Ale Hilton e gli abiti negati
“Non metterli stai male”
“Solo transfobia”

Prima l’hanno invitata alla sfilata e le hanno fatto scegliere il look con cui presentarsi quel giorno.

Poi, dopo averla guardata male tutto il tempo mentre provava i vestiti, hanno fatto sapere al suo agente che c’era un contrordine.

Ale Hilton poteva ancora andare all’evento, ma non doveva presentarsi indossando gli abiti del brand.

Non per un problema di gender, per carità, ma perchè non rispondeva ai requisiti “minimal, con poco trucco e di stile nord europeo” cari alla designer.

Peccato che, come avesse fatto notare il manager dell’influcencer, ci fossero altre celebrities testimonial che non erano per niente “minimal, con poco trucco e di stile nord europeo”, ma comunque erano gradite. Da qui il sospetto che forse un problema di gender c’era, e comunque anche se così non fosse stato, c’era il fatto di aver dato della troppo truccata, troppo esagerata, poco nord europea a una ragazza che porta la taglia 48, ha le labbra carnose, i capelli neri e i capelli neri e un tono di voce piuttosto marcato.. Perchè Ale Hilton rientra proprio nella famosa comunità LGBT che adesso va di moda e che tutti sembrano difendere invocando il trionfo del fluid gender e la fine della differenza tra uomo e donna, del lui e del lei, del femminile e del maschile. Tutto fino a prova contraria, s’intende, che infatti è arrivata ora con questo episodio, proprio nella moda che da anni si presenta come trascinatrice del cambiamento.

“Io mi sorprendo che accada ancora nel 2022 – ha riassunto la Hilton in un video su Instragram -. Per me è un problema di transfobia e omofobia, non riesco a spiegarmelo altrimenti. Comunque far sentire inadeguata e sbagliata una persona è una mancanza di tatto totale. E per fortuna che io faccio questo lavoro dal 2018 e alle critiche, ai giudizi, agli insulti, sono abituata. Ma se fosse capitato a una persona più fragile?”.

Ale Hilton non ha fatto i nomi del brand ma la storia (ahi lei e ahi chi crede veramente alla favola del siamo tutti uguali, belli, brutti, alti, bassi, magri grassi, ricchi poveri, maschi, femmine, trans, abili, disabili) è tutta vera.

“Già quando faccio i fitting mi va tutto stretto e sto male per settimane – ha aggiunto – ma quando mi guardavano storto al fitting pensavo avessero avuto una brutta giornata, non che sarebbe finita cosi. Per questo lo voglio raccontare, non capisco se nessuno ne parla perchè ha paura o se è successo solo a me, però mi sembra strano”.

Lo scambio di messaggi tra il suo mananer e la pr del brand che aveva avuto il difficile compito di arrampicarsi sugli specchi è tragicomico.

“Ho avuto un problema dalla Cina per Ale Hilton – annuncia la pr -, la designer ha piacere che venga alla sfilata, ma chiede che non indossi i capi. Non è questione di gender ma di estetica, non vorrei fraintendessi”.

“Scusa, sono costernato – risponde il manager -. Non è stata mandata in approvazione prima forse? Peraltro, scusa se te lo chiedo, quale sarebbe il problema estetico?”

“Per questioni di tempo siamo riusciti solo oggi a confrontarci suli ospiti”, ha risposto la pr che poi ha aggiunto la storia del minimal, nord europeo con poco trucco, che hanno fatto esclamare al manager: “Perchè la vostra testimonial Tal dei tali sarebbe minimal e con poco trucco per caso?”.

“Morale – ha chiuso l’influencer – io devo restitutire la giacca e i pantaloni, che tra l’altro mi andavano pure stretti. E alla sfilata non vado di sicuro”.

Stessa cosa per il manager che alla pr ha scritto: “Ti chiedo di non considerare più neanche il mio invito perchè sinceramente mi sentirei in imbarazzo a venire”.

La storia ha già avuto 162mila visualizzazioni. E Ale Hilton avrà certo altri inviti.

Ma intanto, come direbbe qualcuno, sono tutti bravi a difendere i membri LGBT, con i vestiti degli altri però.

– Anna Savini

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