5 spunti interessanti dell’intervista di Fabri Fibra a BSMT
Fabri Fibra è stato ospite a BSMT da Gianluca Gazzoli, dove ha rilasciato un’intervista ricca di spunti interessanti e argomenti.
Ha parlato di dissing, di featuring, della differenza per un artista tra l’essere indipendente o sotto major e ha sparato a zero sui magazine di settore, sulle tante pagine Instagram che, a suo dire, non racconterebbero in modo adeguato il rap italiano.
5 SPUNTI INTERESSANTI DELL’INTERVISTA DI FIBRA A BSMT:
1. Per avere successo nel rap in Italia devi essere la falsa copia di un artista americano
“Se tu diventi la versione italiana di un artista americano che sta avendo successo la gente ti riconosce” dice Fibra all’incirca al minuto 31 dell’intervista. Porta come esempio il suo essere stato la versione italiana di Eminem e il fatto che Sfera sia stato visto come il Migos italiano. “Io avevo già un’identità, ero Fabri Fibra, ma la gente ha iniziato a capirmi quando non ero più me, quando facevo l’Eminem italiano”. Questo è vero, quando Fibra è arrivato al grande pubblico con Applausi per Fibra è stato visto come l’Eminem italiano, perché la sua sfrontatezza, il suo essere fuori schema nelle rime, il suo attaccare tutti indistintamente, che fossero politici, attrici o personaggi dello spettacolo, ricordava molto l’attitudine di Eminem e perché Applausi per Fibra era visto come una sorta di My Name Is. Però c’è da dire che Fibra, come poi ha fatto Sfera Ebbasta e altri artisti che oggi sono i numeri uno della scena, sono stati riconosciuti perché avevano una propria identità. Tra l’essere riconosciuto come l’Eminem italiano e il copiare spudoratamente artisti americani o francesi per avere successo facile, come hanno fatto in questi anni e continuano a fare tanti artisti, c’è un divario enorme. E il pubblico oggi ti sgama subito se non hai un’identità tua, se non porti qualcosa di tuo, può andarti bene per fare due o tre hit, ma poi dall’essere riconosciuto come l’Eminem italiano finisci per essere la brutta copia di qualcosa che già c’è e che viene fatto decisamente meglio.
2. È meglio restare indipendenti o entrare in major?
Fibra è nato da indipendente, come molti artisti agli inizi della loro carriera, poi gli è stato riconosciuto il fatto di essere stato il primo rapper ad aver firmato in major, anche se la storia racconta che il nel 1993 Frankie Hi Nrg è stato il primo rapper italiano a pubblicare un disco di hip hop in italiano distribuito da una major. Ma questa è un’altra storia. fibra racconta che, dopo essere stato indipendente, ha sentito la necessità di lavorare con un team. “A un certo punto ho capito che per fare i soldi devi far fare i soldi, devi far guadagnare la gente intorno a te e la situazione migliore è la major, anche se in major aumentano le tue responsabilità. La major ti fa fare i soldi, ma poi ti opprime. In major per arrivare da A a B hai 50 persone in mezzo, da indipendente ne hai 3, ma in major arrivi da A a B con più soldi in tasca”.
3. In Italia il rap non viene spiegato bene come fanno all’estero
Questo è il tasto dolente dell’intervista, perché Fibra attacca senza mezzi termini i magazine di settore e le varie pagine Instagram che scrivono di rap.
“In America c’è un sacco di stampa, anche nei social, ci sono delle figure e dei personaggi che creano un racconto di tutto quello che succede nel rap e approfondiscono. In Italia questa cosa non c’è, ci sono mille pagine inutili di magazine che però non dicono niente. È un peccato perché di tutto quello che c’è da dire il rap italiano viene spesso ridotto a un meme. O a classifiche, chi streamma di più, chi fa risultati, come se lo scopo ti tutto questo fossero i risultati. Sembra che il rap ti motivi solo a fare un post con scritto questa canzone ha fatto tot streaming in un giorno. E questo se va bene, perché se no ti fanno contenuti del tipo chi è il rapper che si è vestito meglio questa settimana”.
E ok, in parte Fibra ha ragione, ma come sempre non si può fare di tutta l’erba un fascio. Innanzitutto siamo bombardati da comunicati stampa dove vengono elencati numeri, riconoscimenti, posti in classifica e streaming e che fai? Non li riporti? E poi c’è da considerare anche il fatto che i social hanno contribuito a rendere tutto meno serio, la gente spesso si stufa a leggere, vuole contenuti leggeri, brevi e senza impegno. Quando scrivi altro, e questo lo dico perché lo vedo dai numeri sul mio sito, lo fai per te e pochi altri. Al pubblico interessa il gossip e non solo nel rap, ma in generale. Basta vedere le grandi testate che pubblicano costantemente gossip su gossip e i vari resoconti di cosa succede a casa Ferragnez. Non c’è una critica musicale nel rap italiano, perché i rapper non vogliono critiche, perché i loro manager non vogliono critiche e quindi bisogna dire che sono tutti belli e bravi sempre se vuoi stare nel circo. Non vengono presi in considerazione, ormai da almeno 5 anni, magazine di settore che non siano Esse Magazine, che poi è lo stesso che fa i post su come si vestono i rapper citato da Fibra, ma a cui Fibra ha concesso interviste. Un tempo c’erano meno magazine di rap, ma tutti avevano la possibilità di interagire con gli artisti, ora c’è un puttanaio, ma solo a uno è concesso questo privilegio e guarda caso è l’unico sotto contratto a major. Quindi è vero che mancano i contenuti e il racconti, ma chi ha contenuto e racconti non viene cagato perché non si chiama Esse Magazine. E perché si preferisce dare opportunità alle grandi testate generaliste, che nel 90% dei casi non capiscono un cazzo di rap e puntano il dito sul genere appena un rapper viene arrestato. E qui la colpa non è solo dei magazine o delle pagine, ma di chi gestisce gli artisti e fa andare avanti una o poche altre realtà lasciando indietro tutte le altre. E fa sorridere che Finra dica che manchi una rannazione nel rap, quando lui e i suoi colleghi hanno a disposizione un magazine che è letteralmente alle loro mercè e sul quale possono fare e dire ciò che vogliono, dal momento che sono sempre più coinvolti come protagonisti. Ora poi si i rapper intervistano i rapper, gli amici dei rapper intervistano i rapper, non è forse questo il racconto che volevano? Se la cantano e se la suonano nel loro circo (lo) ristretto, e poi si lamentano. Di fatto tutti noi siamo non cagati, se ci va bene usati come contorno e poi criticati, ignorando che, anche volendo, non abbiamo la possibilità di fare più di quello che facciamo. E mi viene da aggiungere: avete voluto la bicicletta? Ora pedalate.
4. L’importanza di collaborare con i nuovi artisti
Ci sono featuring e featuring. Ci sono featuring che sono veri e propri attestati di stima, featuring che sono come dei passaggi di testimone, featuring che nascono da accordi tra major e featuring che vengono fatti per business e quelli solo per i numeri e le classifiche. lo dice anche Fibra. “C’è il featuring del tipo chi ci mettiamo qui? O quelli del tipo chiama uno che ti dà credibilità. E poi ci sono quelli che dicono in questo pezzo ci vedrei benissimo Fibra. È importante per me fare i featuring perché mi tiene al passo con quello che succede là fuori, mi diverte e mi dà modo di fare promo diverse. Parafulmini con Ernia e Bresh è stato un featuring a 360 gradi. Io faccio feat se il pezzo mi piace”.
5. Il dissing Salmo vs Luchè
Beh Fibra è stato un gran maestro di featuring, ma anche in questo caso, parlando di dissing, partendo da Neffa vs Tormento, passando per il dissing con Grido e finendo con il più recente Salmo vs Luchè, torna a puntare il dito contro chi scrive di rap.
Finalmente un po’ di rap è stato il commento più gettonato quando Salmo e Luchè si sono dissati questa estate, ma Fibra non ha gradito. “È stato il primo dissing nell’era dei social e quindi ho visto che i social si sono comportati come i fan, mi ha fatto ridere che hanno detto finalmente un po’ di rap, ma che cazzo dici? Il rap c’è e poi c’è il Marrageddon, che è stato l’evento rap dell’anno, ma nessuno ha detto peccato che non c’erano dissing se no ci sarebbe stato un po’ di rap”.
Sai perché Fibra in molti hanno scritto “finalmente un po’ di rap” commentando il dissing tra Salmo e Luchè? Perché sono anni che i rapper non si dissano su un beat, che si mandano frecciatine velate sui social, che se devono dire qualcosa a qualcuno in una traccia restano vaghi e finisce per essere la solita cosa rivolta a tutti e nessuno, quasi per non perdere eventuali collaborazioni. Per la prima volta dopo anni, abbiamo assistito a un vero dissing fatto di botta e risposta e non a mezze storielle su Instagram, magari rimosse dopo 10 minuti. E quindi sì, finalmente un po’ di rap. Finalmente 2 rapper si sono dissati da rapper. E che cazzo.