Kim Jong Un introduce la pena di morte per chi ascolta e diffonde la musica sudcoreana in Corea del Nord

Chissenefrega se i BTS sono quotati in borsa, se tra loro e la loro etichetta, anch’essa quotata in borsa, generano miliardi di won, e neanche se i BTS hanno guadagnato solo nel 2020 100 miliardi di won, a Kim Jong Un proprio non vanno giù.

Per il leader supremo della Corea del Nord, il K Pop è “un cancro vizioso da estirpare, che rovina i giovani nordcoreani e li corrompe nell’abbinamento, nei discorsi, nei comportamenti e nelle acconciature”.

Del resto, la storia insegna che, per usare un eufemismo, tra Corea del Nord e Corea del Sud non scorra propriamente buon sangue. Per quanto riguarda la musica, in Corea del Nord ascoltare e possedere musica straniera non autorizzata è un reato punibile con il carcere, ma ora Kim Jong Un ha deciso di imporre regole ancora più rigide. È infatti entrata in vigore la pena di morte per chi diffonde qualsiasi tipo di materiale appartenente alla cultura sudcoreana. Inoltre, chi guarda o possiede fonti di intrattenimento sudcoreano è punibile con i lavori forzati nei campi per un periodo che può andare dai 5 ai 15 anni. 2 anni di lavori forzati invece per chi parla o scrive in stile sudcoreano.

Queste nuove misure, che possiamo tranquillamente ritenere folli, secondo la nostra mentalità e i nostri usi e costumi, vanno di fatto, sia a ridurre ulteriormente la libertà personale del popolo sudcoreano, sia ad alimentare l’addio e la rivalità tra Nord e Sud Corea.

Di certo in Nord Corea non si scherza, dal momento che recentemente tre ragazzi sono stati arrestati per essere usciti con i risvoltini ai pantaloni e una pettinatura che ricorda quella dei BTS.

La band sudcoreana, che colleziona premi e record in tutto il mondo, è ufficialmente bandita dalla Corea del Nord.

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