa dobbiamo quindi aspettarci dal futuro? Ancora più musica e di un livello ancora più basso? Seguendo questo ragionamento, sarà impensabile vedere, per esempio, un Marracash pubblicare un disco ogni tre/quattro anni, ma gli artisti verranno messi sotto pressione, costretti ad accorciare i tempi tra un’uscita e l’altra. Certo, la storia della musica insegna che è possibile pubblicare due album in meno di un anno, basti pensare a David Bowie, che ha fatto passare solo sette mesi tra la pubblicazione di Hunky Dory e Ziggy Stardust, entrambi due capolavori, ma non è sempre così. L’artista ha bisogno di creatività e ogni processo creativo richiede il suo tempo, a volte di pochi mesi, a volte di più, come si può mettere fretta all’arte? Semplice, non creando arte, che in buona parte è esattamente quello che sta accadendo da tempo, ma pubblicando canzoncine per poter continuare a dire “ci sono anche io e la mia presenza è costante“.

 

Il discorso di Daniel Ek non è così surreale e lontano dalla realtà e da quello che ormai sta accadendo da anni, va solo a confermare e sottoscrivere una tendenza che ormai è diventata realtà.

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